Condominio

Anche il rendiconto che riporta le morosità pregresse dopo l’approvazione può essere impugnato

il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che riporti tutte le somme dovute al condominio, incluse le morosità relative alle annualità precedenti, non è impugnabile

di Selene Pascasi

Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al Condominio incluse le morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute – che non costituiscono solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante – una volta approvato può essere impugnato.

In caso contrario, è di per sé idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel partecipante pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito.

Lo scrive la Corte di appello di Milano con sentenza n. 1906 del 17 giugno 2021 (estensore Nardozza) . Apre il caso l'impugnazione da parte di un avvocato della delibera di approvazione di un consuntivo di gestione. Erano state applicate a suo carico, contesta, somme non dovute per compartecipazione alle spese legali sostenute dall'ente per il pignoramento immobiliare notificato nei suoi confronti e per il decreto ingiuntivo e il precetto in rinnovazione che lo riguardavano. Non dovuto, anche il conguaglio della gestione condominiale precedente, avendo già corrisposto buona parte della somma. Peraltro, aggiunge, prima di impugnare la delibera si era già opposto all'approvazione del consuntivo ma il Condominio non aveva apportato le rettifiche da lui richieste sostenendo che sarebbe stato impossibile modificare il consuntivo e portarlo alla preventiva conoscenza di ogni singolo condomino per la relativa approvazione.

Intervenuta la rettifica, il Tribunale dichiara cessata sul punto la materia del contendere e condanna parte convenuta alle spese e competenze di causa e mediazione ma il Condominio formula appello lamentando, sostanzialmente, l'erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado non avrebbe adeguatamente considerato tutta la documentazione prodotta in atti tra cui la corrispondenza da cui si evinceva che, sin da subito, c'era disponibilità alla rettifica del consuntivo. Il Tribunale, in sintesi, avrebbe dovuto rilevare carenza d'interesse ad impugnare e condannare l'avvocato per lite temeraria.

Appello bocciato. Dai carteggi, marca la Corte, emergeva che sebbene prima della riunione il legale avesse fatto presente l'illegittimità degli addebiti chiedendone lo stralcio, il Condominio approvava all'unanimità dei presenti il bilancio gestione ordinaria e la relativa ripartizione senza neanche spendere una parola per i rilievi e le istanze di rettifica pervenuti.

Non c'era affatto, quindi, come inutilmente tentava di affermare l'ente, alcun accordo in ordine alle discusse modifiche. Ed un'ulteriore conferma del contrasto proveniva dalla lettera inoltrata dall'amministratore a tutti i condòmini assieme al bollettino di pagamento della prima rata ordinaria di gestione. Bollettino, puntualizzano i giudici, compilato e personalizzato per ciascun condomino dallo stesso amministratore e non – come dedotto dalla difesa del Condominio – generato con importo erroneo dalla banca.

Di conseguenza, fino a quel momento, non risultava alcuna rettifica ed il disaccordo aveva chiaramente costretto il legale a depositare la domanda di mediazione che l'ente aveva disertato già dal primo incontro conciliativo. In altre parole, correttamente il Tribunale aveva evidenziato che soltanto con successiva delibera era stata riconosciuta la non debenza da parte dell'avvocato degli importi denunciati. La sua azione, perciò, era legittima.

Del resto, ricorda la Corte milanese, il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che – nel prospetto dei conti individuali riporti tutte le somme dovute al Condominio incluse le morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante – una volta approvato può essere impugnato. Altrimenti, costituisce esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel partecipante pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito (Corte di cassazione, 3847/2021) . Di qui, il rigetto dell'appello.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©