Condominio

GUIDE - Termine di prescrizione decennale per la responsabilità del direttore dei lavori

Sussiste per gravi difetti ovvero causati da metodi non idonei a realizzare l’opera a regola d’arte o vizi che pregiudicano la funzione dell’immobile

di Davide Longhi

La figura del direttore dei lavori viene in contatto con il condominio ed il suo amministratore ogni qualvolta sussiste un contratto di appalto di costruzione e/o ristrutturazione per lavori edili relativi al fabbricato condominiale. Tale figura professionale può interagire con la figura del venditore/costruttore/committente, dell'appaltatore e del progettista. In questo articolo cercheremo di individuare quale sia:
a) la specifica posizione del direttore dei lavori delineata dalla giurisprudenza;
b) la diligenza particolare che si richiede a tale soggetto nel compimento delle proprie attività professionali, ed infine
c) quali siano i termini di prescrizione e decadenza delle azioni di garanzia nei confronti del direttore dei lavori.

La qualificazione giuridica
L'articolo 1669 Codice civile, in materia di rovina e difetti di cose immobili, dispone che «…quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia….».

La responsabilità ex articolo 1669 Codice civile (Cassazione sezioni Unite 2284/2014) scaturisce da un contratto (norma dettata in di contratto di appalto) ma supera i confini contrattuali in quanto è riconducibile ad una violazione delle norme dell’ordine pubblico stabilite a salvaguardia «…dell’interesse, di carattere generale, alla sicurezza dell’attività edificatoria, quindi la conservazione e la funzionalità degli edifici, allo scopo di preservare la sicurezza e l’incolumità delle persone…». L’articolo 1669, dunque, risponde all’esigenza di tutelare i soggetti danneggiati dalla rovina o dai gravi difetti di un edificio. Questa disposizione non deve costituire una limitazione della responsabilità dell’appaltatore, al contrario, deve garantire una tutela più pronta agli aventi causa del committente (i condomini) e ai terzi.

In sintesi questa norma sancisce una forma di responsabilità extracontrattuale comportando una presunzione di responsabilità in capo al costruttore, di cui non andrà provata la colpa. Rimarrà esperibile l'azione di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 Codice civile ogniqualvolta la rovina totale o parziale, o il pericolo di essa o i gravi difetti si manifestino oltre il decennio dalla realizzazione dell'immobile, in quest'ultimo caso non opera il regime probatorio speciale di presunzione della responsabilità del costruttore, in tale caso, spetta a colui che agisce provare tutti gli elementi richiesti dalla norma generale, e, in particolare, anche la colpa del costruttore. (Cassazione 8520/06). Per quanto sopra esposto l'articolo 1669 risulta applicabile anche quando manchi tra danneggiante e danneggiato l'intermediazione di un contratto di appalto, e può essere invocato dal “terzo”, estraneo al contratto di appalto, che tuttavia abbia subito danni dalla rovina dell'immobile (Cassazione 12304/93).

Applicabilità dell'articolo 1669 Codice civile
La Cassazione ha precisato i confini della garanzia dell’appaltatore (Cassazione sezioni Unite 7756/17 – Cassazione 10658/15 - Cassazione 24143/07) affermando l'applicazione della norma ai casi di ricostruzione e di costruzione di una nuova parte dell’immobile, (come ad esempio la sopraelevazione) e, che è essa stessa una “nuova costruzione”, e prevale l’opinione dell’estensibilità della norma anche alle ipotesi di interventi di tipo manutentivo e/o modificativo che e debbano avere una lunga durata nel tempo. Ciò sia nel caso in cui a seguito delle riparazioni o delle modifiche collassi l’intera e preesistente struttura immobiliare, indipendentemente dall’importanza in sé della parte riparata o modificata, sia ove la rovina o i gravi difetti riguardino direttamente quest’ultima.

