Condominio

Il conduttore della pizzeria è tenuto a garantire la corretta manutenzione della canna fumaria

Necessario, per il gestore, adeguarsi alle prescrizioni dell'Asl, ma non è obbligatoria la rimozione del manufatto

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di Roberto Rizzo

Il Tribunale di Civitavecchia, con la sentenza numero 803 del 28 luglio 2021, sul presupposto dell'applicabilità anche nei confronti del responsabile materiale delle immissioni moleste dell'azione di cui all'articolo 844 Codice civile (Cassazione sezioni Unite 4848/13), ha condannato il conduttore di una pizzeria all'osservanza delle prescrizioni impartite dall'Asl al fine di evitare le immissioni di fumi ed odori intollerabili per gli altri condòmini dello stabile.

La vicenda processuale
Con atto di citazione, regolarmente notificato, il condominio conveniva in giudizio il conduttore ed il proprietario del locale adibito a forno-pizzeria sito al piano terra del fabbricato, al fine di sentirli condannare alla rimozione della canna fumaria ivi apposta, giacché non autorizzata e causa di esalazioni eccedenti il limite della normale tollerabilità, costituenti turbativa per i residenti negli appartamenti soprastanti.Si costituivano in giudizio entrambi i convenuti, insistendo per il rigetto della domanda attorea.

La decisione del Tribunale
A seguito dell'espletata Ctu, il Tribunale ha, preliminarmente, accertato la regolarità edilizia ed amministrativa del manufatto del quale l'attrice chiedeva la rimozione, sia perché l'installazione della canna fumaria non ha, in alcun modo, alterato la destinazione originaria delle parti comuni, sia perché il sistema di scarico a filtrazione, adottato nel caso specifico, è espressamente consentito dalla legge regionale numero 1/19, in alternativa all'esecuzione di una canna fumaria sfociante al di sopra della sommità dell'edificio, laddove non realizzabile.Rigettata, pertanto, la domanda di rimozione ( mentre la Cassazione con sentenza 38674/2018 aveva ordinato il sequestro in un caso analogo ), il consulente del giudice ha evidenziato come sia possibile assicurare il perfetto funzionamento del sistema di filtraggio impiegato, solo qualora vi sia una manutenzione continua, consistente nella sostituzione, a cadenza periodica semestrale, dei filtri a carboni attivi e nel lavaggio regolare del prefiltro in acciaio.

Nel caso di specie, dalla documentazione acquisita dall'ausiliario del giudice, non è stato ravvisato l'impiego, da parte della titolare del locale commerciale, dell'ordinaria diligenza richiesta nella cura e nella manutenzione dell'impianto di scarico, nonostante, a seguito di diversi sopralluoghi effettuati da personale della competente Asl, i sanitari abbiano imposto all'esercente l'adozione delle misure indicate come necessarie all'esito della Ctu.In particolare, la relazione degli ufficiali sanitari attesta il superamento della soglia della normale tollerabilità in assenza della realizzazione degli accorgimenti minimi e, sulla scorta di tali rilievi, il consulente ha certificato che, se solo la conduttrice del locale avesse adottato i necessari accorgimenti tecnici, gli odori sgradevoli non sarebbero stati percepiti all'interno degli appartamenti, neanche con i balconi aperti.Necessario, poi, per la titolare, aggiornare il registro di manutenzione dell'impianto di scarico dei fumi.

La posizione del proprietario
Quanto alla posizione del proprietario convenuto in giudizio, se ne deve riconoscere la piena legittimazione passiva, atteso che, solo a seguito degli accertamenti processuali, è stato possibile individuare l'origine del lamentato danno nell'omissione di ordinaria manutenzione, ascrivibile unicamente e direttamente alla locataria.Va, invece, respinta, la domanda risarcitoria, in quanto genericamente allegata, e non adeguatamente provata, la ridotta utilizzabilità degli spazi condominiali, se non in termini di mero disagio e fastidio.

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