Condominio

Il sottotetto è condominiale, fino a prova contraria

Va valutata anche l’utilità dello stesso al servizio di altri condòmini

di Edoardo Valentino

Il Codice civile definisce con un elenco esaustivo, ma non tassativo, all'articolo 1117, le parti comuni del condominio. Tale elencazione enumera tutte le parti che sono naturalmente asservite allo stabile e ai suoi occupanti, come le scale, l'ascensore, il tetto, gli androni, la facciata, gli impianti e molti altri. Come detto, poi, l'elenco non è definitivo in quanto ogni parte asservita alle proprietà private con un rapporto di strumentalità verso le stesse può essere definita parte comune. Esiste anche la possibilità di un caso contrario, ossia una parte apparentemente comune che invece ha natura di parte privata.

In molti casi, come quello che verrà di seguito descritto, il sottotetto – pur elencato come parte comune dalla norma citata – può essere considerato una parte privata sussistendo sufficienti prove per scardinare la cosiddetta presunzione di condominialità.La parte in questione, quindi, risulta condominiale fino a prova contraria.Per comprendere quali siano i limiti e l'applicazione in concreto di tale disciplina è utile analizzare la sentenza Cassazione civile sezione sesta, 7 dicembre 2021, numero 38807.

I fatti e le pronunce di merito
La vicenda a monte della decisione citata riguardava l'azione intentata da una condomina, che contestava la presunta appropriazione di un sottotetto da parte della vicina dell'appartamento soprastante.Questa, adita in giudizio, si difendeva affermando come il sottotetto fosse di proprietà privata e che, quindi, fosse valido l'atto di vendita da lei stipulato in favore di un terzo soggetto, il quale aveva acquistato dalla convenuta sia l'appartamento che il sottotetto.I giudici di merito, tanto il Tribunale quanto la Corte d'appello, accoglievano la domanda della condomina attrice dichiarando la condominialità del bene.

Il ricorso alla Suprema corte
Il terzo acquirente, a seguito della duplice soccombenza, impugnava la decisione d'appello in Cassazione con ricorso nel quale sosteneva, in buona sostanza, come i giudici del riesame avessero errato nel valutare non superata la presunzione di condominialità.Egli, infatti, affermava di avere prodotto in giudizio l'atto costitutivo del condominio dal quale non si sarebbe dedotta la presenza del sottotetto come parte comune.La Corte d'appello, poi, avrebbe violato l'articolo 1117 del Codice civile ritenendo erroneamente come il sottotetto fosse di natura «oggettivamente condominiale».Con la sentenza in commento la Cassazione rigettava il ricorso del terzo acquirente.

Sotto un primo profilo, infatti, gli ermellini valutavano come la presunzione di condominialità non potesse in alcun modo dirsi superata dalle produzioni documentali della parte ricorrente. Al fine di superare detta produzione, infatti, sarebbe servito un titolo idoneo a consentire di affermare che la sua dante causa (ossia la condomina convenuta nel primo grado di giudizio) avesse avuto la piena proprietà del manufatto.Al contrario, sosteneva la Corte, il manufatto appariva decisamente asservito allo stabile, dato che questo conteneva due serbatoi d'acqua utili a tutti i condòmini e presentava due lucernari fonte di luce per il corpo scala condominiale dalla quale solo si poteva accedere dal sottotetto stesso.

La stessa norma dell'articolo 1117 del Codice civile afferma infatti che sono (salvo prova contraria) parti comuni «i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune». Tali valutazioni, già fornite dalla Corte d'appello, costituivano inoltre un accertamento di fatto non demandabile alla Cassazione.Il rigetto del ricorso, quindi, derivava in ultima analisi dal mancato superamento della presunzione di condominialità, ossia dell'impossibilità di fornire prova che il sottotetto fosse di proprietà privata, invece che parte comune.

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