Condominio

Tutela penale del condominio e legittimazione ad agire in caso di abusi

La denuncia di un abuso edilizio commesso in condominio rientra tra gli atti conservativi delle parti comuni ed è di competenza non solo dell'amministratore, ma anche dai singoli condòmini

di Michele Orefice

In tema di abusi edilizi commessi in condominio si discute se la legittimazione ad agire per la tutela penale dei beni comuni spetti in via esclusiva all'amministratore o sia anche di competenza dei singoli condòmini. Tale questione si pone per una complessità di casistiche ricorrenti negli edifici condominiali, soprattutto quando i condòmini realizzano opere, che compromettono i diritti degli altri comproprietari sulle parti comuni.

Gli abusi edilizi
Per definizione, gli abusi edilizi sono opere illecite, più o meno gravi, che vengono realizzate senza il titolo richiesto o in difformità dagli atti abilitativi prescritti dal Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001) e dalle norme urbanistiche vigenti a livello regionale e comunale. Va detto, però, che in condominio un'opera può definirsi illegittima non soltanto se viola le norme edilizie e urbanistiche, ma anche quando contravviene ai divieti imposti dalle nome condominiali.

Un divieto su tutti, al netto delle previsioni regolamentari condominiali, è quello sancito dall'articolo 1122 del Codice civile, che impedisce ai condòmini di eseguire nelle loro proprietà esclusive opere che possano danneggiare, anche indirettamente, le parti comuni o arrecare altrimenti pregiudizio alla staticità o al decoro dell'edificio, per evitare così conflitti con gli interessi degli altri condòmini o del condominio.

Opere che incidono sull’utilizzo del bene comune
Tant'è vero che il proprietario interessato ad eseguire opere in grado di poter eliminare o ridurre apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune ha l'obbligo di inoltrare una preventiva comunicazione all'amministratore affinché ne riferisca all'assemblea. Si pensi, per esempio, all'installazione di una canna fumaria sulla parete condominiale o alla realizzazione di una tettoia, oppure al montaggio di una veranda, o ancora si pensi alla più complessa sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio, da parte del proprietario esclusivo del lastrico.

Vale a dire opere incidenti sulla proprietà comune, che necessitano della preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale, per essere realizzate, sul presupposto che i condòmini hanno sì facolta a servirsi della cosa comune, ma a condizione di non alterarne la destinazione e a non impedirne l'uso da parte degli altri comproprietari, così come disciplinato dall'articolo 1102 del Codice civile, in materia di comunione di beni.

Opere non autorizzate che incidono su parti comuni
Tuttavia non mancano i casi in cui la realizzazione degli interventi, da parte dei condòmini, avvenga senza informare gli altri comproprietari, anche se si tratta di opere insistenti su prospetti e facciate dell'edificio, che implicano problematiche condominiali in termini di usurpazione dei beni comuni.

In questi casi, quando un'opera viene realizzata in assenza di autorizzazione urbanistica e assembleare, soprattutto quando altera il decoro architettonico o compromette la staticità dell'edificio, si ragiona di illeciti rilevanti sotto il profilo civile, amministrativo e pure penale. Sotto il profilo normativo, l'articolo 44 del Dpr 380/2001, configura questi illeciti come reati urbanistici, sanzionati sia sul piano amministrativo, con la previsione dell'obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi, e sia sul piano penale, con la previsione di ammenda e arresto per il trasgressore.

L’amministratore reprime gli abusi in condominio
Ora, è pacifico come l'attività di repressione degli abusi edilizi in condominio rientri tra i poteri dell'amministratore, che in ragione dei suoi obblighi alla tutela conservativa dei beni comuni non potrebbe ignorare la normativa urbanistica vigente, disconoscendo le autorizzazioni necessarie per la realizzazione di opere modificative del prospetto dell'edificio.

Cosa deve fare l’amministratore per tutelarsi
Anzi, secondo un orientamento, l'amministratore che si dimostrasse inerte di fronte ad un abuso edilizio, rischierebbe addirittura di incorrere in responsabilità personali, laddove si dimostrasse, nel corso di un eventuale giudizio, che avesse avuto preventiva conoscenza dello stesso abuso (Tribunale di Napoli – sentenza 1938 del 12 febbraio 2018).

