Gestione Affitti

Locazione: il contratto si risolve per canoni non pagati, ma non si ha sempre diritto al risarcimento

Bisogna provare la gravità dell’inadempimento, nel caso di specie inizialmente dovuto al Covid, poi però ingiustificatamente protrattosi

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di Selene Pascasi

In caso di risoluzione della locazione per impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile alle parti, dovendosi applicare la disciplina generale dettata dall'articolo 1463 del Codice civile, il proprietario che punti alla restituzione del bene dovrà formulare apposita domanda mentre, per ottenere il risarcimento del danno da ritardata restituzione, dovrà provare di aver subìto un effettivo pregiudizio dalla mancata disponibilità dell'immobile. Lo ricorda il Tribunale di Roma con sentenza 11336 del 30 giugno 2021.

I fatti
La controversia nasce tra due Spa. L'una chiede la convalida di sfratto per morosità all'altra, debitrice di circa 245 mila euro a titolo di mancato pagamento di canoni di locazione, residui, rimborso della metà delle spese di registrazione del contratto, conguaglio Istat e bolli, canoni a scadere fino al rilascio ed interessi di mora. Ma l'intimata si oppone e il giudice dispone il rilascio del bene con mutamento del rito. In sintesi, parte proprietaria chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice ed il rigetto della domanda di sospensione e/o riduzione ad equità del canone, oltre all'incasso delle somme dovute. Il Tribunale romano, però, aggiusta il tiro.

La convalida di sfratto
L'intimazione di sfratto per morosità, premette, rappresenta l'esercizio in forme speciali di un'azione costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento con azione di condanna del conduttore al rilascio dell'immobile ed al pagamento dei canoni ed oneri non corrisposti. Ne deriva che la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore è implicitamente contenuta e, quindi, tacitamente proposta con l'istanza di convalida dello sfratto, con la conseguenza che, su giudizio ordinario, il giudice dovrà statuire sulla pretesa risoluzione.

Parimenti, prosegue, nella domanda di convalida di sfratto per morosità ed in quella conseguente di risoluzione della locazione per inadempimento del conduttore è implicita l'istanza di rilascio. Tanto sottolineato, il Tribunale osserva che, se debba provarsi l'inadempimento di un'obbligazione, al creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento spetta dimostrare solo la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, semplicemente allegando la circostanza dell'inadempimento di controparte. Il debitore, invece, dovrà provare il fatto estintivo della pretesa ossia l'adempimento o l'impossibilità oggettiva a lui non imputabile della prestazione. Stesso criterio va applicato se il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento, si avvalga dell'eccezione di inadempimento.

La gravità dell’inadempimento
In altre parole, anche quando non si deduca l'inadempimento ma solo l'inesatto adempimento, il creditore potrà limitarsi ad allegare l'inesattezza (per violazione di doveri accessori come quello informativo, carenza di diligenza, difformità quantitativa o qualitativa del bene…) restando compito del debitore provare il corretto adempimento dell'obbligazione (Cassazione, sezioni Unite, 13533/2001). Ecco – se l'articolo 5 della legge 392/1978 dettato per le locazioni di immobili ad uso abitativo sancisce che il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza è motivo di risoluzione del contratto per inadempimento – la vicenda verte sulla locazione di immobili ad uso diverso per cui è il giudice a dover determinare a sua discrezione la gravità dell'inadempimento.

Trovano applicazione, difatti, i criteri generali ed, in particolare, l'articolo 1455 del Codice civile che subordina la pronuncia risolutoria ad un inadempimento di non scarsa importanza di una delle parti, avuto riguardo all'interesse dell'altra. Ne deriva che la morosità per omesso pagamento di canoni, pur integrando la violazione di un obbligo primario, non sarà inadempimento necessariamente grave dovendosene comunque accertare l'idoneità a sbilanciare l'economia del contratto sopprimendo l'interesse del locatore a mantenerlo vivo. Ebbene, nella situazione concreta, era grave il mancato pagamento dei canoni e degli altri importi ed andava esclusa l'impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore. Si trattava, perciò, di un inadempimento totale, definitivo, grave e non giustificabile neanche ai sensi dell'articolo 91 del Dl Cura-Italia.

La risoluzione del contratto conseguente
Di qui, l'accoglimento della domanda attorea con dichiarazione di risoluzione del contratto a far data dall'inadempimento. Del resto, aggiunge il giudice, in materia locatizia la grave situazione epidemiologica ed i provvedimenti limitativi della libertà di iniziativa economica emanati per effetto della diffusione del virus Covid-19 non configurano un'ipotesi d'impossibilità sopravvenuta. Illegittima, poi, l'unilaterale sospensione o autoriduzione dei pagamenti vista la clausola del solve et repete (paga e chiedi la restituzione).

Quanto alla riconvenzionale formulata dalla conduttrice per eccessiva onerosità sopravvenuta, il Tribunale ricorda che nei contratti commutativi ad esecuzione continuata o periodica, se lo squilibrio delle prestazioni dipenda da fatti straordinari ed imprevedibili, la parte può chiedere la risoluzione del contratto e l'altra può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni o accrescere l'ammontare della sua prestazione per riportare il contratto ad equità.

Conclusioni
Ragion per cui, la domanda della Spa conduttrice – che evocava il rimedio per il netto abbattimento del fatturato del suo negozio, paralizzato dalle misure pandemiche – era fondata ma alcuni nodi restavano. Il ritardo nel versamento dei canoni di aprile e maggio 2020 era legittimo e lo era per tutto il lockdown ma non lo era più dall'apertura alla proposizione della domanda. Il Tribunale, allora, accoglie la domanda attorea per quanto di ragione, dichiara risolto il contratto locatizio a causa dell'inadempimento grave e colpevole della conduttrice e accoglie la riconvenzionale di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

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