Condominio

Esonero delle spese a favore del costruttore-condomino

In caso di immobili invenduti si può prevedere nel regolamento contrattuale ma non può mai essere un esonero illimitato

di Davide Longhi

In ambito condominiale può accadere che il costruttore venga esonerato dalle spese condominiali per quanto riguarda gli appartamenti invenduti (e di cui, pertanto, è rimasto proprietario), quindi che la sua pro-quota venga addebitata agli altri condòmini -escluso così il costruttore - determinando un indubbio vantaggio patrimoniale a favore dello stesso costruttore. Questo esonero delle spese condominiali può riguardare sia le spese ordinarie che straordinarie, e può essere concepito senza un preciso termine finale di efficacia, prevedendo che l'esonero abbia validità sino a quando non siano alienate le unità immobiliari di proprietà del costruttore. Inoltre, l'esonero può essere previsto sia nei singoli atti di acquisto dei condòmini che nel regolamento di condominio, con una clausola che ha valenza contrattuale.

I casi di esonero dalle spese
La disciplina generale in tema di condominio prevede che «…la disciplina sul riparto delle spese inerenti ai beni comuni, ex articoli 1123-1125 Codice civile, è suscettibile di deroga con atto negoziale. È, dunque, legittima una convenzione che ripartisca siffatte spese tra i condòmini in misura diversa da quella legale, potendosi addirittura stabilire l’esenzione totale o parziale per taluno dei condòmini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest’ultima ipotesi, ossia di esenzione totale dall’onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese, incluse quelle di conservazione, in ordine ad una determinata cosa comune, ad esempio l’ascensore, si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condòmini della presunzione di comproprietà su quella determinata parte dell’edificio. Ne deriva che, in assenza di una tale previsione contrattuale, la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti i condòmini alle decisioni concernenti detto bene…»(Cassazione 15697/2015. In precedenza Cassazione 5975/2004).

Il caso del costruttore esonerato
A questo punto ci si pone la seguente domanda: può dirsi legittima una simile condizione tenuto conto che il costruttore è un condomino fino alla completa vendita di tutte le unità immobiliari e che i principi generali in tema di condominio consentono un tale esonero? Il regolamento contrattuale firmato dai condòmini al costruttore è configurabile come un esempio di convenzione tra le parti. In origine la giurisprudenza ammetteva tale diritto anche per fatti concludenti, cioè, attraverso una univoca manifestazione tacita di volontà, da cui possa desumersi un determinato intento, conferendogli un preciso valore contrattuale (Tribunale di Bari, 1470/2008), con la conseguenza che non si dubita della sua validità ed efficacia quando tale volontà sia ben esplicitata per iscritto; «…la clausola di regolamento che esonera un condomino dalle spese non è vessatoria purché non sia a favore dello stesso costruttore-venditore…» (Cassazione 19832/2019).

La stessa Corte ha più volte affermato che le norme del Codice del Consumo siano applicabili alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall'originario unico proprietario dell'edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale da quello svolta, e sempre che il condomino acquirente dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta lo status di consumatore, agendo per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale tra le tante Cassazione 16321/2016; Cassazione 10086/2001).

Esonero legittimo, ma solo per due anni
È stato quindi affermato il principio per il quale i rapporti tra i condòmini ed il costruttore siano riconducibili a quelli tra consumatori e professionisti. Perciò ad essi è senz'altro applicabile la disciplina prevista dal Codice del Consumo. In sintesi: quindi, se da un lato è legittimo l'esonero in favore dell'originario costruttore, parziale o totale, dalle spese condominiali che maturano sulle unità immobiliari invendute, purché previsto dal regolamento contrattuale, dall'altro, lo stesso non può avere una durata superiore ai primi due anni finanziari del condominio, a decorrere dalla data del primo atto di compravendita (Cassazione 5975/2004).

Il vantaggio del condomino/acquirente/consumatore
La clausola non sarà considerata vessatoria (quella di esonero) – stante le norme sul Codice del consumo - qualora l'imprenditore fornisca la difficile prova che la stessa abbia formato oggetto di specifica trattativa con il consumatore/acquirente. Inoltre, che quest'ultimo abbia ricevuto in cambio vantaggi pari o superiori rispetto a quelli persi, nel senso che il condomino/acquirente/consumatore in sede di acquisto deve acquisire un vantaggio patrimoniale a seguito dell'“accollo” delle spese condominiali di spettanza del costruttore per le unità non vendute; in assenza della specifica approvazione la clausola deve considerarsi nulla e/o inefficace per contrasto con le norme del Codice del Consumo.

