Condominio

Chi si distacca dal riscaldamento è esonerato dalle spese solo se l’impianto non si rivela comune

Altrimenti deve sempre pagare i costi di manutenzione extra, di conservazione e messa a norma

di Selene Pascasi

Si può rinunciare all'uso dell'impianto centralizzato, di riscaldamento o di condizionamento, se dal distacco non derivino gravi squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri ma in ogni caso ciò non esonera dal concorrere al pagamento delle spese di manutenzione extra, di conservazione e messa a norma. Lo afferma il Tribunale di Perugia con sentenza 1373 del 18 ottobre 2021.

I fatti
Apre il processo una Srl, contestando su più fronti l'operato dell'assemblea. Tra le lamentele, denuncia l'illegittimo addebito di consumi per il riscaldamento e fittizie spese di manutenzione della centrale termica. Ciò, nonostante se ne fosse da tempo distaccata. Il giudice perugino, soffermatosi in prima battuta sull'eccepito difetto di regolare convocazione alla riunione e sull'ammissibilità della domanda di accertamento della nullità delle delibere opposte – annullando una delibera per violazione dei termini di convocazione e dichiarando inammissibile, perché tardivamente proposta, la domanda di nullità o annullamento delle altre deliberazioni – coglie l'occasione per fare il punto della questione.

In particolare, ricorda, fermo il legittimo diritto del condomino di distaccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento senza alcuna necessità di autorizzazione od approvazione da parte della compagine, egli è comunque obbligato a contribuire ai costi per la conservazione dell'impianto. Nel dettaglio, il rinunziante, padrone della sua decisione purché dal distacco non derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri, rimane vincolato alle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma. Ecco che, nella vicenda, la circostanza del distacco (peraltro incontestata tra le parti) non influiva sull'addebito di oneri riferibili alla manutenzione del comune impianto di riscaldamento.

Esonero solo se l’impianto non è comune
Non solo. Posto che a tutti era noto che la società non utilizzasse il calore proveniente dall'impianto centralizzato al fine di riscaldare i propri locali, era stata stabilita una quota forfettaria unicamente per il ristoro dei costi di manutenzione della caldaia e di dispersione dell'impianto stesso. Viene respinta, così, la difesa formulata dalla Srl agganciatasi alla pronuncia di Cassazione 22634/2019 per la quale è nulla (perciò non soggetta a termini d'impugnazione) la delibera che addebiti le spese di riscaldamento ai proprietari di locali non serviti dall'impianto di riscaldamento. In quell'occasione, difatti, si discuteva di un rifiuto alla contribuzione motivato dall'addotta natura non comune dell'impianto.

Fattispecie ben diversa da quella concreta, nel cui ambito la tesi non poteva avere alcun senso, non trattandosi di unità immobiliari non servite fin dall'origine dall'impianto di riscaldamento bensì della semplice verifica della corretta contabilizzazione dei costi di manutenzione dell'impianto. In pratica, la lite non concerneva dei diritti individuali dei condòmini ma meri calcoli sul riparto delle spese. Era, allora, inevitabile ricondurre l'eventuale vizio della delibera ad un'ipotesi di annullabilità e non di nullità, con tutte le conseguenze circa l'avvenuta prescrizione dell'impugnativa. Queste, le ragioni sottese alla soluzione adottata dal Tribunale.

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