Gestione Affitti

In caso di infiltrazione d’acqua da parti comuni il danno da mancato godimento è automatico

Il danno non patrimoniale discende dalla impossibilità di conseguire integralmente l'utilità ricavabile dal bene

di Rosario Dolce

La Cassazione, con l'ordinanza del 09 ottobre 2010 numero 21835, chiarisce un importante principio in tema di risarcimento danni da infiltrazioni di acqua derivanti da parte comune di edificio condominiale, rispetto al cosiddetto danno non patrimoniale. I giudici di legittimità, in particolare, hanno stabilito che il danno subito dal proprietario per l'indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa – cioè, nella stessa natura della cosa - purché inteso in senso descrittivo, cioè inerente al pregiudizio che discende dall'impossibilità stessa di disporre del bene.

L’ambito probatorio
L'errore che, in genere si commette, nella fase di merito – per come rilevato, rispetto la sentenza cassata della Corte di appello di Palermo - è quello di confondere e sovrapporre la mancata prova dei tentativi di locare l'immobile, con il diverso fatto della oggettiva inidoneità dell'immobile a qualsiasi utilizzazione .

Va da sé che resta fermo per il condòmino danneggiato di provare, con l'ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, «… ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell'immobile, l'avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cassazione 25898/2016; Cassazione 15238/2008).

La decisione
In conclusione è stato ribadito il principio secondo cui (così come nel caso di occupazione illegittima di immobile, ovvero di limitazione abusiva dell'esercizio del diritto di proprietà) il danno non patrimoniale discende dalla mancata libera disponibilità del bene, e dalla impossibilità di conseguire integralmente l'utilità da esso ricavabile (Cassazione 21239/2018;Cassazione 20545/2018; Cassazione 12630/2019; Cassazione 20708/2019).

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