Condominio

Botola d’accesso e cavo tv non bastano a provare che il sottotetto è condominiale

La proprietaria del’ultimo piano aveva limitato l'accesso ai servizi comuni rappresentati dal passaggio al tetto.

di Selene Pascasi

Salvo titolo diverso, il sottotetto si presume comune se destinato anche potenzialmente, per caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. Si riterrà, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano se assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umido e non abbia dimensioni e connotati tali da consentirne l'utilizzo come vano autonomo.

Non proverà la destinazione comune, quindi, la semplice esistenza di botola d'accesso dal vano scala e cavo televisivo. Lo precisa il Tribunale di Sulmona con sentenza n. 33 del 4 febbraio 2021 . È un condomino ad accendere la lite citando la proprietaria dell'alloggio sovrastante lamentando – non solo delle infiltrazioni che avevano danneggiato il suo appartamento – ma soprattutto l'apposizione a filo dell'ultimo gradino di accesso al pianerottolo del vano scala all'ultimo piano, di una porta con lucchetto che impediva l'accesso alla botola utile da passaggio con il tetto, esercitato pacificamente dai condòmini. In pratica, la signora aveva limitato l'accesso ai servizi comuni rappresentati dal passaggio al tetto.

E giacché il vano scala e il pianerottolo dell'ultimo piano erano beni comuni chiedeva, oltre ad accertarsi la responsabilità per le perdite acquose, che si appurasse l'illegittimità dell'apposizione della porta con condanna alla rimozione. In via subordinata, pretendeva consegnarsi copia delle chiavi del lucchetto per permettere il libero accesso al pianerottolo comune e alla botola di accesso al tetto. Il Tribunale accoglie l'istanza danni causati dalle infiltrazioni, sancendone il risarcimento, ma boccia la pretesa sulla supposta illegittima apposizione della porta.

Non era in discussione, premette il giudice abruzzese, la titolarità del sottotetto poiché acquisita dalla donna con atto pubblico (la compravendita riguardava l'appartamento posto al piano secondo del fabbricato oltre soffitta sovrastante) e dalla descrizione dei beni in questione non si faceva riferimento a parti del sottotetto destinate all'uso comune o poste all'esercizio di un servizio di interesse comune, dunque di natura condominiale. Peraltro, il consulente aveva sì individuato una porzione del sottotetto assimilabile a pianerottolo condominiale giacché sovrapposta al vano scala comune ma quella porzione – sottolinea il Tribunale – non aveva caratteristiche tali da potersi ritenere un vano autonomo visto che su di essa affacciavano porzioni diverse.

E, come ribadito da Cassazione 9383/2020, la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per caratteristiche strutturali e funzionali, obiettivamente teso (anche potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto, invece, si riterrà pertinenza dell'appartamento all'ultimo piano soltanto quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzo come vano autonomo.

In quell'occasione, poi, la Corte di legittimità aveva anche affermato che il mero richiamo ad una botola d'accesso dal vano scala e ad un cavo televisivo non è circostanza sufficiente a provare che il sottotetto, per caratteristiche strutturali e funzionali, sia teso all'uso comune se prima non se ne verifichi la consistenza strutturale originaria e, in caso di accertata destinazione all'uso comune, se non si appuri se riguardi l'intera superficie e sia tale da assumere carattere di oggettiva prevalenza sulla tipica funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano. Ebbene, nella vicenda, non essendovi prove sulla destinazione originaria e continua all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune della discussa porzione di sottotetto, il Tribunale di Sulmona non poteva che respingere la domanda.

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