Condominio

L’incarico al professionista è straordinaria amministrazione quando il costo è rilevante

Lo ha ribadito la sentenza relativa all’affidamento di un incarico professionale ad un tecnico, privo di autorizzazione assembleare rispetto all’esecuzione di parte dei lavori

di Luca Bridi

Un tecnico professionista chiedeva e otteneva un'ingiunzione di pagamento nei confronti di un condominio, sostenendo che, in virtù di una delibera dove si era unanimemente deciso di procedere all'accatastamento dei sottotetti, per la loro vendita, l'amministratore gli aveva affidato il relativo incarico ed egli perciò aveva diritto all'onorario per l'opera prestata.

Le ragioni del condominio
Il condominio si opponeva, osservando che: a) la parcella era priva del parere di congruità dell'albo di appartenenza e che, in ogni caso, non rispettava i parametri di legge; b) che l'amministratore aveva affidato l'incarico, senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea ai sensi dell'articolo 1135 del Codice civile e che, comunque, visto che l'incarico si articolava in cinque fasi, l'assemblea condominiale ne aveva riconosciuta l'esecuzione solo di due, peraltro le rimanenti non essendo state nemmeno eseguite.

La decisione
Per la sentenza del Tribunale di Milano 2293/2020 è risultata fondata l'eccezione del condominio, relativa all'originaria mancanza di autorizzazione assembleare; infatti, l'unico punto all'ordine del giorno della delibera posta a fondamento della richiesta d'ingiunzione, testualmente prevedeva «la vendita dei sottotetti a seguito del deliberato precedente assemblea: discussione ed ogni delibera conseguente: discussione ed ogni delibera conseguente», mentre la precedente assemblea richiamata mai ed in alcun modo aveva affrontato l'eventualità di conferire a terzi incarichi professionali.

Il professionista, inoltre, affermava che nel documentato disciplinare d'incarico per prestazioni professionali, l'amministratore di condominio lo avrebbe incaricato di svolgere varie attività relative all'accatastamento e che poi gli avrebbe anche affidato di redigere una tabella millesimale e di ricalcolare la planimetria catastale.

Sul punto, il condominio affermava l'inefficacia del disciplinare e degli incarichi aggiuntivi, poichè appunto privi della necessaria e preventiva autorizzazione assembleare e che inoltre erano infondate le tesi secondo cui, per l'autorizzazione sarebbe stata sufficiente la delibera precedente poichè, vista l'esigenza di vendere al più presto il sottotetto, si trattava di attività urgenti.

La giurisprudenza
Il riparto di competenze tra amministratore e assemblea condominiale, previsto dagli articoli 1130 e 1135 del Codice civile, attribuisce al primo l'autonoma gestione dei soli affari di ordinaria amministrazione, mentre la preventiva autorizzazione assembleare è necessaria per gli atti di straordinaria amministrazione, tali essendo quelli che esulano dalla “normalità” della gestione, tenuto conto anche del loro costo (Cassazione Civile 10865/2016).

Inoltre, per gli atti di straordinaria amministrazione, l'amministratore di condominio neppure può autonomamente conferire incarichi professionali (Cassazione Civile, ordinanza 20136/2017; Cassazione Civile ordinanza 33057/2018); infine, in mancanza dell'approvazione assembleare, l'atto rimane inefficace nei confronti del condominio, salvo che rivesta il carattere dell'urgenza (Cassazione Civile sentenza 2807/2017).

Alla luce di questi principi, è dunque evidente che, per essere efficace nei confronti del condominio, il conferimento dell'incarico avrebbe richiesto la preventiva autorizzazione dell'assemblea, giacché prevedeva un compenso non irrisorio e riguardava un'attività (quella di accatastamento) che non rientrava nell'ordinario svolgimento degli affari condominiali; la citata delibera assembleare non faceva invece alcun riferimento ad incarichi professionali, né può dirsi che l'autonomia dell'amministratore fosse giustificata dall'urgenza, in quanto la semplice convenienza della spedita conclusione di una vendita non costituiva causa di obiettiva indifferibilità degli accertamenti catastali.

