Condominio

Disabilità in condominio: il principio di solidarietà tra giurisprudenza e normativa

La strada è ancora lunga ma alcuni interventi che tendono una mano sono stati di recente predisposti

di Ivana Consolo

Quando si affrontano le tematiche inerenti al condominio, tanto dal punto di vista della produzione legislativa, quanto dal punto di vista applicativo o interpretativo, si tende inevitabilmente ad avere una visione “d'insieme”. Più precisamente, la compagine condominiale viene sempre intesa quale un unico ed indistinto centro di imputazione di situazioni giuridicamente rilevanti: i beni comuni, l’interesse comune, l'assemblea dei condòmini; le decisioni a maggioranza. Ma è bene aver presente che, questo centro di interessi collettivamente intesi, è in realtà la somma di specifiche situazioni soggettive non meno rilevanti. Diventa perciò importante guardare al condominio da ogni angolo di visuale, soffermandosi anche su peculiari situazioni dei singoli condòmini che appaiano meritevoli di attenzione normativa.

Come può non meritare l'attenzione del diritto la condizione di fragilità personale di alcuni soggetti?Ebbene, da un dato momento in poi, ci si è accorti che i problemi delle persone diversamente abili dovessero diventare problemi di tutti i consociati; su tutti noi ricade l'obbligo morale, materiale e sociale di farcene collettivamente carico. E siccome fin dai tempi dei giureconsulti romani si era soliti dire che «laddove vi è una società, là vi è il diritto», con ciò intendendo attribuire al diritto il fondamentale ruolo di fedele interprete dei fenomeni sociali, ecco che la legislazione relativa alla disabilità - fra le tante, la legge 13/1989 sul superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, e la nota legge 104/1992 - non si è soltanto limitata ad innalzare il livello di tutela in favore di tali soggetti, ma ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità.

Il principio di solidarietà condominiale
Nel momento in cui la legge inizia a disciplinare con maggiore attenzione il tema disabilità, la Cassazione inizia a svolgere quel fondamentale ruolo di “implementazione normativa” che le è tipicamente proprio. Attraverso i principi di diritto elaborati caso per caso, sentenza dopo sentenza, la Cassazione inizia a così a porre dei punti fermi essenziali sulle condizioni che devono essere garantite in caso di disabilità. Ciò è avvenuto in ogni settore del diritto; anche in ambito condominiale. In materia condominiale, si segnala il principio di solidarietà, “plasmato” dai giudici attraverso diverse e rilevanti pronunzie.

Di cosa si tratta?Ebbene, secondo la nostra corte Suprema, le norme in tema di vicinato o condominio, trovano applicazione soltanto se compatibili con la concreta struttura dell'edificio, e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei singoli proprietari. La coesistenza di più appartamenti in un unico edificio, implica di per sé il contemperamento di vari interessi, con la finalità di garantire l'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali; tutto ciò, a maggior ragione, laddove vengano in rilievo diritti fondamentali di persone disabili e/o comunque anziane.

Il concetto di disabilità è stato interpretato dalla Corte in senso molto ampio, anche alla luce della nuova dimensione che ha assunto il fondamentale concetto di salute. Quest'ultima, difatti, non è più intesa come semplice assenza di malattia, ma come stato di completo benessere fisico e psichico; ne deriva che, la normativa concernente il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche, debba ritenersi applicabile anche alle persone in età avanzata che, pur non essendo portatori di handicap, abbiano comunque disagi fisici e difficoltà motorie. Con l'elaborazione giurisprudenziale del principio di solidarietà condominiale, si pone al centro della riflessione giuridica generale la fragilità del singolo; si iniziano a contemplare deroghe alla normativa esistente, tali da fare sì che, il bilanciamento tra valori differenti, seppur parimenti meritevoli, porti a rendere preminenti le esigenze dei soggetti più deboli.

Le barriere architettoniche in condominio
Come si diceva, apposite leggi - fra tutte la legge 13/1989 - hanno introdotto disposizioni generali per la costruzione di edifici privati, e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, tese alla eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili. Ma cosa sono le barriere architettoniche?La barriera architettonica è un qualunque elemento costruttivo che impedisce e/o limita gli spostamenti, e/o la fruizione di servizi, a persone con limitate capacità motorie o sensoriali.

In uno stabile condominiale, la barriera architettonica è data prevalentemente dalle scale: le rampe che portano ai pianerottoli e quindi alle singole unità abitative; i gradini (anche uno soltanto) solitamente collocati dinanzi al portone d'ingresso. Realizzare il principio di solidarietà e rendere il fabbricato condominiale pienamente ed agevolmente fruibile in ogni sua parte alle persone disabili e/o anziane, significa dunque “abbattere” la barriera rappresentata dalle scale. L’articolo 1 della già citata legge 13/1989, prevede che l'installazione dell'ascensore, o di altri congegni con le caratteristiche richieste dalla normativa tecnica (montacarichi, montascale), idonei ad assicurare l'accessibilità, l'adattabilità, e la visitabilità degli edifici, costituisce elemento che deve necessariamente essere previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione degli stessi.

