Condominio

Caduta in condominio: la conoscenza dei luoghi può rendere il danno non risarcibile

Il condomino percorreva abitualmente il vialetto comunale e il dislivello nel punto di caduta era ben visibile

di Luca Bridi

Un condomino conveniva in giudizio il proprio stabile chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti a una caduta, avvenuta mentre percorreva uno dei vialetti condominiali. Era inciampato in un dislivello del lastricato, rovinando a terra e procurandosi gravissime lesioni; il condominio contestava la propria responsabilità e, in via subordinata, eccepiva il concorso di colpa dell'infortunato, ai sensi dell'articolo 1227 Codice civile, anche perché era residente nello stabile e, quindi, ben avrebbe dovuto conoscerne le condizioni del terreno.

La prova della pericolosità della cosa in custodia
La sentenza del Tribunale di Milano 4364/2020 ha ritenuto applicabile alla fattispecie il disposto normativo di cui all'articolo 2051 Codice civile, ipotesi speciale di responsabilità extracontrattuale da cose in custodia. Secondo l'indirizzo della giurisprudenza della Corte di legittimità ormai consolidatosi, tale responsabilità, di natura oggettiva, si fonda sul mero rapporto di custodia, vale a dire sulla relazione intercorrente tra la cosa e colui che esercita l'effettivo potere su di essa e, pertanto, il profilo del comportamento del custode è estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'articolo 2051 Codice civile.

In altri termini, il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito (Sentenze della Cassazione 15383/06 e 6306/2013).

Su chi grava l’onore probatorio
Il predetto inquadramento riflette dirette conseguenze sull'onere probatorio gravante sulle parti: il titolo di responsabilità invocato presuppone, infatti, la prova – a carico dell'attore secondo l'ordinario criterio di cui all'articolo 2697 Codice civile – delle modalità con cui è accaduto il fatto e del nesso causale tra l'evento lesivo lamentato (nella specie la caduta) e la cosa posta nella custodia del soggetto convenuto.

Tuttavia, se il danno è causato da cose inerti e statiche (marciapiedi, scale, strade, pavimenti e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno, anche dimostrandone la pericolosità (si veda, da ultimo, Cassazione 17625/2016); spetta, invece, al convenuto, per andare esente da responsabilità, la prova liberatoria dell'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno - che può consistere anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato - che presenti i caratteri del caso fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità.

L'interruzione del nesso di causalità
Nel caso in esame, il predetto onere non è stato ritenuto assolto dall'attore, il quale non ha fornito la prova delle modalità in cui è avvenuto il fatto nei termini di cui alle allegazioni probatorie, né tantomeno del nesso di causalità; i testi, infatti, non hanno confermato i fatti narrati in citazione in ordine al fatto storico ed al nesso tra l'evento lesivo ed il marciapiede in custodia all'ente di gestione convenuto.

La prima teste aveva, infatti, solo dichiarato di essere sopraggiunta successivamente al sinistro, di non avere visto il momento della caduta e che, in prossimità del luogo, non aveva visto nulla di particolare, se non una discesa, così confermando soltanto la circostanza dell'evento lesivo-caduta, ma non anche le modalità di accadimento e la sua riconducibilità alla cosa in custodia al condominio. L'altro teste aveva dichiarato di non essere presente al fatto.

La mancata prova
Il danneggiato, inoltre, non aveva fornito nemmeno la prova del nesso tra il bene posto in custodia dell'ente di gestione convenuto e l'evento lesivo-caduta: tale incombente poteva essere raggiunto, in via presuntiva, anche attraverso la prova della disconnessione occulta del marciapiede: la pericolosità della cosa inerte è, infatti, indizio dal quale risalire, dall'articolo 2727 Codice civile, alla prova del nesso di causa.

Pertanto, se una cosa inerte non è pericolosa, ciò può bastare per affermare che manchi il nesso di causa tra la cosa e il danno; viceversa, quando il nesso di causa tra cosa e danno è positivamente accertato, non è più necessario stabilire se la cosa stessa fosse pericolosa o meno (Cassazione 17625 / 2016).

Nella specie, dall'esame della documentazione fotografica, non si poteva evincere, nemmeno in termini presuntivi, la prova dell'idoneità dell'area a causare la caduta degli utenti del condominio, poiché l'area in cui era accaduto il sinistro si presentava con piano di calpestio composto da sanpietrini grigi del tutto complanare e privo di irregolarità tali da determinarne la pericolosità per se stessa.

La ricostruzione del teste
Del resto, anche la teste aveva dichiarato che vicino al punto di caduta non vi era nulla di particolare e che i sanpietrini in un punto «erano in discesa, si creava come una discesa», confermando che il dislivello era visibile; la mera presenza di una discesa all'interno del cortile del condominio dove l'attore risiedeva stabilmente, i cui luoghi dunque, presumibilmente, ben conosceva, n on avrebbe mai potuto ritenersi una cosa pericolosa ai sensi dell'articolo 2051 Codice civile.

Conseguentemente è stato dichiarato che parte attrice, oltre a non aver provato la dinamica del sinistro come allegata in atto di citazione, non aveva provato in giudizio il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento lesivo, nemmeno attraverso la prova della pericolosità dell'area, quale indizio dal quale risalire, ai sensi dell'articolo 2727 Codice civile alla prova del nesso di causa e, pertanto, la domanda di risarcimento dei danni è stata rigettata.

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