Condominio

Opposizione a decreto ingiuntivo per debiti in condominio: occhio a formulare i motivi di ricorso

La violazione normativa va circostanziata

di Ivana Consolo

Una delle più comuni e frequenti ragioni per cui i condòmini si rivolgono ai giudici, è la contestazione degli importi che il condominio ingiunge loro di pagare. Ma per opporsi ad un decreto ingiuntivo, occorre avere argomenti ben strutturati, e saperli esporre con le dovute e corrette forme negli atti difensivi che vengono predisposti. Con l'ordinanza civile numero 9262, emessa dalla seconda sezione della Cassazione in data 22 marzo ultimo scorso, i giudici di Piazza Cavour dettagliano la corretta redazione dei motivi di ricorso.

La vicenda
Come sempre, partiamo dalla vicenda che fa da sfondo alla pronunzia in esame. Ebbene, dinanzi al Giudice di pace di Napoli, veniva spiegata opposizione al decreto ingiuntivo che un condominio aveva chiesto ed ottenuto nei confronti di uno dei condòmini, per il recupero coattivo di oneri condominiali. Il Giudice di pace, respingeva l'opposizione del condòmino, che dunque si rivolgeva al Tribunale in sede di appello. Anche in secondo grado, venivano disattese tutte le sue istanze; più precisamente: non veniva preso in alcuna considerazione l'importo che il condòmino a sua volta vantava quale credito nei confronti del condominio; e si faceva leva sulla circostanza che la delibera assembleare che aveva approvato il riparto di spesa da cui si originava il credito condominiale, non fosse mai stata contestata dal condòmino debitore.

Il condòmino decideva così di rivolgersi alla Cassazione.Vediamo quali sono le argomentazioni difensive sottoposte al vaglio degli ermellini. Anzitutto, il ricorrente sostiene che i presupposti legittimanti il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, erano pressoché inesistenti. Difatti, ritiene del tutto mancante una valida delibera di approvazione del rendiconto e della relativa ripartizione, in quanto si era proceduto sulla scorta di tabelle millesimali sbagliate. Viene quindi invocata la corretta applicazione dell'articolo 1123 del Codice civile.Poi, il condòmino ritiene di dover fare valere l'omessa considerazione, da parte del Tribunale partenopeo, dell'esistenza di un credito che il ricorrente avrebbe ben potuto compensare con il credito vantato dal condominio.

Le precisazioni della Cassazione
Investiti della vicenda, i giudici di Piazza Cavour procedono all'esame dei motivi di ricorso cui si è fatto precedentemente cenno.Partendo dalle considerazioni sulle delibere assembleari, la Cassazione si richiama a tutti i suoi precedenti orientamenti, e ribadisce quanto segue: in assenza di specifica contestazione di una delibera di assemblea, il giudice chiamato a pronunziarsi in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, deve semplicemente limitarsi a prendere in considerazione la perdurante validità ed esistenza della delibera in questione.

Se una delibera approva un rendiconto ed il relativo riparto, sulla scorta di tabelle millesimali adottate dall'amministratore in deroga a quelle esistenti e vigenti fino a quel momento, in assenza di contestazione, quella delibera deve essere considerata pienamente valevole. Difatti, se si volesse contestare la sua validità, bisognerebbe impugnarla nel termine tassativo di cui all'articolo 1137 del Codice civile (30 giorni), trattandosi di ipotesi di annullabilità della delibera, e non di sua nullità. Niente di tutto ciò è stato fatto dal ricorrente, che si è limitato a sollevare la questione senza mai procedere ad effettiva impugnativa del deliberato di assemblea.

I motivi di ricorso
Bene ha dunque deciso il Tribunale nel considerare valevole la delibera da cui si è originato il decreto ingiuntivo per cui si controverte. Ma la Cassazione va oltre, e procede con il fare una precisazione importante in termini di corretta individuazione dei motivi di ricorso. Infatti, «rimprovera» il ricorrente laddove, nel proprio atto difensivo, abbia ritenuto di poter invocare la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1123 del Codice civile. Per facilità di comprensione, si ricorda che trattasi della norma che disciplina la modalità di ripartizione degli oneri condominiali, individuando nel valore della porzione di proprietà di ciascuno, il criterio fondamentale a cui attenersi.

Ebbene, la Cassazione precisa che, quando si invoca la violazione e falsa applicazione di legge, occorre anzitutto conoscere l'esatta portata di tale motivo di contestazione; si ha infatti violazione di legge, ogni volta che in una sentenza si proceda ad un'erronea ricognizione della fattispecie astratta contenuta in una norma, quindi ad un'erronea interpretazione della stessa. Per fare valere tale vizio, non basta semplicemente indicare la norma che si assume violata o falsamente applicata, ma occorre individuare in modo specifico i passaggi della sentenza che si assumono in contrasto con la lettera della legge, e con l'interpretazione corretta che le prevalenti dottrina e giurisprudenza ne hanno fornito.

La violazione non va mai indicata genericamente
Tornando al caso di specie, il ricorrente, dopo avere invocato la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1123 del Codice civile, non ha provveduto ad individuare gli specifici punti della sentenza in cui tale presunta violazione sia in concreto avvenuta; né tantomeno ha proceduto con l'illustrazione di precedenti giurisprudenziali tali da avallare la bontà della sua posizione processuale. Alla luce delle suesposte considerazioni, il principale motivo di ricorso del ricorrente non è meritevole di accoglimento alcuno.

Venendo ora alla mancata considerazione del credito da compensare, anche qui la Cassazione precisa: quando si intende in ricorso fare valere l'omessa valutazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza, o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo per l'esito della controversia, il ricorrente non deve semplicemente limitarsi ad indicare il fatto storico omesso. L'atto difensivo deve avere un contenuto ben più pregnante: deve indicare il dato testuale o extratestuale da cui risulti il fatto storico; il come ed il quando sia stato oggetto di discussione processuale; e la sua decisività ai fini della controversia.

Conclusioni
Anche da questo punto di vista, nulla è stato fatto dal ricorrente, che si è semplicemente limitato ad indicare l'esistenza di un importo a titolo di suo credito verso il condominio, invocandone la compensazione. Di converso, il condominio, in corso di causa, ha prontamente provveduto a ridimensionare l'importo indicato dal ricorrente, evidenziando altresì che lo stesso risultasse riportato in un documento per nulla qualificabile come fattura, poiché privo di numero, di codice fiscale del condominio, e di altri elementi che lo potessero rendere adatto a dimostrare l'esistenza di un qualche rapporto di dare-avere tra le parti.In conclusione, è chiaro ed evidente che il ricorso del condòmino non merita accoglimento su nessun fronte; tuttavia, ha reso possibile l'emissione di un'ordinanza decisamente istruttiva.

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