Condominio

Il muro di un giardino privato in condominio non è di proprietà comune

Lo si potrà ritenere tale solo qualora se ne provi una diversa destinazione o se sia così qualificato da un titolo negoziale

di Selene Pascasi

Il muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva, anche qualora sia inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi comune con tutte le conseguenze sulla ripartizione delle spese di riparazione. Del resto, contenendo il giardino, è un bene funzionale alla tutela degli interessi del suo proprietario e lo si potrà ritenere comune solo ove se ne provi una diversa destinazione o se sia così qualificato da un titolo negoziale come il regolamento condominiale o l'atto costitutivo del condominio. Ad affermarlo è la Corte di appello de L'Aquila con sentenza numero 55 del 14 gennaio 2021.

I fatti
Perno della lite? Il crollo di un muro, per il 68% di proprietà di una condomina, che induce due proprietari a rivolgersi al Tribunale per chiedere di accertarne la responsabilità. Il giudice, però, espletata una consulenza tecnica d'ufficio, rinviene una responsabilità concorsuale addebitandone loro il 20%. Il perito, infatti, oltre ad indicare in percentuale la porzione di muro crollato appartenente in proprietà esclusiva alla signora, aveva individuato le cause del crollo sia nei difetti costruttivi del muro (strutturalmente inidoneo a reggere la spinta del terreno che avrebbe dovuto contenere e privo di adeguato sistema di drenaggio), sia nell'assenza di un adeguato sistema di regimazione delle acq ue meteoriche riversantisi sul terreno a monte del muro, sia nei difetti di funzionamento della fossa biologica di raccolta delle acque nere provenienti dalle proprietà degli attori e di un soggetto estraneo al processo.

La pronuncia di secondo grado
La donna formula appello e, deceduta in corso di causa, le subentrano gli eredi. Due, i motivi: dalla consulenza emergeva l'impossibilità scientifica di determinare la precisa percentuale di concorso delle diverse cause individuate dal Ctu e la fonte stessa di responsabilità. Le prove, poi, erano state mal valutate. Appello bocciato. Così come stilato, precisa la Corte, non giustificava una riforma della sentenza impugnata. Intanto, premette, il Tribunale non aveva disatteso ma fatto proprie le conclusioni della perizia, valorizzandole sia nella parte in cui individuavano le varie e concorrenti cause del crollo del muro, sia quando quantificavano in percentuale la porzione di muro crollato di proprietà della donna.

La condominialità del muro
E circa la proprietà condominiale del muro inizialmente affermata dal consulente, poi corretta, ciò comunque non sarebbe fattore sufficiente per affermarne la natura comune vista la funzione di sostegno e di recinzione e l'inclusione nel complesso condominiale costituito da singole unità ognuna con giardino pertinenziale esclusivo. Del resto, ricorda la Corte di appello, un muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva, pur inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé dirsi parte comune – con le relative conseguenze sulla divisione dei costi di riparazione – poiché per natura destinato a svolgere funzione di contenimento di quel giardino e di tutela degli interessi del suo proprietario.

Esso, in sostanza, si riterrà condominiale solo se ne risulti una destinazione diversa dal necessario uso comune o sussista un titolo negoziale (regolamento o atto costitutivo del condominio) che lo consideri tale assimilandolo ai muri maestri ed alle facciate (Cassazione 22155/2018). Ebbene, nella vicenda, mentre emergeva dalla consulenza che il muro fosse in gran parte compreso nella proprietà esclusiva della condomina, non v'erano dati idonei ad affermarne la natura condominiale ed individuare un criterio di divisione delle spese di riparazione diverso da quello applicato dalla sentenza appellata.

Infondato pure l'altro motivo: la condanna del Tribunale riguardava il 68% delle spese di riparazione (per corrispondenza alla percentuale di muro della donna) depurando il 20% per incidenza concausale. E quanto alla presunta incertezza delle cause, appunto per impossibilità di determinarla con esatti criteri tecnico-scientifici erano state valorizzate la sicura maggiore incidenza delle concause (vizi progettuali, difetti costruttivi e strutturali del manufatto e inadeguata regimentazione delle acque meteoriche) rispetto alla probabile dispersione di liquami provenienti dalla fossa biologica. Inevitabile, pertanto, l'integrale rigetto dell'impugnazione con condanna degli eredi dell'appellante al rimborso delle spese di giudizio.

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