Condominio

Il regolamento non prova la proprietà condominiale

In caso di contestazione va prodotto un titolo effettivo

di Rosario Dolce

Davvero interessante si rivela l’ordinanza della corte di Cassazione, sezione II; numero 10543 pubblicata in data 3 giugno 2020, in tema di regolamento condominiale e tutela delle parti comuni.

I fatti
Il caso esaminato nasceva da una contestazione che un condominio romano muoveva nei confronti di alcuni privati, laddove impedivano allo stesso di posizionare dei paletti per isolare il confine dell'area di parcheggio con la via pubblica. L'intento del condominio – a quanto si apprende dal provvedimento – era quello, per l'appunto, di inibire a costoro di lasciare l'auto in questo spazio.

Il regolamento come prova
Il fondamento dell'azione esercitata – volta, evidentemente, a negare una servitù in favore di terzi – si basava sulla previsione del regolamento condominiale.Nello specifico il condominio affermava di essere proprietario dell'area di sedime in questione in forza della previsione contenuta nel proprio “disciplinare” interno. Nulla più.

La decisione
L'azione, tuttavia, è stata respinta per carenza di prova.A questo riguardo, è stato riferito che la semplice produzione del regolamento in giudizio non è di per sé sufficiente per provare la proprietà dell'area e finanche per opporre la circostanza a terzi (come avvenuto nel caso in specie).

Non è giovato al condominio neppure il richiamo al principio per cui l'azione negatoria consterebbe di un onere probatorio di minor rigore rispetto all'azione di rivendicazione, potendo essere dimostrata la proprietà con ogni mezzo, anche mediante presunzioni. Su questo, è stato riferito che ciò non farebbe venir meno l'assunto per il quale la “proprietà” vada comunque sempre dimostrata, specie se ci sia una valida e legittima contestazione al riguardo ( Cassazione 12166/2002).

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