Condominio

Previsto dalla legge l’accesso alla proprietà esclusiva per i lavori condominiali del fabbricato

Sempre che non esistano alternative e che l’ingresso non crei danno al condòmino, a cui in tal caso va dovuta un’indennità

di Rosario Dolce

Talvolta l'esecuzione dei lavori condominiali, volti alla manutenzione ordinaria o straordinaria di parti della struttura del fabbricato, è subordinato all'accesso all'interno di proprietà degli stessi condòmini o di terzi. Si pensi al caso della manutenzione del tetto di un condominio, nel caso in cui non vi sia altro accesso se non dalla proprietà dell'immobile dell'ultimo piano. Una di queste questioni è stata appena affrontata dalla Cassazione, con ordinanza 11872 del 6 maggio 2021.

L'articolo a cui si fa riferimento, nella fattispecie, è l'873 Codice civile, rubricato «accesso al fondo», a mente del quale: « Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune. Se l'accesso cagiona danno, è dovuta un'adeguata indennità […]».La disposizione deroga al principio per cui il titolare può impedire a terzi l'accesso al fondo.

I criteri di legge
Sono, dunque, due i criteri per l'accesso al fondo altrui: l'uno consiste nell'assoluta necessità di accedere al fondo, l'altro nella proporzionalità del danno subìto dal titolare a tutto vantaggio per il terzo.Gli accessi e il passaggio che, a norma della previsione di cui sopra, il proprietario deve consentire al vicino per l'esecuzione delle opere necessarie alla riparazione o manutenzione della cosa propria, dando luogo ad un'obbligazione reale, non possono determinare la costituzione di una servitù, ma si risolvono in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo per una utilità occasionale e passeggera del vicino, avente per contenuto il consenso all'accesso ed al passaggio che il soggetto obbligato è tenuto a prestare (Cassazione civile, 1908 /2009).

Ai fini del riconoscimento della necessità cui trattasi, occorre che il giudice del merito proceda ad una complessa valutazione della situazione dei luoghi, al fine di accertare se la soluzione prescelta (accesso e passaggio per un determinato fondo altrui) sia l'unica possibile o, tra più soluzioni, sia quella che consente il raggiungimento dello scopo (riparazione o costruzione) con minor sacrificio sia di chi chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo che deve subirlo.Ne consegue che, ove egli pervenga alla conclusione che il richiedente possa procurarsi da altro luogo l'invocato passaggio, con disagi e costi quanto meno pari a quelli che subirebbe il proprietario del fondo che dovrebbe subire il passaggio stesso, deve escludersi la sussistenza del requisito della necessità.

Quando ci sono alternative
Ciò premesso nella fattispecie tratta il giudice di merito aveva accertato l'insussistenza delle condizioni per l'accesso ex articolo 843 Codice civile nell'appartamento di proprietà del condòmino da parte del condominio nel corso dei lavori di appalto svolti dall'impresa incaricata. Ciò in quanto dalla stesse difese del condominio era risultato che fosse possibile il transito attraverso un sottotetto (senza che avesse rilievo che questo sottotetto fosse comunque di proprietà dello stesso condòmino) per procedere alle opere di ristrutturazione del tetto, non dovendosi dunque invadere l'appartamento.

Lo stesso giudice aveva poi rimarcato che il condominio non aveva dimostrato di aver verificato modalità alternative di esecuzione dei lavori senza passare attraverso l'abitazione del citato condòmino, e che il direttore dei lavori (in sede testimoniale), aveva confermato che l'intervento di manutenzione era stato poi realizzato accedendo dall'alto, senza transitare per l'appartamento.È stato, infine, precisato che la valutazione dei luoghi e della soluzione possibile implica un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, la quale è in sè sindacabile in sede di legittimità soltanto nei limiti di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5, Codice procedura civile (Cassazione 1801/2007 ; Cassazione 3494/1975).

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