Condominio

Le regole sulle distanze sono derogabili negli accordi tra privati

Il costruttore aveva firmato un accordo per la costruzione di altri edifici e il posizionamento di tubi a distanze inferiori a quelle del Codice civile

di Rosario Dolce

Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Questo è quanto è stabilito dal Codice civile, dall'articolo 873, che si completa con una ulteriore postilla, vale a dire quella per cui nei regolamenti può essere stabilita una distanza maggiore.

La Corte di Cassazione, con il provvedimento del 28 dicembre 2020 (Ordinanza nr 29644) , riflette sulla possibile derogabilità della norma, ed enuncia un principio segno di nota, e cioè che: «In materia di distanze legali, le norme di cui all'art. 873 Codice civile, dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli, volte unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono derogabili mediante convenzione tra privati».

Diverso è il caso, invece, in cui le distanze siano disciplinate dalle previsioni contenute regolamento edilizio locale, e, in quanto tale, siano aumentate rispetto al valore minimo stabilito dal codice civile. Nel qual caso, i giudici di legittimità ricordano che le prescrizioni contenute nei piani regolatori e negli strumenti urbanistici non tollerano deroghe convenzionali, in quanto sono dettate a tutela dell'interesse generale e, quindi, rispondono ad un prefigurato modello urbanistico speciale (cfr. Cassazione civile 2.3.2018, n. 5016; Cass. 31.5.2006, n. 12966).In altri termini, l'eventuale convenzione tra le parti di fondi limitrofi non è in grado di derogare le suddette previsioni pubblicistiche.

I tubi e il muro
Le distanze, tra l'altro, rilevano anche per la questione dei tubi da allocare all'interno dei muri di confine (e anche di questo aspetto si occupa il provvedimento in commento). L'articolo 889, comma due, Codice civile, in effetti, stabilisce che per i tubi di acqua pura o lurida, per quelli di gas “e simili” deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.La norma in disamina, in quanto legge speciale rispetto alle norme regolanti l'uso delle cose comuni nella comunione in generale (art. 1102 cod. civ.), è applicabile pure nell'ipotesi di esistenza sul confine di un muro divisorio comune, salva la derogabilità negli edifici condominiali per incompatibilità dell'osservanza della suindicata distanza con la struttura stessa di tali edifici e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei condomini (cfr. Cass. 4.5.1983, n. 1625).

Il risarcimento
Quanto, infine, all' addotto diritto al risarcimento del danno , i giudici di legittimità precisano che in tema di violazione delle distanze, la tutela risarcitoria può essere di due tipi. In primis, si discorre di “tutela in forma specifica”, la quale è finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell'illecito. In secundis, si discorre di eventuale “tutela risarcitoria”: quale danno conseguenza e non danno evento. In questo ultimo caso – viene così precisato - il danno deve ritenersi “in re ipsa”.

Ciò significa che la rispettiva dimostrazione in giudizio non necessità di una specifica attività probatoria, essendo l'effetto della violazione perpetrata dal vicino, certa e indiscutibile. Il danno si concretizza, in tal caso, nell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, nella limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà, che, in quanto tale, è suscettibile di valutazione economica (cfr. Cass. 31.8.2018, n. 21501 ; Cass. 16.12.2010, n. 25475; Cass. 7.5.2010, n. 11196).

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