Ed escluse le riparazioni non di lunga durata, come quelle ordinarie, e quelle aventi ad oggetto parti strutturali anch’esse non destinate a conservarsi nel tempo, deve dunque ammettersi l’applicazione dell’articolo 1669 Codice civile nelle situazioni inverse. Inoltre, con la sentenza Cassazione 10048/18 è stato affermato che l'articolo 1669 Codice civile si applica anche quando i vizi riguardino elementi secondari ed accessori, come i rivestimenti, (intonaci impermeabilizzazioni) che devono ritenersi tali da compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.

Estensione al direttore dei lavori dell'articolo 1669
La corte di Cassazione già con la sentenza 2415/84 ha precisato che «…non si vedrebbe la ragione per cui al medesimo titolo essa (articolo 1669 ) non debba estendersi a quanti abbiano collaborato alla costruzione, sia nella sua fase ideativa con la redazione del progetto, sia in quella attuativa ad esempio mediante la elaborazione dei calcoli di resistenza per il dosaggio del cemento armato, tutte le volte che si dimostri che i vizi si siano verificati in dipendenza e a causa di errori commessi nella progettazione, ovvero nei calcoli, oppure, nel contempo, nell'una e negli altri, non potendosi negare, quanto alla legittimazione passiva, la sussistenza di essa in soggetti che, a ragione dell'opera prestata, debbono essere considerati quali costruttori al pari dell'appaltatore, verso il quale la specifica responsabilità appare canalizzata…».

La decisione sembra più direttamente applicabile al progettista, ma è comunque significativa anche per quanto rileva il direttore dei lavori. Tale principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza della Suprema corte, si veda ad esempio più di recente la sentenza 17874/13. La sentenza della Cassazione 8811/03 ha precisato che il presupposto della responsabilità risiede nella partecipazione alla costruzione dell'immobile in posizione di “autonomia decisionale”, affermando che può essere responsabile ex articolo 1669 Codice civile perfino lo stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l'esecuzione dell'opera, sì da rendere l'appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini.

La sentenza ha indicato il seguente principio: «…la chiamata in causa del progettista e/o direttore dei lavori da parte dell'appaltatore, convenuto in giudizio per rispondere, ai sensi dell'articolo 1669 Codice civile, dell'esistenza di gravi difetti dell'opera, e la successiva chiamata in causa di chi ha effettuato i calcoli relativi alla struttura e statica dell'immobile da parte del progettista e/o direttore dei lavori, effettuata non solo a fini di garanzia ma anche per rispondere della pretesa dell'attore, comporta, in virtù di quest'ultimo aspetto, che la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, trattandosi di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico…».

Con questa decisione la Corte ha inquadrato la responsabilità del direttore dei lavori nell'ambito di quella che viene chiamata “propria”, vale a dire non di “chiunque” ma proprio di quei soggetti che, in relazione alla specifica attività edilizia in corso, rivestono determinate qualifiche, e, nel caso che qui interessa, quella di progettista e/o direttore dei lavori (con la conseguenza che la domanda introduttiva del giudizio può ritenersi automaticamente estesa anche al progettista e al direttore dei lavori).

La posizione del direttore dei lavori secondo la giurisprudenza
Come abbiamo visto per la giurisprudenza unanime anche il direttore dei lavori può dunque rispondere a norma dell'articolo 1669, e si è potuta riscontrare nel tempo un'evoluzione interpretativa per quanto riguarda i compiti propri di questa figura professionale (Cassazione 8811/03). In passato la giurisprudenza aveva sostenuto che il direttore dei lavori fosse tenuto all'alta sorveglianza dei lavori e alla verifica della rispondenza dell'opera al progetto, senza che tuttavia egli avesse compiti diretti nell'esecuzione dell'opera. Si riteneva che il direttore dei lavori dovesse eseguire i propri compiti attraverso disposizioni e ordini all'appaltatore, dovendo controllare, con interventi periodici e non necessariamente continui, l'avvenuta esecuzione degli ordini stessi.

