Condominio

L’assemblea non può limitare diritti personali sui beni comuni

È prevista questa possibilità solo in caso di delibera approvata all’unanimità dei consensi dell'intera compagine condominiale

di Eugenia Parisi

La proprietaria di più unità immobiliari, facenti parte di un condominio, impugnava due successive delibere assembleari, chiedendone l'annullamento; nello specifico, lamentava l'illegittimo ed invalido inserimento, nel regolamento di condominio, di una clausola comportante un'indebita compressione e limitazione della facoltà di modificazione delle parti comuni, attribuita dalla legge al singolo dall'articolo 1102 Codice civile.

Il condominio chiedeva la sospensione della causa, in attesa dell'esito del procedimento di accertamento tecnico preventivo ed il rigetto delle domande, tramite dichiarazione di cessata materia del contendere in relazione alla prima delibera, in ragione dell'intervenuta sostituzione della delibera impugnata con altra successiva, oltre alla riunione della vertenza ad altra successivamente radicata, sempre tra le stesse parti, ed avente ad oggetto l'impugnazione di una terza delibera.

La decisione
Il Tribunale di Modena, con sentenza numero 554/2020 pubblicata lo scorso 12 maggio, ha ritenuto affette da nullità e, come tali non soggette al termine perentorio di decadenza dei trenta giorni di cui all'articolo 1137 Codice civile, tutte e tre le delibere impugnate

Le modifiche al regolamento
Con la prima delibera impugnata, adottata a maggioranza, si era stabilito che qualsiasi modifica o installazione che riguardasse le parti comuni o che ne alterasse l'aspetto dovesse obbligatoriamente essereapprovata dall'assemblea condominiale con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma del Codice civile; se, in linea di principio, però è corretto affermare che l'assemblea di condominio possa deliberare a semplice maggioranza le modalità di uso e di godimento del bene comune (per tutte si segnala Cassazione civile del 15 giugno 2012, numero 9877), tuttavia, la proposizione vale in quanto la delibera regolamenti l'uso e il godimento, nel senso di disporre una modifica o un'innovazione diretta al miglioramento, all'uso più comodo, o al maggior rendimento delle cose comuni a norma dell'articolo 1120, primo comma del Codice civile.

La delibera impugnata però non prevedeva una regolamentazione dell'uso del bene comune, ma era consistita in una mera rimessione alla volontà dell'assemblea di ogni decisione inerente l'esercizio dei diritti dei singoli condomini sul bene comune, con evidente compressione degli stessi: secondo orientamento risalente e consolidato ( Cassazione civile a sezioni unite 4806/2005), infatti, devono considerarsi affette da nullità tutte quelle delibere assembleari che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni.

Del resto, una clausola regolamentare che imponga la preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale per l'esecuzione di opere sulle parti comuni da parte del singolo condomino, quale è quella introdotta con la delibera impugnata, è clausola di natura contrattuale, in quanto limitativa dei diritti dei condomini sui beni comuni; dunque, ai fini della sua validità richiede l'unanimità dei consensi dell'intera compagine condominiale, diversamente deve considerarsi affetta da nullità (Cassazione 4726/2016; Cassazione 30528/2017).

Alla luce di quanto sopra deve considerarsi dunque nulla la delibera impugnata, con ciò rimanendo assorbita l'eccezione formulata da parte convenuta di decadenza dall'impugnazione per aver parte attrice proposto l'impugnazione oltre il termine di cui all'articolo 1137 Codice civile, applicabile esclusivamente in caso di annullabilità della delibera.

La cessata materia del contendere
Il Tribunale ha poi rilevato che non potesse dichiararsi la cessata materia del contendere in seguito all'adozione della nuova delibera poiché, per consolidato orientamento in tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell'articolo 2377 Codice civile, dettato in tema di società di capitali ma, per identità di scopo, applicabile anche in materia di condominio – la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere (Cassazione 5693/2018).

Tuttavia, nel caso in esame, la delibera emessa a rettifica di quella impugnata era evidentemente anch'essa nulla per le stesse ragioni rilevate, non potendosi quindi dichiarare la cessazione della materia del contendere per la mancanza di una valida sostituzione della delibera affetta da nullità.

Infatti, anche in relazione alla seconda delibera, la clausola così come rettificata portava una limitazione ai diritti del singolo condomino all'uso della cosa comune: l'assemblea, con approvazione sempre a maggioranza, aveva infatti imposto le limitazioni previste per le innovazioni di cui all'articolo 1120, secondo comma del Codice civile, anche alla fattispecie di cui all'articolo 1102 Codice civile, con evidente compressione dei diritti dei singoli: una delibera di tale tenore richiedeinfatti l'unanimità dell'intera compagine condominiale e non dei soli presenti, come avvenuto nel caso in esame.

La terza delibera
E' stata, infine, dichiarata nulla anche l'ulteriore delibera impugnata, con la quale era stata negata l'autorizzazione al riallaccio di canna fumaria già esistente: l'illegittimità è parsa evidente in quanto approvata sul presupposto di una clausola del regolamento condominiale affetta essa stessa da nullità.

In ogni caso – ha rilevato il Giudice - quand'anche si volesse sganciare la delibera dalla precedente, per consolidata giurisprudenza l'installazione di una canna fumaria da parte del singolo condomino non costituisce innovazione ex articolo 1120 Codice civile, bensì una modifica della cosa che ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell'edificio e non ne alteri il decoro architettonico (conforme Tribunale Nocera Inferiore, sentenza del 3 luglio 2013).

Dal verbale di assemblea non erano risultati, del resto, fatti impeditivi o contestazioni specifiche all'apposizione della canna fumaria, laddove il condominio si era limitato a negarne solamente l'autorizzazione: non vi era prova che il condominio avesse richiesto in più occasioni un progetto di massima, né che il condominio avesse assolto l'onere probatorio a suo carico in ordine alla paventata violazione dell'articolo 1102 Codice civile; a nulla rilevando, sul punto, la consulenza redatta nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, estraneo al giudizio, in quanto intervenuto dopo quasi un anno e mezzo dalla delibera impugnata, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere posto alla base del diniego al riallaccio della canna fumaria. Ciò posto, si rileva come, negare a priori ed in via anticipatoria l'attività del condomino fosse apparso un eccesso di potere non consentito all'assemblea, tale da determinare la nullità della specifica decisione assunta (conforme Tribunale Arezzo numero 279 del 7 marzo 2018).

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