Condominio

Il danno si traduce in mancato guadagno

Il danno verrebbe in rilievo proprio a seguito dell’approvazione della delibera condominiale che autorizzi i lavori agevolabili e potrebbe configurarsi, alternativamente, quale perdita di chance o quale lucro cessante in capo al singolo condòmino

di Ch.T. e An.D.

La violazione delle norme edilizie da parte del privato, ancorché l’opera insista sulla proprietà esclusiva di quest’ultimo, è senza dubbio un «fatto illecito», in grado di cagionare in capo agli altri condòmini un «danno ingiusto».

Questo avverrebbe in tutte le ipotesi in cui, proprio a causa delle opere abusive, il condominio non riesca ad ottenere il certificato di conformità e, conseguentemente, i condòmini non possano effettuare i lavori agevolati entro il termine previsto. Detto altrimenti, gli abusi edilizi impedirebbero ai condòmini di esercitare il diritto di riqualificare l’immobile e di godere della detrazione.

Il danno verrebbe in rilievo proprio a seguito dell’approvazione della delibera condominiale che autorizzi i lavori agevolabili e potrebbe configurarsi, alternativamente, quale perdita di chance o quale lucro cessante in capo al singolo condòmino titolare della detrazione monetizzabile sotto forma di sconto in fattura.

Nel primo caso, la chance perduta andrebbe correttamente individuata – secondo l’insegnamento costante della Cassazione – nel comprovato diritto di accesso all’agevolazione (in base al progetto esecutivo dei lavori e alla delibera condominiale) e quindi, nella seria probabilità di ottenere il risultato sperato, venuta meno a causa del fatto illecito del terzo, e andrebbe commisurata proporzionalmente al valore della possibilità di conseguimento del risultato. Nel secondo caso (ad avviso di chi scrive, maggiormente calzante) il danno risarcibile sarebbe individuato direttamente nel mancato guadagno, consistente nella definitiva impossibilità di beneficiare della detrazione, da commisurarsi al valore degli interventi ripartito per unità immobiliare, al quale potrebbe aggiungersi, sempre “in negativo”, il mancato incremento di valore commerciale dell’unità immobiliare.

Lo scenario descritto è tutt’altro che remoto e vedrebbe i responsabili chiamati a corrispondere somme non certo irrisorie. Ben valutata tale prospettiva, molti condòmini sceglieranno quindi la via della ricomposizione del conflitto, provvedendo a sanare le opere abusive o, in alternativa, impegnandosi per tempo a demolirle, al fine di sbloccare l’inizio dei lavori.

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