La mancata ratifica
Sosteneva poi infondatamente il convenuto che, in ogni caso, sarebbe intervenuta la ratifica dell'assemblea condominiale; l'assemblea, in effetti, aveva approvato la tabella millesimale speciale redatta quale prestazione accessoria del disciplinare e, con delibera seguente, aveva riconosciuto al tecnico un compenso per l'esecuzione di due delle fasi, però a nulla rilevava il fatto che il convenuto fosse o non fosse stato informato di quest'ultima deliberazione, né poteva rilevare l'eventualità che qualche condomino fosse a conoscenza dell'attività prestata.

Infatti, ai sensi dell'articolo 1399 del Codice civile, l'efficacia della ratifica, espressa o tacita, del contratto concluso dal “falsus procurator” (rappresentante senza poteri) presuppone una manifestazione della volontà del rappresentato, chiara ed inequivoca, di far propri gli effetti del contratto e, trattandosi di atto recettizio, è inoltre necessario che la volontà sia comunicata alla controparte (Cassazione Civile sentenza 30938/2017 e Cassazione Civile sentenza 408/2006).

Nel caso specifico dunque si doveva escludere che fosse intervenuta ratifica del disciplinare e degli incarichi accessori, poichè il verbale dell'assemblea precisava solo che, a fronte di un mandato firmato dall'amministratore, il tecnico avanzava delle richieste di saldo per l'accatastameto dei sottotetti e che conseguentemente l'assemblea proponeva una mediazione per una cifra inferiore.

Una delibera di questo tipo non può rappresentare alcuna ratifica tacita, poichè anzitutto manca della volontà univoca di far propri gli effetti del contratto: la somma, infatti, appare invece offerta soltanto a titolo conciliativo, mentre l'incarico è menzionato in termini assolutamente generici e ambigui, in ciò assorbita la mancanza di comunicazione al convenuto.

Allo stesso modo, non può costituire ratifica la delibera successiva dove l'amministratore informava che, a fronte del mandato ricevuto, il tecnico aveva ricostruito la tabella millesimale e proponeva quindi la rettifica della stessa così come allegata al verbale; la delibera, infatti, avrebbe potuto, al più, ratificare la prestazione riguardante la “ricostruzione” della tabella millesimale, e dunque il solo riconoscimento del corrispondente compenso.

Sul punto, il giudice, ha rilevato che le censure del condominio circa l'invalidità della delibera assembleare assunta senza la maggioranza richiesta dalla legge erano infondate, dato che la mancanza della maggioranza costituisce nella specie una causa di annullabilità, che poteva essere dedotta solo impugnando la delibera nei termini previsti dall'articolo 1137 Codice civile (così, la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite 4806 del 7 marzo 2005), mentre, nella specie, la delibera si era definitivamente consolidata per mancanza di impugnazione.

L'esito
Alla luce di ciò, il Tribunale ha proceduto alla riliquidazione del compenso effettivamente spettante al convenuto per l'opera da lui svolta, sia pure in mancanza di rituale incarico, essendo innegabile e provata l'esecuzione dell'attività di accatastamento e della “ricostruzione” della tabella millesimale ed, inoltre, essendo irrilevante la mancanza del parere dell'ordine professionale.

Quindi, revocato il decreto ingiuntivo siccome emesso per somma eccedente quella riconosciuta dovuta, l'attore è stato condannato a pagare al convenuto la somma ricalcolata, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, evidenziando che il pagamento delle spese di lite del tecnico professionista è stato - nonostante l'accoglimento della domanda del condominio e la revoca del decreto tramite la rideterminazione della somma - imputato al condominio in quanto lo stesso non aveva neppure tentato di evitare la lite, pagando concretamente la somma già proposta nell'assemblea.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©