Condominio

Beni comuni: in caso di deterioramento per uso eccessivo scatta l'inibizione

Rientra nell’alterazione della destinazione d’uso del bene il danneggiamento conseguente ad un utilizzo troppo frequente

di Ivana Consolo

In condominio vige la regola generale secondo cui, ciascun condòmino, senza snaturare la funzione e la destinazione dei beni comuni, ha facoltà di fruirne e goderne in maniera tale da consentire a tutti il medesimo diritto. È tuttavia possibile che, uno o alcuni condòmini, anche in considerazione delle attività cui vengono adibite le proprie unità immobiliari, possano essere indotti ad un uso più intenso del bene comune. La domanda quindi è: esistono limiti oltre i quali si sconfina nell'abuso che rende necessaria l'inibizione? Vediamo cosa ci dice al riguardo la Cassazione, seconda sezione civile, con l'ordinanza numero 28080 del 14 ottobre 2021.

I fatti
La vicenda che fa da sfondo alla pronunzia in esame è la seguente: venivano citati in giudizio alcuni condòmini proprietari di locali adibiti ad autorimessa, affinché venisse loro inibito l’attraversamento e la fermata degli automezzi lungo il cortile condominiale. La Corte di appello di Bari accoglieva il ricorso e, con la sola eccezione di motivi di soccorso ed ordine pubblico, inibiva agli appellati l’attraversamento e la fermata sulla corte privata. A fondamento della decisione adottata, la Corte territoriale rilevava che le attività di fruizione della predetta corte comune, in ragione della natura e della frequenza degli autoveicoli transitanti, comportavano un deterioramento del bene e, di conseguenza, un’alterazione della sua destinazione, in violazione dell’articolo 1102 del Codice civile.

I proprietari dell'autorimessa, si determinano quindi a ricorrere in Cassazione, nella convinzione che la Corte territoriale avesse errato nel disporre l'inibizione dell'utilizzo del bene, potendosi limitare ad ordinare l’esecuzione di lavori idonei ad eliminare i paventati pregiudizi alla conservazione ed alla staticità della pavimentazione dell’area comune e dell’impianto fognario sottostante.

L’analisi del principio codicistico di riferimento
Come si diceva, i giudici di Piazza Cavour vengono chiamati a valutare l'operato dei giudici di appello, e lo fanno partendo dal presupposto che la vicenda può essere adeguatamente inquadrata partendo da una compiuta ed attenta analisi del testo e del principio sotteso al già citato articolo 1102 del Codice civile.L'articolo in parola individua due limiti fondamentali a carico dei condòmini: il divieto di alterare la destinazione della cosa comune; il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Ebbene, il transito di veicoli sul cortile condominiale, se effettuato in modo continuo ed esercitato con varietà di automezzi, anche di diversa natura e di differente peso, è di per sé circostanza tale da produrre concreti pericoli afferenti alla condizione ordinaria della pavimentazione del cortile, nonché alle potenziali lesioni a strutture/servizi (condotta fognaria sottostante nel caso di specie). Trattasi di una condotta non consona alla fisiologica fruibilità dell’area comune, suscettibile di alterare profondamente il rapporto di equilibrio tra i condòmini nel godimento dell’oggetto della comunione.

L’alterazione della destinazione: definizione
L’articolo 1102 del Codice civile, ci fa chiaramente comprendere che, a rendere illecito l’uso del bene comune, basta il mancato rispetto dell’una o dell’altra delle due condizioni da esso puntualmente indicate. Nel caso di specie, è la nozione di alterazione della destinazione che va approfondita.Quando può dirsi avvenuta l’alterazione della destinazione della cosa comune? Si ha alterazione di destinazione, non soltanto nel caso di mutamento della sua originaria funzione; questa è solo l'ipotesi più comune e frequente. Il caso concreto ivi esaminato, ci pone dinanzi ad un'ulteriore e differente ipotesi: lo «scadimento in uno stato deteriore» del bene comune, il suo concreto danneggiamento, la sua eccessiva usura, il potenziale danno a strutture/servizi.

Ci si chiede quindi se, anche lo scadimento in uno stato deteriore, sia circostanza riconducibile sotto il divieto stabilito dall'articolo 1102 del Codice civile. Se il bene comune viene reso inservibile da un utilizzo non fisiologico posto in essere da alcuni condòmini, automaticamente viene sottratta a tutti gli altri partecipanti alla cosa comune la concreta possibilità di goderne e fruirne. Ecco perché, anche il deterioramento, può costituire fattispecie vietata dalla normativa condominiale.

La decisione della Corte
Sulla scorta del ragionamento sin qui svolto, la Suprema corte formula il seguente rilevante principio di diritto: «La condotta del condòmino, consistente nella stabile o comunque continua occupazione mediante il reiterato transito (o parcheggio per considerevoli periodi di tempo) con autoveicoli di una porzione del cortile comune (o per l’ampiezza totale o quasi totale di esso), configura un abuso, poiché impedisce agli altri condòmini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento, ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà».

Tornando alla vicenda per cui è causa, l'uso del cortile fatto in concreto dai ricorrenti, non può risolversi in un mero uso più intenso di tale bene; né tantomeno può trovare legittima giustificazione la destinazione ad autorimessa ottenuta in virtù di provvedimento autorizzativo del Comune; difatti devono ritenersi in ogni caso fatti salvi i diritti dei terzi, ed è sempre e comunque necessario il rispetto delle norme civilistiche. Non ha quindi errato la Corte territoriale nel disporre l’inibizione dell’uso della cosa comune, anziché ordinare l’esecuzione di opere idonee ad evitare il suo danneggiamento. Se avesse deciso in tale ultimo senso, avrebbe di fatto snaturato il fine ultimo che la disciplina codicistica su uso e godimento dei beni comuni tende a perseguire, tanto da assurgere a regola generale condominiale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©