Condominio

Il costo per la sostituzione della caldaia condominiale compete anche al condomino che si è distaccato

Ne resta infatti comproprietario e può non partecipare alle spese solo nel caso in cui non sia mai stato allacciato all’impianto comune

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di Matteo Rezzonico

Il Tribunale di Roma con la sentenza 3 novembre 2020 numero 15230 ha chiarito che l'intervenuto distacco del condòmino dalla centrale termica condominiale non lo esime dal pagamento delle spese per la sua sostituzione, rimanendo comproprietario dell'impianto.

Il caso
Una società immobiliare proprietaria di un appartamento ha impugnato una delibera assembleare condominiale con cui le erano state accollate le spese per la sostituzione della caldaia centralizzata condominiale. In particolare la condomina adduceva: 1) di essersi distaccata già dal 2007 dalla centrale termica comune; 2) che con delibera 24 maggio 2010 il condominio aveva approvato la dismissione del vecchio impianto e la realizzazione di un nuovo impianto escludendo totalmente l'attrice dalla contribuzione alla relativa spesa; 3) se non che con una successiva delibera era stata disposta a suo carico la spesa di adeguamento/sostituzione della centrale termica.

Il condominio eccepiva che la caldaia e l'impianto termico sono beni comuni, sicchè le spese di manutenzione straordinaria, di adeguamento e di sostituzione riguardano tutti i condòmini, a prescindere dal loro eventuale distacco (salvo che essi non siano stati messi in condizione di potersi allacciare e di poter usufruire del servizio).

La decisione
Il Tribunale di Roma ha ritenuto pacifico che il condomino ha diritto di distaccarsi dall'impianto termico centralizzato. Sul punto l'articolo 1118 comma 4 del Codice civile - novellato dalla legge di Riforma del condominio – non lascia spazio a diverse interpretazion i nella parte in cui dispone che il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto termico centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini.

In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale le spese di conservazione dell'impianto devono essere distinte da quelle dovute per l'uso (dovendosi ritenere che le prime sono dovute anche se l'impianto non è utilizzato). Questo perché il condòmino distaccatosi non perde la comproprietà dell'impianto ma si limita a non usufruire più del servizio.

Impossibile la rinuncia
È pacifico pertanto che il condòmino distaccatosi, (proprio perché non usufruisce più del servizio), deve essere esentato: dalle spese di esercizio, da quelle relative al consumo del combustibile e alla manutenzione ordinaria svolta dalla ditta incaricata, mentre rimane tenuto alla manutenzione straordinaria e alle spese di adeguamento e di eventuale sostituzione.Il condòmino distaccatosi – continua la sentenza in commento – non solo non perde la qualità di comproprietario della caldaia e dell'impianto termico, ma non vi può nemmeno rinunciare precludendosi la possibilità di un futuro riallaccio. In tale contesto una volta che il condominio abbia dimostrato in giudizio, (mediante la produzione di adeguata documentazione), che per garantire il funzionamento della caldaia e il rispetto della normativa si fosse resa necessaria la sostituzione della centrale termica anche per il condomino distaccatosi sussiste l'obbligo di pagamento.

La distinzione tra condomini
Il Tribunale di Roma ha ulteriormente chiarito che occorre distinguere tra condòmini mai stati allacciati alla centrale termica, che evidentemente non possono essere tenuti al pagamento di alcuna spesa, (non essendo comproprietari del bene) e condòmini distaccatisi successivamente obbligati per effetto della comproprietà. Tra l'altro – ha aggiunto il Giudice romano - l'adeguamento della caldaia non costituisce innovazione gravosa a norma dell'articolo 1121 del Codice civile (come sostenuto dall'impugnante), ma opera diretta alla conservazione dell'impianto per motivi di v etustà. Tanto più che nella specie la caldaia e l'impianto di distribuzione hanno mantenuto le stesse tubazioni e ramificazioni originali senza che ne fosse stata trasformata la relativa destinazione o funzione.

Il caso dell'impossibilità di allacciamento
Secondo un orientamento giurisprudenziale - ribadito dalla recente pronuncia della Cassazione 31 agosto 2020 numero 18131 – se in sèguito ad un intervento di sostituzione della caldaia centralizzata, il mancato allaccio di un condomino non dipenda dalla volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilità tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, (restando impedito anche un eventuale futuro riallaccio), deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull'impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condòmini proprietari di locali cui non sia comune l'impianto centralizzato, nè siano serviti da esso.

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