Si riteneva altresì che il controllo non comprendesse le singole operazioni realizzate in cantiere, la cui corretta esecuzione doveva rientrare tra i compiti e le responsabilità dell'esecutore materiale (Cassazione 3051/80; 1818/79; 3965/76; 475/75 e 1456/65). Si distingueva tra il direttore dei lavori per conto del committente, al quale spettava un mero compito di sorveglianza e controllo circa l'esecuzione delle disposizioni date, e quello al servizio dell'appaltatore, al quale spettava la sorveglianza sulle ordinarie operazioni di cantiere. Più recentemente la giurisprudenza ha peraltro delineato compiti più specifici in capo al direttore dei lavori (Cassazione 11359/00 e 7180/00) «…che deve rilevare le inesattezze del progetto e dell'esecuzione, verificando materialmente l'esito delle sue indicazioni e segnalando tempestivamente al committente le ulteriori inadempienze da parte dell'appaltatore.

La diligenza del direttore dei lavori
Per quanto riguarda la diligenza che il direttore dei lavori deve adottare nell'adempiere le proprie obbligazioni, la giurisprudenza (Cassazione 15124/01 e 11359/00) ha avuto modo di affermare che «…il comportamento del direttore dei lavori deve essere valutato non con riferimento al normale grado di diligenza, ma rapportando la condotta effettivamente tenuta alla natura ed alla specie dell'incarico professionale assunto nonché alle concrete circostanze nelle quali la prestazione è stata svolta».

In particolare la sentenza 15124/01 della Corte sostiene che «…in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell'opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente, sebbene presti un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati, poiché è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza; costituisce, pertanto, obbligazione del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica; conseguentemente non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente…».

Responsabilità solidale tra l'appaltatore ed il direttore dei lavori
Va sottolineato come «…in tema di contratto di appalto, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori, entrambi rispondono solidalmente dei danni, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’evento, a nulla rilevando che le stesse costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse…» (Cassazione 20294/04 e 18521/16). La solidarietà fra coobbligati «…trova fondamento nel principio di cui all’articolo 2055 Codice civile, il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale...» (Cassazione 14650/12).

Decadenza e prescrizione dell'azione giudiziale
A tal fine ci si pone la seguente domanda: il termine di decadenza di cui all'articolo 2226 Codice civile per la denuncia di difformità e vizi dell’opera che è fissato in otto giorni dal momento della scoperta (del vizio o della difformità) è valido anche per le prestazioni a carattere intellettuale ?La Cassazione 28575/13 e 15781/05 ha affermato l'inapplicabilità delle eccezioni di decadenza e la prescrizione dell'azione di garanzia alle prestazioni d'opera del direttore dei lavori. Nel caso in oggetto la distinzione tra obbligazioni di mezzo e di risultato è da escludere. Gli articoli 1655-1677 Codice civile sono dedicati agli appalti mentre gli articoli dal 1667-1673 Codice civile al problema della «difformità e dei vizi dell’opera».

Spetta all’appaltatore dare garanzia per le difformità e i vizi dell’opera eseguita. La garanzia si prescrive in due anni dalla consegna dell’opera stessa (il termine di garanzia di 10 anni è di legge per le nuove costruzioni). Con la sentenza 1655/86 la Corte chiarisce che il momento effettivo della scoperta del vizio non è quello in cui ci si accorge dell’esistenza dell’anomalia, ma quello in cui si ha la ragionevole consapevolezza che a causare il vizio o difetto è stato l’appaltatore nell’esecuzione dell’opera. La consapevolezza decorre nel momento in cui una perizia di un tecnico dà forti indizi sulla responsabilità dell’appaltatore (Cassazione 3674/19; 12829/18; 10048/18; 25216/17 ; 9966/14; 1463/08 e 11740/03). Per gravi difetti, per i quali vale la garanzia decennale, si intendono sia quelli causati da metodi non idonei nel compimento dell’opera non a regola d’arte sia ai vizi che pregiudicano la funzione dell’immobile, limitando il godimento o la funzione di destinazione.

