Gestione Affitti

Affitti brevi e Airbnb crescono il doppio degli hotel ma la banca dati fiscale non c’è

di Cristiano Dell’Oste e Michela Finizio

La corsa degli affitti brevi continua, ma la legge e la burocrazia non tengono il passo. Secondo l’Istat, nel 2018 la crescita dei turisti nelle strutture extralberghiere ha doppiato quella degli hotel (+6,5% contro +3,2%). E il trend sembra proseguire.

La banca dati unica nazionale per monitorare il settore, però, è ancora sulla carta. Manca il decreto attuativo atteso entro fine luglio. E non c’è traccia neppure del provvedimento – da emanare entro settembre – per regolare il flusso di dati dal portale AlloggiatiWeb alle Entrate, per i controlli antievasione fiscale.

Banca dati e codice unico ancora lontani

Il ritardo della banca dati – che conterrà il codice identificativo unico – dipende anche dal cambio di Governo. Con il Conte-2, infatti, la competenza sul turismo è tornata al ministero dei Beni culturali, ma il passaggio del personale e degli uffici scatterà solo dal 1° gennaio. Come ha riferito il 22 novembre alla Camera il sottosegretario Lorenza Bonaccorsi, il decreto è «allo studio», ma serve un confronto con le Regioni e un’analisi su privacy e cybersicurezza.

In effetti, in diverse Regioni è già obbligatorio inviare una comunicazione al Comune per dotarsi di un codice identificativo dell’alloggio (si veda l’articolo in basso), necessario per monitorare i flussi turistici.

Il tutto con un iter burocratico che si affianca agli altri già previsti a livello nazionale: da un lato, l’inserimento delle generalità degli ospiti, entro 24 ore dall’arrivo, sul portale AlloggiatiWeb della Polizia di Stato; dall’altro, la comunicazione dei dati alle Entrate e la ritenuta da parte degli intermediari (previsti dal Dl 50/2017, anche se Airbnb e altri portali web non si adeguano).

Tre iter diversi, insomma, che la banca dati potrebbe snellire. In linea con le richieste delle associazioni (Prolocatur, Host+Host e Host Italia) che da tempo chiedono un’unica comunicazione.

Le regole locali e il contratto-tipo

Questo groviglio spesso manda in tilt gli host che vogliono rispettare la legge e non disincentiva chi sceglie il sommerso. Anche perché alcune Regioni e Comuni – nel definire adempimenti o tributi – si spingono fino a dire quando l’attività configura un’impresa. Una mossa criticabile, perché la cedolare al 21% spetta solo ai privati, ma sopratutto perché la definizione di imprenditore tocca al Codice civile (come confermato con l’ interpello 373/2019 delle Entrate ).

Non è un caso, forse, che il decreto dell’Economia chiamato nel 2017 a definire quando l’attività è imprenditoriale non sia stato emanato.

C’è poi il fronte del contenzioso condominiale (si veda l’articolo a fianco). Ma qui un aiuto ai locatori potrebbe arrivare con la pubblicazione, dopodomani, del contratto-tipo promosso dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Un modello che, nelle linee guida, suggerisce tra l’altro al locatore un set di regole pratiche per l’inquilino (divieto di fumo, orari, animali, eccetera).

Il mercato diventa più «professionale»

Come confermato mercoledì scorso dall’Istat, lo sviluppo del web ha favorito gli arrivi degli stranieri, soprattutto nel settore extralberghiero (+8% sul 2017 contro +3,2% negli hotel), tanto da doppiare quasi le notti prenotate dagli italiani. Anche la permanenza media in bed and breakfast e case vacanze è più alta (4,8 notti contro le 2,9 negli alberghi), a fronte di una spesa giornaliera più bassa (71 euro contro 104).

«Le case inutilizzate conoscono una seconda giovinezza accogliendo turisti internazionali pronti a investire soprattutto in esperienze, di cui beneficiano le economie locali», afferma Marco Celani, Ad di Italianway, società di property management.

Il boom dell’hospitality, in effetti, va di pari passo con la crescita delle società specializzate e attira investitori. Spiega Rocco Lomazzi, founder e Ceo di Sweetguest: «Sono ancora una nicchia, ma collaboriamo con investitori istituzionali, interessati al settore, come grandi family office italiani e fondi immobiliari attratti dai rendimenti del settore».

Secondo Lomazzi, in bassa stagione i tassi di occupazione delle case si assestano sul 55%, ma in alta stagione o durante gli eventi arrivano al 90%, e per case ben ubicate e con un taglio medio-grande la redditività può superare il 100% rispetto all’affitto lungo.

«La gestione online – aggiunge Celani – consente di intercettare viaggiatori top spender laddove non si sarebbero mai avventurati. Ma cresce anche la ricettività tradizionale, a riprova che i due segmenti non sono antitetici ma complementari».

Rischio evasione e concorrenza selvaggia

Un aspetto curioso è che ora anche gli operatori professionali dell’affitto breve lamentano la concorrenza sleale di chi offre, ad esempio, monolocali in centro a Milano a 35 euro a notte (probabilmente aggirando obblighi di comunicazione e fiscali). Un’accusa che riecheggia quelle lanciate da Federalberghi. E che testimonia l’evoluzione del mercato.  

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