Condominio

Pizzeria, sequestro per la canna fumaria che ammorba il condominio

di Giulio Benedetti

Non sempre è facile la convivenza tra il condominio e gli esercizi di ristorazione con riferimento alle emissioni odorose, proprie del loro esercizio, che recano molestia ai condòmini. L'art. 844 c.c. vieta le emissioni che superino la normale tollerabilità , avuto riguardo alla condizione dei luoghi , e l'art. 674 c.p. sanziona penalmente le emissioni di gas e fumi che offendano o molestino le persone. La particolarità del processo penale è che , nel caso ricorra l'ipotesi del predetto reato, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, può emettere il decreto di sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) dell'attività molesta. In tale caso il presupposto del sequestro è il pericolo che la libera disponibilità dell'impianto , cosa pertinente al reato, possa aggravare o protrarre le sue conseguenze o agevolare la commissione dei reati. L'esecuzione del sequestro blocca l'attività produttiva e il titolare , per poterla esercitare, nel caso venga contestato l'art. 674 c.p., può richiedere l'oblazione, ai sensi dell'art. 162 bis c.p., ma in tale caso deve provare di avere risanato l'impianto con l'eliminazione delle emissioni moleste. Appare evidente che il sequestro costringe il titolare ad un pronto intervento risanatore degli impianti, spesso assai costoso, tanto più celere , quanto prima voglia continuare ad esercitare la sua attività.
È il caso trattato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 38674/2018) che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso un'ordinanza del Tribunale del riesame la quale aveva confermato il sequestro preventivo delle canne fumarie di un pizzeria che emettevano odori molesti per gli abitanti di un vicino condominio. La Corte , dopo avere affermato che il giudizio di merito non può essere reiterato in sede di legittimità, confermava l'ordinanza che valorizzava la comunicazione della polizia giudiziaria la quale , dopo degli esposti dei condomini, accertava che le canne fumarie violavano il regolamento comunale il quale prescriveva il loro prolungamento al di sopra del colmo del tetto, per consentire la dispersione dei fumi e degli odori senza arrecare molestie ai terzi. Invece le canne fumarie disperdevano i fumi all'altezza del piano terra all'interno di un pozzo luce di circa mq. 4 con un'unica apertura a cielo aperto su cui si affacciavano i balconi e le finestre delle abitazioni soprastanti. Ne consegue che il sequestro è stato legittimamente emesso per evitare la prosecuzione e l'aggravamento delle conseguenze del reato. Quindi , per la Corte, correttamente il Tribunale del riesame ha affermato che.
*il “fumus” non era un sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, essendo sufficiente ipotizzare fondatamente una possibile condanna dell'indagato;
*il funzionamento di forni elettrici per la pizza non escludeva le molestie olfattive procurate dalle friggitrici;
* la presenza delle autorizzazioni non escludeva il reato e non restringeva la fattispecie ai soli fini civili.
Inoltre erano applicabili le norme del regolamento condominiale poiché lo stesso prevede in ogni caso il carattere vincolante delle norme tecniche anche per gli edifici esistenti, purché tali norme fossero risultate compatibili con gli interventi di ristrutturazione edilizia, poiché l'elevazione delle canne fumarie oltre il colmo del tetto costituisce un intervento praticabile senza arrecare pregiudizio al condominio. Inoltre la Corte di Cassazione (sent . n. 21504/2018) in tale materia richiama la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. n. 2611/2017) per cui anche l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite . Detta ipotesi ricorre allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita , quali diritti costituzionalmente garantiti e tutelati dall'art. 8 della convenzione dei diritti dell'uomo. Pertanto in tale caso la prova del pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni.
Giulio Benedetti

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