Quando si tratta di interventi di manutenzione o riparazione non eseguiti correttamente è bene essere solerti nel denunciare il danno e il vizio entro il termine prestabilito, pena la perdita del diritto al risarcimento o alla possibilità di usufruire della garanzia. Fondamentale è quindi la distinzione tra prescrizione e decadenza. Nel primo caso, ci troviamo di fronte al termine ultimo entro il quale, non ottenuto il dovuto risarcimento, si può far causa per danni; il secondo riguarda il termine entro il quale va contestato al venditore o alla controparte il problema, dovuto o al mancato servizio, o ad un danno o al mancato pagamento. I due termini variano, però, nel caso di opere e servizio prestato.

La sintesi
Per riassumere:
a) ai sensi dell'articolo 1669 Codice civile nel caso di vizi e difetti di costruzione di immobili la denuncia va effettuata entro un anno dalla scoperta, in quanto la prescrizione agisce sui dieci anni dal termine dei lavori. Pertanto, nel caso in cui il costruttore sia responsabile di difetti come infiltrazioni o crepe o problemi dovuti a cedimenti strutturali, il difetto va denunciato entro un anno dalla comparsa. In caso di mancata risposta, la denuncia che va rinnovata o la causa da intraprendere vanno effettuate entro lo stesso termine;
b) ai sensi dell'articolo 1667 Codice civile nel caso di vizi, difetti e difformità sui contratti di appalto la denuncia va fatta entro 60 giorni dalla scoperta e la prescrizione arriva dopo i due anni dalla consegna. Tuttavia, la riparazione gratuita o la sostituzione non sono dovute se il committente, quando ha accettato l’opera, era a conoscenza delle difformità o dei vizi.

Infine vi sono i vizi e le difformità di lavori in genere e contratti d’opera (come quella del direttore dei lavori) in cui rientrano le manutenzioni, gli interventi di artigiani e le riparazioni varie. La denuncia va fatta entro 8 giorni dalla scoperta, la prescrizione arriva a un anno dalla consegna. Le norme coprono una vasta gamma di lavori che non sono stati eseguiti correttamente e che non rispettano il preventivo, siano essi lavori di ristrutturazione edile o di sostituzione di un impianto elettrico, idraulico. Difformità e vizi occulti vanno denunciati entro 8 giorni dalla scoperta, mentre l’azione si prescrive in 365 giorni. Chi acconsente o tacitamente accetta la difformità o il vizio, magari pagando senza contestare, difficilmente potrà far valere i propri diritti.

In linea di massima, il committente può chiedere che il prezzo sia diminuito in proporzione o che le difformità e i vizi siano riparati senza ulteriori spese. La sentenza 28577/13 della Corte ha ritenuto che «…le disposizioni di cui all'articolo 2226 Codice civile in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi non sono applicabili alla prestazione d'opera intellettuale, in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto d'ingegneria o della direzione dei lavori ovvero dell'uno e dell'altro compito, cumulando nella propria persona i ruoli di progettista e direttore dei lavori…».

In altre parole «dev'essere privilegiata l'interpretazione secondo cui sono inapplicabili alla prestazione d'opera intellettuale, in particolare a quella del direttore dei lavori, le disposizioni dell'articolo 2226. Il committente, quindi, può denunciare i vizi dell'opera senza rispettare il termine di otto giorni dalla scoperta né il termine di un anno dalla consegna. Volendo sintetizzare ulteriormente questo importante aspetto si può affermare quanto segue: al professionista che abbia assunto l'onere della direzione dei lavori non si applica l'articolo 2226 Codice civile; pertanto si applicano (a prescindere che l'obbligazione possa essere definita “di mezzi” o “di risultato”) le norme generali sull'inadempimento contrattuale e sulle relative conseguenze (articolo 1218 Codice civile) e l'ordinaria prescrizione decennale (articolo 2946 Codice civile). Dove si versi nei casi di realizzazione di edifici o cose immobili, ed alla redazione del progetto segua la realizzazione dell'opera stessa, si applica l'articolo 1669 Codice civile che può essere esteso al direttore dei lavori anche in assenza di un rapporto diretto tra costoro e il danneggiato poiché si versa in una fattispecie di responsabilità extracontrattuale.

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