Condominio

Riscaldamento: spese condivise perché l'impianto è un accessorio comune cui ci si può riallacciare

Nel caso specifico il proprietario del sotterraneo non aveva pagato per 20 anni, ma nel regolamento si precisava che avrebbe potuto farlo

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di Selene Pascasi

Il condòmino autorizzato a rinunciare all'uso del riscaldamento centralizzato e staccare le diramazioni della sua unità dall'impianto comune resta comunque obbligato a pagarne le spese di conservazione e di manutenzione straordinaria (come quelle di sostituzione della caldaia) essendo l'impianto un accessorio comune cui potrà, eventualmente, riallacciarsi. Si tratta di spese cui, in sostanza, non può sottrarsi. Lo ricorda il Tribunale di Torino con sentenza numero 1355 del 19 marzo 2021.

La vicenda
È un uomo ad aprire il caso chiedendo di sospendere l'efficacia delle delibere – a suo avviso nulle o almeno annullabili – che gli imponevano spese di riscaldamento inerenti i locali magazzino di sua proprietà. Ulteriore richiesta? La restituzione delle somme già versate dietro ingiunzione. Fin dall'acquisto, spiega, il piano sotterraneo dove si trovavano i locali non era collegato all'impianto termico condominiale sebbene le tubature lo attraversassero in forza di servitù. E difatti per oltre 20 anni non aveva dovuto corrispondere nulla per il servizio di riscaldamento.

Sennonché, a seguito di delibera, il magazzino era stato inserito per la prima volta nella ripartizione delle spese di riscaldamento e così il condominio aveva iniziato a pretendergliene la contribuzione. Ma quella delibera, e le successive, erano invalide perché modificative dei criteri di ripartizione delle spese adottate senza il consenso unanime e senza specifico ordine del giorno. Ancora, lamentava la nullità della clausola dell'atto di frazionamento se interpretata nel senso di porre a carico del distaccato dall'impianto di riscaldamento l'obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso, nei termini richiamati dalla delibera.

La presunzione di comunione dell’impianto di riscaldamento
Il condominio difende il suo operato ma il Tribunale – dichiarata inammissibile la domanda relativamente ad una delle delibere – la accoglie nel resto e sancisce la nullità delle delibere che modificano i criteri di riparto delle spese condominiali per il riscaldamento e di quella che imputa al proprietario le spese di riscaldamento. Si discute, marca, di servizi comuni. L'impianto di riscaldamento condominiale, infatti, si presume oggetto della presunzione di comunione in base ai criteri indicati dalla legge o, in mancanza, dal regolamento accettato con i singoli atti di acquisto delle unità immobiliari.

Tre le tipologie di partecipazione alle spese
Ebbene, rispetto all'impianto centralizzato, i condòmini hanno una posizione tripartita tra: a) chi partecipa a tutte le spese d'uso ai sensi dell'articolo 1123 del Codice civile (in base ai millesimi di proprietà o altro criterio che tiene conto dell'uso), di conservazione e manutenzione secondo l'articolo 1118 del Codice civile (sui millesimi); b) chi partecipa solo ai costi di conservazione e manutenzione dell'impianto; c) chi partecipa alle spese d'uso in misura fissa e a quelle di conservazione e manutenzione. Esiste, poi, la condizione eccezionale di chi (per via di atti o regolamenti che superino la presunzione di comproprietà) ne sia totalmente esonerato.

Nella fattispecie, il riscaldamento centralizzato era destinato all'uso comune, tanto che la sua gestione era demandata all'assemblea del super condominio costituito tra i singoli condomini, essendo previste le diramazioni per l'allaccio alle singole proprietà individuali sebbene, nell'immobile di proprietà dell'attore, gli allacci non fossero stati usati. Dalla definizione dell'impianto come bene comune, deriva in via diretta che il suo funzionamento è regolato dal principio generale di uguaglianza dei condòmini nell'uso e partecipazione alle spese di mantenimento ed uso del riscaldamento. In particolare, nella fattispecie, il regolamento prevedeva che i locali sotterranei avessero in ogni tempo il diritto di allaccio gratuito all'impianto di riscaldamento e che i loro titolari avrebbero iniziato a partecipare alle spese di riscaldamento e manutenzione dell'impianto dal giorno dell'allacciamento a prescindere dall'uso reale.

La presenza degli allacci
E nella vicenda era stato provato sia l'allacciamento dell'impianto particolare dell'uomo a quello centralizzato che il fatto che non avesse mai contribuito ai costi di riscaldamento. La delibera contestata, però, sebbene avesse modificato la tabella di riparto delle spese introducendo per la prima volta i locali in questione, non aveva mutato i criteri di riparto fissati dalle regole del supercondominio e da quelle del singolo condominio richiamato nell'atto di acquisto dell'attore e quindi per lui vincolanti.

Il Tribunale si sofferma sui due profili della denunciata nullità delle delibere: aver imposto la partecipazione alle spese anche del non allacciato e aver modificato i criteri di riparto delle spese di riscaldamento senza il consenso unanime dei condòmini. Sotto il primo profilo, è proprio nell'osservanza dell'articolo 1123 del Codice civile che va affermata la partecipazione alle spese di conservazione dell'impianto centralizzato in proporzione al valore di proprietà. E l'articolo 1118 del Codice civile limita la partecipazione del distaccato ai costi di conservazione e manutenzione straordinaria (esempio, sostituzione di caldaia) essendo il centralizzato un impianto comune cui potersi in futuro riallacciare (Cassazione 18131/2020).

Conclusioni
In sintesi, se l'attore era tenuto a contribuire a manutenzione straordinaria e conservazione dell'impianto comune, era fondata la censura inerente la modifica dei criteri di riparto delle spese di riscaldamento. Egli, allora, poiché comproprietario, era obbligato a partecipare alle spese di manutenzione e conservazione ed in quanto distaccato in assenza dei presupposti di legge, anche a quelle di riscaldamento per la parte di quota involontaria.

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