Condominio

L’errato codice fiscale del condominio non inficia il ricorso per decreto ingiuntivo

E neppure la mancata sottoscrizione del verbale assembleare

di Fabrizio Plagenza

L'errore si può fare, fa parte del mestiere. Può capitare, ad esempio, di identificare un soggetto processuale con un codice fiscale errato. È quanto accaduto nella controversia decisa dal Tribunale di Monza, con la sentenza 2272 pubblicata il 07 dicembre 2021.

I fatti
La vicenda nasce dall'opposizione, da parte di un condomino, al decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio, per omesso pagamento degli oneri condominiali. A sostegno dell’opposizione proposta, l'attore contestava, tra le altre, la «carenza di legittimazione attiva/passiva del condominio», argomentata in base al fatto che il codice fiscale indicato nel ricorso per ingiunzione di pagamento e, così, nel decreto ingiuntivo opposto non fosse quello attribuito dall’amministrazione finanziaria al condominio creditore, bensì ad altro e diverso stabile condominiale.

Secondo la tesi di parte opponente, l'errore nel codice fiscale comportava, quale conseguenza, che il condominio «non esiste giuridicamente posto che il codice fiscale di riferimento identifica un altro condominio». Inoltre, eccepiva la nullità del verbale di assemblea sotteso al ricorso per ingiunzione di pagamento, «per difetto delle sottoscrizioni del presidente e del segretario, con conseguente illiceità della richiesta di pagamento della somma» ingiunta.

L’ente di gestione condominio
Il Tribunale di Monza, sul punto, rigettava le eccezioni e le domande di parte opponente, sulla base delle seguenti considerazioni. Come chiarito dalla Suprema corte - l’ente di gestione «condominio» esiste per la sola presenza di fatto. Conseguentemente, «qualsiasi errore da chiunque commesso nella indicazione del codice fiscale attributo ad un condominio è dato del tutto ininfluente sotto il profilo della esistenza giuridica dello stesso condominio». Semmai, si legge nella sentenza 2272/2021, l'attore avrebbe dovuto contestare l’esistenza del condominio allegando (e provando) l’insussistenza di un edificio caratterizzato dalla presenza di più unità immobiliari in proprietà esclusiva e di parti/servizi comuni, aventi la funzione di servire all’uso ed al godimento degli immobili in proprietà esclusiva. Come detto, tuttavia, nulla sul punto veniva dedotto dall'opponente.

Il verbale assembleare con firmato
Quanto alla seconda eccezione, basata sulla presunta illegittimità del verbale assembleare, poiché asseritamente privo delle firme del presidente e del segretario, il giudice così si è espresso: premesso che la difesa del condominio ha prodotto il verbale dell’assemblea contestato, in cui erano presenti le firme dei soggetti predetti, in ogni caso, richiamando la giurisprudenza della Suprema corte, si rilevava che «l’omessa sottoscrizione del verbale dell’assemblea condominiale ad opera del presidente non costituisce causa di annullabilità della delibera, non esistendo - neppure a seguito della novella introdotta dalla legge 220 del 2012 - alcuna disposizione che prescriva, a pena di invalidità, tale adempimento, dovendosi presumere che l’organo collegiale agisca sotto la direzione del presidente ed assolvendo la sottoscrizione del verbale unicamente la funzione di imprimere ad esso il valore probatorio di scrittura privata con riguardo alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori» (Cassazione ordinanza 27163/2017).

L'opposizione, anche per il rigetto di altri motivi posti a fondamento della domanda, veniva, dunque, rigettata, con conferma integrale del decreto ingiuntivo opposto e condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©