Condominio

Le spese della porta d’accesso ai box, se usata, vanno pagate anche da chi non ne possiede

In materia condominiale non conta l'utilizzo che il singolo intenda fare del bene comune ma la potenzialità d'uso

di Selene Pascasi

Nel ripartire le spese per le parti comuni, non conta l'uso che il singolo condomino intenda farne ma la potenzialità di utilizzo. Lo precisa la Corte di appello di Milano con sentenza n. 1527 del 13 maggio 2021 (relatore Croci).

Ad accendere la controversia è la richiesta di una S.r.l. tesa ad ottenere la caducazione di una delibera perché difforme dal regolamento e non regolare in punto di divisione dei costi per degli interventi ai box. Di qui, la collegata domanda di restituzione delle somme versate indebitamente.

Il condominio, a sua volta, avanza riconvenzionale per chiedere il pagamento della terza e quarta rata della quota sugli esborsi e il Tribunale ne accoglie la pretesa condannando la società al versamento. La ditta formula appello ma la Corte lo boccia. Motivo principale di impugnazione, il fatto che la rampa d'accesso interessata ai lavori di cui si era occupata la delibera rientrava nella figura del condominio parziale per cui era illegittimo spartire i costi su base millesimale.

Il nodo della lite
Il nodo della lite, in sintesi, stava nell'interpretazione del termine àndito annoverato dalle regole condominiali come una parte comune. Nozione che, in ambito giuridico, riguarda un luogo secondario di passaggio e disimpegno. E così lo aveva inteso il regolamento laddove era prevista la comunitarietà condominiale degli ànditi e piccoli vani dei contatori per i sevizi comuni.

Evidente, quindi, la volontà di elencare due entità diverse – accomunate soltanto dalla qualifica di enti comuni – la prima comprensiva di tutte le categorie di luoghi di passaggio compresi corridoi, corselli e/o rampe di accesso senza alcuna esclusione. In questo senso, tutti gli ànditi andavano intesi come proprietà comuni.

Il principio
Tanto sottolineato, il Collegio d'appello ricorda come, in materia condominiale, non conta l'utilizzo che il singolo intenda fare del bene comune ma la potenzialità d'uso. Per fare un esempio, il condòmino di un quarto piano che preferisca, usualmente, usare le scale e non fruire dell'ascensore comune non potrà sottrarsi ai propri obblighi di contribuzione in proposito. Ecco che, tornando alla vicenda concreta, se era vero che la società non era proprietaria di box, era certo che la rampa fungesse da accesso non solo ai contatori ma ad una porta d'ingresso ai suoi locali. Ed era ininfluente, per sfuggire al pagamento delle spese reclamate, che per volontà del conduttore dell'immobile (un istituto bancario) – la porte fosse stata blindata ben potendo essere riaperta in qualsiasi momento senza necessità di farsi autorizzare. Era rimasto immutato, pertanto, il suo pieno diritto di accedervi tramite la rampa.

Infine, come correttamente osservato nella sentenza del Tribunale, la parte della clausola regolamentare che stabiliva una determinata ripartizione delle spese di pulizia e manutenzione di scale, androne e box, neppure poteva essere interpretata estensivamente nel senso di ricondurre nel concetto di box anche la rampa d'accesso che è parte comune e d'uso comune (seppur solo potenzialmente). Così, travolta ogni altra considerazione, non vi erano circostanze tali da giustificare l'invalidazione di delibera legittima. Questa, la logica che ha indotto la Corte milanese a rigettare l'appello condannando la S.r.l. alla rifusione delle spese processuali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©