Condominio

La nuova delibera non viziata non esclude la soccombenza virtuale del condominio

La sua approvazione fa cessare la materia del contendere ma il condominio può essere tenuto, come nel caso in esame, a pagare le spese di giudizio

di Edoardo Valentino

Un condomino impugnava ai sensi dell'articolo 1137 del Codice civile una delibera assembleare con la quale il condominio aveva revocato un amministrator e e lo aveva sostituito con un altro. A detta del condomino, l’ assemblea sarebbe stata affetta da vizi tali da comportarne la totale invalidità e quindi domandava al giudice la dichiarazione di nullità della stessa.

La difesa del condominio e la decisione di primo grado
Si costituiva in giudizio il condominio affermando come, a seguito dell'approvazione della nomina del nuovo amministratore, alla delibera impugnata era seguita una successiva deliberazione con medesimo contenuto ed effetto novativo rispetto alla precedente e in ragione di ciò doveva ritenersi cessata la materia del contendere. La sentenza, tuttavia, annullava la delibera impugnata e negava conseguentemente la cessazione della materia del contendere stessa .

Il ribaltamento in secondo grado
Appellava quindi detta decisione il condominio, affermando come l'approvazione di una nuova delibera con il medesimo contenuto avesse modificato la situazione di fatto esistente di modo da rendere inutile la pronuncia giudiziale e motivando così la cessazione della materia del contendere. All'esito del processo la Corte d'appello, in accoglimento delle ragioni del condominio, dichiarava la cessazione della materia del contendere e compensava le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

Il ricorso alla Superma corte
Al proprietario soccombente, quindi, non restava che agire in sede di legittimità.
A tal fine la parte soccombente depositava ricorso in Cassazione contestando la decisione d'appello sulla base di vari motivi in diritto. In prima battuta il ricorrente argomentava per la mancanza di un interesse ad agire del condominio in grado di appello, dato che questo aveva appellato la sentenza di primo grado unicamente per far valere l'avvenuta sostituzione della delibera impugnata ed ottenere una dichiarazione giudiziale di cessazione della materia del contendere.

In secondo luogo il ricorso censurava la violazione delle norme che regolano la soccombenza virtuale, deducendo l'errore della Corte d'appello nella misura in cui aveva deciso di compensare le spese del giudizio senza valutare la sussistenza effettiva delle condizioni della cessazione della materia del contendere.

Con il terzo e ultimo motivo, infine, il ricorrente contestava la compensazione delle spese giudiziali operata dalla Corte d'appello, per avere ritenuto il giudice che le spese di entrambi i gradi sarebbero state compensate in ragione della cessazione della materia del contendere.

La decisione
Con la sentenza Cassazione sezione sesta, 8 giugno 2020, numero 10847, la Corte accoglieva il ricorso limitatamente al solo terzo motivo. I primi due motivi, esaminati congiuntamente, venivano rigettati in quanto infondati. Affermava infatti la Corte come il giudice d'Appello avesse correttamente valutato la cessazione della materia del contendere nel caso in oggetto.

In ordine alle delibere condominiali, la sostituzione di delibera impugnata con altra successiva e con effetto novativo fa venire meno la situazione di contrasto tra le parti e – conseguentemente – determina la cessazione della materia del contendere nel processo civile (così anche in Cassazione 11 agosto 2017, numero 20017; Cassazione, 10 febbraio 2010, numero 2999).

La rinnovazione sanante
Affermava quindi la Suprema Corte che «perché possa verificarsi la rinnovazione sanante con effetti retroattivi, alla stregua dell'articolo 2377, comma 8, Codice civile è necessario che la deliberazione impugnata sia sostituita con altra che abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della prima deliberazione, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità. Se, invece l'assemblea decida di revocare la precedente deliberazione e di adottarne altra avente una portata organizzativa del tutto nuova, gli effetti di quest'ultima decorrono soltanto da quando questa sia stata assunta».

Nel caso in questione, secondo la Cassazione, la Corte d'appello aveva deciso, con valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, come la nuova deliberazione avesse il medesimo contenuto della precedente, con rimozione dei vizi e di conseguenza questa avesse effetto novativo e sostitutivo rispetto alla precedente. I primi due motivi del ricorso, quindi, venivano rigettati.

La ripartizione delle spese
Diversamente, invece, la Cassazione accoglieva il terzo motivo, in merito all'errata decisione della Corte d'Appello di porre in compensazione le spese di causa. Anche tenuto conto della cessazione della materia del contendere, infatti, il giudice avrebbe dovuto tenere conto della soccombenza virtuale, ossia valutare nel complesso le condotte tenute dalle parti e le originarie fondatezze delle loro pretese.

Ad originare il giudizio di merito vi era stata, si ricordi, l'approvazione di una delibera tanto viziata che aveva indotto lo stesso condominio alla sostituzione della stessa con una successiva scevra da vizi. Al fine di comprendere la decisione in commento quindi, occorre scindere i due aspetti sopra trattati, esattamente come fatto dalla Cassazione nella sentenza numero 10847.

La soccombenza virtuale
Sebbene, infatti, l'approvazione di successiva deliberazione può avere (come nel presente caso) effetto novativo e di sostituzione di quella vecchia, facendo venire meno l'interesse delle parti ad una pronuncia giudiziale sul merito, sussiste comunque – anche in caso di conclusione del giudizio per cessazione della materia del contendere – l'attribuzione del demerito di causa con la cosiddetta soccombenza virtuale.

Conseguentemente, la Corte d'appello aveva errato nel non valutare come, anche concludendo il giudizio con la cessazione della materia del contendere, avrebbe dovuto valutare la colpa del condominio e, ai sensi dell'articolo 91 del Codice di procedura civile, condannare lo stesso alla refusione delle spese di causa della controparte in entrambi i gradi. In accoglimento del terzo motivo di ricorso, quindi, la Cassazione annullava la decisione d'appello e rinviava al giudice di merito per una nuova celebrazione del processo.

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