Condominio

Verbale senza firma: la delibera non ha valore nei confronti di condòmini e terzi

La mancata sottoscrizione del verbale da parte del presidente e del segretario dell'assemblea non inficia la validità della delibera ma questa non vale valore negoziale e probatorio

di Giuseppe Zangari

Il Tribunale di Ravenna ha deciso un caso che non accade raramente: un condominio si oppone al decreto ingiuntivo ottenuto dall'ex amministratore per il pagamento dei propri compensi ritenendolo sfornito di supporto probatorio e comunque emesso per una somma superiore al dovuto.

Da un lato, si contesta il valore di riconoscimento di debito attribuito alla delibera del 28.2.2014 perché contenuta in un verbale privo delle firme del presidente e del segretario. Dall'altro lato si eccepisce l'intervenuta rinuncia dell'amministratore a pretendere dagli altri condomini la quota parte di compenso a carico dell'originario costruttore del fabbricato.

La sottoscrizione del verbal e
La sentenza 157/2020 del Tribunale di Ravenna , nel conformarsi al consolidato orientamento di Cassazione, afferma che l'omessa sottoscrizione non inficia la validità del verbale assembleare.

La tesi si fonda sull'assunto che mai è esistita nella normativa condominiale «una disposizione di legge che prescriva (a differenza di quanto il Codice Civile fa all'art. 2375, per le deliberazioni dell'assemblea delle società per azioni) che le delibere dell'assemblea dei condomini debbono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario» ( Cassazione civile, sentenza 27163/2017 ).

Di conseguenza, non possono essere tacciate di nullità le delibere contenute in un verbale privo di firma.

Qualche dubbio si pone in termini di annullabilità ove la sottoscrizione fosse imposta dal regolamento condominiale, ma tale profilo non può comunque emergere nel caso di specie giacché la delibera non è stata impugnata ai sensi dell'articolo 1137 del Codice Civile.
Al contempo, le firme del presidente e del segretario rilevano dal punto di vista probatorio poiché dimostrano che i fatti e le dichiarazioni ivi verbalizzate provengono effettivamente dal condominio.

Infine, nell'ipotesi in cui il verbale fosse sottoscritto da tutti i condòmini, esso acquisterebbe l'efficacia propria di una scrittura privata e le clausole di natura contrattuale in esso contenute diverrebbero impegnative per il condominio nei confronti sia dei singoli condomini che dei terzi (Corte d'appello di Napoli, sentenza 2517/2019).
Sulla scorta di tali considerazioni, il giudice ravennate esclude che il verbale in questione assurga al rango di riconoscimento di debito dei compensi richiesti dall'amministratore: «Si tocca così il valore probatorio della già citata delibera del 28.02.2014. La stessa, ancorché non nulla per quanto osservato al punto precedente, in quanto non sottoscritta non ha alcuna valenza negoziale e, quindi, non può neppure essere fatta valere come una sorta di riconoscimento del debito».

La revoca del decreto
Tale circostanza genera una ricaduta ulteriormente negativa per l'amministratore.
All'esito dell'istruttoria è emerso che quest'ultimo si fosse effettivamente impegnato a non chiedere agli altri proprietari la quota parte di compenso a carico del costruttore del fabbricato.

Al tempo stesso, l'amministratore non ha prodotto alcuna prova tesa a individuare la quota di spettanza del costruttore, neppure allegando le tabelle millesimali.

Pertanto, in assenza di elementi utili a un'esatta quantificazione della pretesa creditoria, il Tribunale finisce non soltanto per revocare il decreto emesso per un importo superiore al dovuto, ma è pure impossibilitato a pronunciare una condanna parziale del condominio.
All'amministratore non rimarrà dunque che agire tramite un nuovo giudizio.

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