La Cassazione ha elaborato diversi principi di diritto in merito all'ascensore ed ai congegni similari, che si possono sintetizzare come segue:
-anzitutto, i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito un diretto ed inequivocabile collegamento tra l'installazione di un ascensore ed il principio di solidarietà sociale. Difatti, la presenza di ascensori e simili all'interno di un edificio, persegue l'evidente finalità di favorire, nell'interesse generale, l'accessibilità allo stesso. Ne deriva che, il diritto al mantenimento ed all'uso dei dispositivi antibarriera installati (anche provvisoriamente) in presenza di un soggetto residente portatore di handicap, o comunque in condizioni di disabilità, non costituisce semplicemente un diritto personale ed intrasmissibile del condòmino disabile, che si estingue con la morte dello stesso; esso rappresenta un vero e proprio presidio a garanzia di interessi collettivi e condivisi.
-L’ascensore, viene poi definito dagli ermellini un elemento necessario per l'abitabilità di un appartamento, nonché un'innovazione chiaramente diretta all'eliminazione delle barriere architettoniche. Alla luce di tali funzioni, esso può essere installato anche in deroga alla normativa sulle distanze minime previste dal Testo unico per l’edilizia (Tue), nonché dagli articoli 873 e 907 del Codice civile, che prescrivono una distanza minima di 3 metri utile a garantire le giuste condizioni di salubrità ed igiene.Appare evidente che la giurisprudenza abbia cercato di reinterpretare la normativa esistente; diventa dunque interessante capire come, e fino a quale punto, la normativa condominiale presente nel Codice civile sia stata “riletta” in chiave solidaristica.

Maggioranze assembleare per interventi in favore di disabili
Ogni decisione condominiale è sottoposta al vaglio ed al voto dell'assemblea “sovrana”, in seno alla quale si devono raggiungere specifiche e differenti maggioranze in base ai temi su cui si delibera. Se in condominio sono presenti uno più condòmini diversamente abili, è estremamente probabile che costoro chiedano interventi volti ad eliminare le eventuali barriere architettoniche presenti nell'edificio.Il Codice civile, all’articolo 1136, prevede espressamente la maggioranza necessaria a deliberare validamente su tale tipologia di interventi, che rientrano a pieno titolo nel novero delle cosiddette innovazioni.

Le innovazioni sono tutti quegli interventi con cui si può significativamente incidere, modificandoli, sugli elementi strutturali dell'edificio. Con la riforma del condominio del 2012, si è previsto che, la delibera assembleare in tema di innovazioni consentite, deve essere approvata con la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà dei millesimi. In tal caso, ovviamente, le spese necessarie alla realizzazione degli interventi “antibarriere” saranno ripartite tra tutti i condòmini.

Ma cosa succede se non si raggiunge la maggioranza necessaria? Quali tutele ha il disabile?Ebbene, se l’assemblea non delibera sulla realizzazione dei lavori necessari, o non si raggiunge la maggioranza prevista, il condòmino disabile non può rivolgersi alle autorità giudiziarie per obbligare gli altri all’esecuzione. Tuttavia, può far installare a proprie spese servoscala e strutture facilmente rimovibili, nonché allargare gli ingressi e le porte per consentirgli o facilitargli il passaggio. In buona sostanza, il disabile che abbia l’intenzione di realizzare a proprie spese opere minime di abbattimento delle barriere architettoniche, non dovrà comunicarlo al condominio, né dovrà ottenere il consenso dell’assemblea. Inoltre, in ossequio al principio di solidarietà, i giudici sono soliti autorizzare la realizzazione di un ascensore esterno quando nelle scale non vi è sufficiente spazio per un'installazione tradizionale.

Interventi “antibarriere” in condominio
Si parlava di innovazioni e delle maggioranze necessarie ad approvarle. Ma le innovazioni sono sempre consentite?L'articolo 1120, ultimo comma del Codice civile, stabilisce che sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato; che ne alterino il decoro architettonico; o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino.Il decoro architettonico, costituisce un bene a cui sono direttamente interessati tutti i condòmini, e che concorre a determinare tanto il valore delle proprietà individuali, quanto quella collettiva sulle parti comuni.

La giurisprudenza era già intervenuta a “scardinare” i limiti di cui all'articolo 1120 in favore dell'attuazione concreta del principio di solidarietà condominiale; ad esempio, si è ritenuto lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni ad un'utilità che compensi l'alterazione architettonica che non sia di grave ed appariscente entità. Tale ultimo aspetto, ci rimanda alla nozione di innovazione voluttuaria contemplata nell'articolo 1121 del Codice civile, che richiama i condòmini proprio alla valutazione concreta dell'utilità e del valore dell'innovazione.

