Condominio

Attività commerciale molesta: a tutela del condominio la classificazione residenziale dell'area

È ragionevole per i giudici ritenere prioritaria – e quindi da tutelare – l'abitazione privata piuttosto che l'attività produttiva

di Luca Bridi

Nell'ambito di un condominio, una famiglia chiamava in giudizio l'esercizio commerciale che al piano sottostante conduceva un panificio, per sentirla condannare al ripristino della normale tollerabilità delle immissioni sia acustiche sia odorose ivi prodotte e per il risarcimento dei danni di conseguenza patiti e, a tale scopo, il giudice nominava un consulente tecnico.

Le cosiddette due tutele
L'articolo 844 Codice civile stabilisce l'ammissibilità delle immissioni, a patto che queste non superino la normale tollerabilità avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi e a condizione ulteriore che siano contemperate le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà; sul tema, da ultimo, l'articolo 6 ter del Dl 208/2008 convertito nella legge 13/09 fa salve, in ogni caso, le disposizioni di legge e i regolamenti vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso.

I livelli di tutela sono il procedimento amministrativo di cui alla legge 447/1995 e dal successivo Dpcm del 1997 ed il procedimento civilistico, fondato sui principi che regolano i rapporti tra privati, riconducibili nell'ambito degli articoli 844 e 2043 Codice civile.Nello specifico, l'eventuale rispetto della normativa pubblicistica non fa venir meno la possibilità di poter essere comunque tenuti responsabili sotto il profilo civilistico, qualora le immissioni superino i tre Dba Leq di rumore di fondo, con la conseguenza che si può configurare illecito civile pur nell'accertato rispetto dei limiti delle norme tecniche (Cassazione 8474/2015).

Fermo restando che, a contrario, invece, il superamento della normativa di ordine pubblico è sempre giudicata intollerabile in campo civile (da ultimo, Cassazione 20927/2015 e, specificatamente in tema di odori, Cassazione 23754/2018).

L’ultima pronuncia in materia
La sentenza del Tribunale di Asti 311/2020 dello scorso 16 giugno, inoltre, ricorda che a definire lecita o meno un'immissione possono concorrere anche eventuali restrizioni previste in regolamenti condominiali, le cui norme di natura contrattuale possono imporre limitazioni anche maggiori: in tale contesto, i limiti di tollerabilità diversi o più bassi possono essere solo espressi da deliberazioni adottate all'unanimità (Cassazione 4963/2001 e numero 23/04).

I rumori lamentati
Nel caso di specie, l'attività si trovava in area residenziale dove i valori limiti ivi previsti, di 50 decibel in fascia diurna e di 45 Db in quella notturna, nonché i differenziali rispetto al rumore di fondo non superiori a 5 Db di giorno e a 3 Db di notte, trovavano applicazione solo riguardo al rumore prodotto dal movimento della saracinesca del locale perché, a finestre chiuse si era rilevata, per il resto, soddisfatta la soglia dei 35 Db giornalieri e i 25 Db serali.

Pertanto, solo per tale rumore, si è provveduto all'inibitoria di cui agli articoli 949, comma 2, Codice civile, come disposto dalla Cassazione a sezioni unite 10186/1998 che configura la tutela nell'ordine di compiere le opportune modifiche strutturali del bene indispensabili alla cessazione della molestia, rilevati, nel caso di specie, nell'adozione di alternativi metodi antintrusione o alla predisposizione di un accesso diverso al laboratorio in orario notturno.

Le esalazioni e gli odori
Considerate le norme regionali del settore, nonché il basso volume di farine utilizzate ed il regolamento condominiale del fabbricato coinvolto, in astratto non erano state individuate violazioni; tuttavia, facendo riferimento all'articolo 844 Codice civile, i testimoni avevano evidenziato che gli odori da forno, di fritture e finanche di cipolla, erano continui nell'arco dell'intera giornata e percepibili fortemente, soprattutto nella stagione estiva ed inoltre era stata rilevata, nel laboratorio, l'assenza di sistemi di contenimento degli odori ed anche la mancata installazione di cappe di aspirazione verticali, pur non essendoci un obbligo legale in tal senso, stante la piccola dimensione dell'attività.

Tuttavia, essendo l'area coinvolta residenziale, è stato ragionevole ritenere prioritaria – e quindi da tutelare – l'abitazione privata piuttosto che l'attività produttiva, tramite la condanna all'obbligo, in capo alla panetteria, di adottare tutte le misure più idonee ad impedire il perpetrarsi dell'illecito tramite la realizzazione di un impianto autonomo di aerazione forzata dotata di estrattore aria centrifugo, con sezione filtrante e canali di estrazione dell'aria esausta; non sono stati, infine, liquidati i danni patrimoniali e non richiesti, in quanto non ritenuti sufficientemente provati in giudizio.

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