Il costruttore dovrà provare:
a)che il regolamento ha natura contrattuale e l'esistenza della clausola di esonero;
b)prova dell'informativa in capo all'acquirente/consumatore la cosiddetta specifica trattativa;
c)che l'esonero abbia ricevuto la cosiddetta doppia sottoscrizione tipica delle clausole vessatorie ex articolo 1341 e 1342 e seguenti Codice civile.
Il tutto senza dimenticare che l'azione per far accertare la vessatorietà in sede contrattuale di compravendita deve essere esercitata dal singolo condomino quale parte del contratto di compravendita che contiene (espressamente e/o per richiamo in atto) la clausola di esonero delle spese. La clausola di esonero dal pagamento delle spese condominiali a favore del costruttore può anche essere giuridicamente ricostruita come condizione posta nell'esclusivo interesse del costruttore se stabilita senza un limite temporale (esempio: sino a quando non siano vendute).

La necessità che l’esonero abbia un termine
Tuttavia, è pacifico che, ove la condizione sia stipulata nell'interesse esclusivo di una delle parti contraenti, la parte nell'interesse della quale essa è convenuta può rinunciarvi in ogni tempo, circostanza questa che non sarà mai attuata dal costruttore. L'esonero, tuttavia, non può avere una durata illimitata, come avviene nella fattispecie in esame, a decorrere dalla data del primo atto di compravendita. L’articolo 1355 Codice civile sanziona con la nullità l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata ad una condizione sospensiva «…meramente potestativa», il cui avveramento, cioè, è rimesso alla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, del debitore… (che nel caso di specie è il costruttore)».

Pattuizioni di questo tipo possono considerarsi nulle ai sensi dell’articolo 1355 Codice civile, proprio perché l’obbligo del costruttore di sostenere le spese condominiali è sospensivamente condizionato al verificarsi di un evento (la vendita delle unità immobiliari) che dipende esclusivamente dall’arbitrio del costruttore stesso.In tal senso si rileva che la Corte d'appello di Genova 29 agosto 1996, n. 728, ha affermato che «… l’esenzione del proprietario/impresa costruttrice da ogni spesa di amministrazione e gestione senza l’apposizione di un termine finale deve ritenersi illegittima in quanto idonea a protrarre illimitatamente una situazione di abnorme privilegio per effetto della mera volontà della parte favorita, essendo tutt’altro che inverosimile l’ipotesi che una società immobiliare abbia interesse a non vendere e a non affittare locali facenti parte di un condominio, per esempio in attesa di una prevista lievitazione dei prezzi, proprio in ragione dell’esenzione delle spese precostituite a suo favore…».

La recente giurisprudenza di merito è intervenuta sul punto con due recenti sentenze Tribunale Roma, 16 febbraio 2021, n. 2786 e Tribubunale Brescia, 4 agosto 2021, n. 1382: queste due sentenze giungono ad affermare la non validità della clausola di esonero come segue. Secondo il Tribunale di Roma: per violazione dei presupposti di validità sanciti dal combinato disposto degli articoli 1418 comma 2 e 1325 n. 2 Codice civile«…l’attribuzione di un sacrificio economico, che va a vantaggio della società costruttrice, solo in capo agli altri condòmini non trova alcuna giustificazione nel fatto che il condòmino «privilegiato» sia stato il proprietario originario dell’intero fabbricato; in tal modo, infatti, una pura e semplice condizione soggettiva (che in ipotesi potrebbe essere anche meramente casuale) si erge a causa di discriminazione economica, comportando l’impoverimento degli uni (i condòmini non esonerati) e il corrispondente arricchimento dell’altro…».

Il giudice pone un problema di una convezione contrattuale (clausola di esonero) priva di una causa giustificatrice nell'assetto negoziale tra le parti, anche se la clausola è stata redatta con la caratteristica della contrattualità ex articolo 1123 comma 1 Codice civile. Secondo il Tribunale di Brescia la pattuizione in oggetto «…incontra il limite della natura vessatoria della suddetta clausola in forza dell’applicabilità ratione temporis, ovvero limitata ad un detto momento, della disciplina dettata negli articoli 1469-bis e seguenti Codice civile al rapporto contrattuale tra l’impresa costruttrice-venditrice, da qualificarsi quale professionista, ed i singoli acquirenti delle unità immobiliari, da qualificarsi quali consumatori, laddove i contratti di compravendita siano stati da questi ultimi stipulati al fine di destinare i singoli immobili a finalità personali e non già professionali. Siffatta considerazione ha ricevuto l’avallo del Giudice di legittimità già con una pronuncia emessa tempo addietro (Cassazione 5975/2004) e, più di recente, con una pronuncia ulteriore (Cassazione 16321/2016) …».