Ultimamente, anche la normativa si è posta nella direzione di eliminare i limiti alla piena attuazione della solidarietà condominiale. L'articolo 10 della legge 120/20, comma 3 (cosiddetto decreto Semplificazioni), ha modificato significativamente la legge 13/1989. Anzitutto, gli interventi finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche in condominio, non sono considerati in alcun caso di carattere voluttuario e, per la loro realizzazione, resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato. Scompare quindi il doppio limite del divieto di innovazioni che alterano il decoro architettonico dell’edificio condominiale, e della necessità di assicurare l’uso ed il godimento, anche di un solo condòmino, delle parti comuni.

Stando così le cose, l'assemblea condominiale non potrebbe mai contestare l'installazione di un ascensore chiesta in ossequio al principio di solidarietà, neanche qualora tale intervento dovesse risultare lesivo del decoro architettonico dell’edificio, o provocasse l'inservibilità delle parti comuni per l’uso ed il godimento anche di un solo condòmino. Inoltre, alla luce delle nuove precisazioni normative, si giunge a concludere che, se l'assemblea delibera un'opera per rimuovere le barriere architettoniche, la decisione non potrà mai essere considerata come un'innovazione voluttuaria, con la conseguente partecipazione alla spesa di tutti i condòmini.

Il superbonus per i disabili
Il superbonus 110% rappresenta l'assoluta novità di questi ultimi tempi. È un incentivo volto a favorire la realizzazione di interventi edilizi che abbiano un riscontro in termini di efficientamento energetico ed impatto ambientale. È tuttavia uno strumento la cui portata ed operatività si sta pian piano delineando, attraverso interventi normativi e circolari attuative.Ciò che è stato chiaro fin dall'inizio, è che esistono alcuni interventi edilizi principali - definiti “trainanti” - che possono giustificare la realizzazione di interventi secondari - definiti “trainati” - aventi una molteplicità di fini.Era quindi inevitabile porsi la domanda se, anche gli interventi “antibarriere”, quali l'installazione di ascensori, montacarichi, montascale e simili, potessero rientrare tra gli interventi “trainati” e beneficiare così del superbonus 110%.

Con l'approvazione del cosiddetto decreto Semplificazioni bis, si è finalmente compreso che possono usufruire del superbonus 110% anche gli stabili condominiali che decidano di effettuare interventi per l'installazione e messa in opera della piattaforma elevatrice finalizzata all'agevolazione tutti i condòmini che presentino situazioni di difficoltà/fragilità. Ad ulteriore conferma, si segnala la risposta dell'agenzia delle Entrate ad un interpello privato proveniente dai congiunti di una condòmina affetta da disabilità. Trattasi del responso 455 del 5 luglio 2021, con cui l’agenzia delle Entrate ha fornito un quadro davvero molto chiaro ed edificante, argomentando circa la piena operatività del superbonus per tutti gli interventi volti alla eliminazione di ogni tipologia di barriera architettonica, anche ove effettuati in favore di persone di età superiore a sessantacinque anni.

La novità, e l'apertura degna di nota, stanno proprio nell'aver contemplato i soggetti ultrasessantacinquenni come soggetti la cui presenza in uno stabile condominiale rende plausibile (se non doverosa) l'installazione di un ascensore, con pieno diritto alla fruizione dell'agevolazione economica/fiscale. Questo ultimo testo esaminato, ci consente di trarre una conclusione generale: la fragilità, tanto dovuta ad una condizione psicofisica patologica, quanto semplicemente riconducibile all'età avanzata, è condizione legittimante ogni intervento “antibarriere” ed ogni agevolazione finalizzata alla realizzazione dell’intervento stesso.

Conclusioni
Senza pretesa alcuna di esaustività, perché il tema è ampio, delicato, e suscettibile di continua evoluzione, si sono sin qui voluti evidenziare quelli che possono considerarsi alcuni punti fermi importanti.L’origine giurisprudenziale del principio di solidarietà condominiale, e la sua graduale attuazione anche a livello normativo, rappresentano enormi passi avanti compiuti dalla società per il tramite del suo più fedele interprete: il diritto.

La piena tutela dell'individuo portatore di handicap può avvenire soltanto se si comprende che la diversità non deve creare emarginazione; forme adeguate di partecipazione all'organizzazione sociale, ed ai rapporti che in essa si svolgono, sono possibili soltanto se il soggetto fragile c onquista pari dignità e piena libertà di movimento, partecipazione, ed azione. Sia esso un condominio, un ambiente di lavoro, o un qualsivoglia contesto sociale, se in ogni dove la legge consentirà al disabile di poter vivere appieno la sua già complicata esistenza, lo Stato di diritto diverrà nozione “vivente”, cessando di essere un concetto astratto relegato a fare solo bella mostra di sé nei manuali di giurisprudenza.

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