Ragion per cui, quando l'abuso edilizio è palese, conviene sempre che l'amministratore trasmetta una diffida al condomino trasgressore, per rimuovere il manufatto in costruzione e ripristinare lo stato dei luoghi, e in caso di inerzia del proprietario interessato, non potendo intervenire in proprietà privata, proceda anche a diffidare gli organi amministrativi comunali competenti a vigilare, controllare e reprimere gli abusi insistenti in condominio.

Se l’amministratore è inerte, possono agire i singoli condomini?
Il problema si pone, invece, quando l'amministratore, pur avendo avuto conoscenza dell'abuso edilizio, decida di non attivarsi nei confronti dell'esecutore, cosicché, in questi casi, si discute se i condòmini possano agire direttamente, per evitare danni e pregiudizi alla proprietà comune, oppure no.

Ragionando in tal senso va detto, innanzitutto, che, se le opere private compromettono, in modo sostanziale, la destinazione d'uso dei beni comuni, è già il codice civile a stabilire, all'articolo 1117 quater, che «l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie».

Per questa ragione, la denuncia di un abuso edilizio commesso in condominio, rientrando tra gli atti conservativi delle parti comuni, è di competenza non solo dell'amministratore, ma anche dai singoli condòmini. Il presupposto che giustifica l'intervento dei condòmini sta nel fatto che il condominio è un mero ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, e pertanto le parti comuni non risultano in proprietà di questo ente, ma in comproprietà dei singoli condòmini (Tar Lombardia sentenza 1764 del 29 luglio 2019).

Possibile l’azione civile e quella penale
In ogni caso la presenza dell'amministratore non priva i singoli condòmini del potere di agire a difesa del diritto di partecipazione al condominio (Cassazione 2050/ 2019). Tanto basta per ritenere corretto che i comproprietari proteggano i propri beni da eventuali danni, azionando la tutela delle parti comuni non soltanto in sede civile, ma anche in ambito penale.

Per quanto attiene al concetto di danno, non va inteso esclusivamente in senso materiale, ossia come modificazione della conformazione esterna o della intrinseca natura della cosa comune, ma deve essere esteso, in generale, al danno conseguente alle opere che azzerano o riducono apprezzabilmente le utilità ritraibili dalla cosa comune, anche se di ordine estetico (Cassazione 1947/1989).

Nulla osta, per esempio, alla tutela del singolo condomino in sede penale rispetto al reato di violazione di domicilio, nel momento in cui il soggetto malintenzionato si sia introdotto nell'androne e nelle scale del condominio, in quanto il condomino, essendo titolare del diritto, ha una legittimazione, quanto meno concorrente, con quella dell'amministratore, o, semmai, surrogatoria alla presentazione della querela (Cassazione penale, 49392/2019).

Le sentenze di diverso avviso
In proposito, però, secondo un diverso orientamento, più restrittivo e meno condivisibile, il condomino non potrebbe validamente proporre una querela per un reato commesso in danno delle parti comuni dell'edificio, in quanto il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni di tutti i condòmini e dunque la presentazione della querela dovrebbe essere decisa dall'assemblea condominiale (Cassazione – VI sezione penale - 41978 /2019).

Di conseguenza, seguendo questo orientamento, se l'amministratore decidesse di sporgere una querela, anziché una semplice denuncia, in assenza della necessaria autorizzazione dell'assemblea condominiale, la stessa non varrebbe ad integrare la condizione di procedibilità indispensabile in relazione al reato procedibile a querela. In generale, comunque, non è ragionevole pensare di limitare i poteri dei comproprietari alla tutela dei propri beni, impedendogli di agire, per esempio, con un'azione inibitoria, ovvero con una denuncia penale, per un'attività illecitamente perseguita in condominio, o ancora per promuovere un ricorso in sede di giurisdizione amministrativa in caso di violazione di una disposizione urbanistica.

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