Secondo il Giudice una tale clausola determina uno «…squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi in senso sfavorevole al contraente consumatore in relazione al concreto assetto degli interessi raggiunto tra le parti…».Le due sentenze qui in commento si discostano dall'orientamento consolidato e costante della giurisprudenza di legittimità sopra citato secondo cui i criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'articolo 1123 Codice civile possono essere derogati, ma poggiano l'inefficacia della clausola di esonero sotto un profilo di assenza di causa contrattuale ex articolo 1325 Codice civile meritevole di tutela per l'evidente ragione dello «…squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi in senso sfavorevole al contraente consumatore…».

La diversa causa contrattuale
In merito alla causa contrattuale, la giurisprudenza e la dottrina hanno elaborato varie teorie.
Teoria della funzione o teoria oggettiva: la causa è la funzione economico sociale del contratto. Funzione che si risolve nella sintesi dei suoi effetti essenziali. Ad esempio: la causa della vendita è lo scambio di cosa contro prezzo; lo scambio è la sua funzione economica e sociale, ed è, altresì, il suo effetto essenziale. Ogni contratto tipico ha una causa tipica giudicata meritevole di tutela dal legislatore. Il contratto atipico, invece, necessita di un'indagine sulla meritevolezza dell’interesse. Ogni contratto tipico ha, dunque, una sua causa, mentre per i contratti atipici è necessaria un’indagine caso per caso.
Teoria soggettiva: la causa è lo scopo delle parti, ma non qualsiasi scopo, bensì solo lo scopo ultimo, quello oggettivato nel negozio. Per la vendita, ad esempio, è lo scambio di cosa contro prezzo. Nella donazione la causa è ravvisata nell’animus donandi.
Teoria della funzione economico individuale o dello scopo pratico: la causa è nello scopo pratico ovvero nella funzione economico-individuale del contratto. Gli autori che sostengono questa tesi ritengono che essa sia idonea a superare gli inconvenienti sia della teoria soggettiva (che fa coincidere causa e motivi) sia della teoria oggettiva (che trascura lo scopo delle parti). Ogni negozio, infatti, ha, si, una funzione, ma bisogna poi tener conto anche degli scopi pratici in vista del quale l’operazione è conclusa.
Teoria della meritevolezza dell’interesse: il contratto deve essere funzionalizzato all’interesse sociale, cioè deve perseguire un interesse socialmente utile. Questa teoria vede nella meritevolezza dell’interesse un limite positivo, nel senso che serve da stimolo ai contraenti affinché stipulino contratti utili per la società, vietando i contratti stipulati per capriccio o futili.La giurisprudenza, per anni, ha seguito la teoria della funzione economico sociale.

Attualmente però alcune sentenze, giudicando obsoleta la teoria oggettiva della funzione, hanno accolto le tesi di Gazzoni e Bianca, aderendo alla tesi della «funzione economico individuale o scopo pratico», senza avvedersi che essa è assolutamente identica a quella di Betti e Pugliatti e tutti gli aderenti alla teoria oggettiva. La giurisprudenza (Cassazione 10490/2006) afferma che la tesi oggettiva della funzione economica sociale non è più al passo coi tempi, dovendosi pervenire ad un concetto più moderno che tenga conto anche degli interessi concreti delle parti e meritevoli di un interesse tutelato dall'ordinamento giuridico; la teoria della funzione economico-sociale (teoria oggettiva), sostenendo che un contratto ha una sua causa solo perché ha una funzione economica, e sociale, dal punto di vista astratto, trascura i concreti interessi dei contraenti.

Accogliendo la tesi oggettiva, infatti, si giunge addirittura ad affermare, ad esempio, che un contratto tipico non può mai avere causa illecita, essendo presente una causa in senso astratto. In tal senso la causa può quindi essere intesa, in senso più moderno, come la sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a perseguire. Sintesi, precisa la Corte, della dinamica contrattuale, e non della volontà delle parti.In conclusione, sotto questo profilo nella clausola di esonero delle spese condominiali manca la causa del contratto, in quanto il contratto stipulato (clausola di esonero) è privo di un interesse concreto delle parti. Manca cioè la funzione concreta (non quella economica o sociale) della pattuizione, e questo orientamento è stato seguito dalla due recenti sentenze di merito qui in commento, che hanno confermato il principio in tema di causa contrattuale espresso dalla sentenza della Corte di Cassazione (Cass. n. 8100/2013), quindi può ritenersi che questa impostazione debba darsi per acquisita.

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