Condominio

A fine mandato il condominio deve provare che l’amministratore ha trattenuto delle somme

Per ottenerne la restituzione vanno prodotti carteggi e documenti

di Selene Pascasi

L'incarico conferito all'amministratore è disciplinato dalle regole del mandato per cui, una volta cessato, è tenuto a restituire a chi lo abbia nominato tutto ciò che per lavoro abbia ricevuto compreso il denaro del condominio non speso nell'interesse dell'ente di gestione. Lo sottolinea il Tribunale di Roma con sentenza numero 18404 del 22 dicembre 2020.

I fatti
Apre la lite, la decisione di un condominio di citare in causa l'ex amministratore. Dall'esame della documentazione condominiale, affidato ad un revisore contabile, erano emerse uscite per circa 10 mila euro che non avevano trovato alcun riscontro. Inoltre, l'amministratore aveva effettuato prelievi tratti dal conto corrente con carta postamat solo in parte giustificati. Così, tentato inutilmente di raggiungere un accordo, chiedeva al giudice di condannarlo al pagamento delle somme fuoriuscite dalla cassa comune senza un valido motivo. Domanda bocciata.

A fine mandato, ricorda il giudice capitolino, il mandatario ha l'obbligo previsto dall'articolo 1713 del Codice civile di rimettere al mandante tutto ciò che abbia ricevuto a causa del mandato. E l'articolo 1129, comma 14, del Codice civile dispone espressamente che agli aspetti non regolati da tale norma (come, per esempio, il contratto fra condominio ed amministratore) si applicano le disposizioni dedicate al mandato. Ecco che, anche fra gli obblighi dell'amministratore vi è quello di restituire, terminata la sua attività, gli importi appartenenti al condominio che abbia intascato nel corso del mandato ma non ancora speso nell'interesse comune.

Vanno provate le somme trattenute
Nella vicenda specifica, però, il Condominio aveva prodotto soltanto i documenti sulla gestione relativa ad un biennio oltre alla relazione di un tecnico contabile tesa a verificare se le uscite monetarie di un certo semestre fossero supportare da idonei riscontri. Tuttavia, mancavano carteggi contabili e postali, ed estratti conto relativi a periodi successivi. Non solo. L'ente non aveva neppure ottemperato all'ordine di esibizione dei documenti ordinato dal giudice. Ma per poter accertare la mancata restituzione delle somme detenute dall'ex amministratore, quella documentazione che non era stata allegata al fascicolo era assolutamente necessaria.

Diversamente, era del tutto impossibile appurare la situazione di dare-avere fra le parti al momento della cessazione del mandato. In pratica, vista l'assenza totale di alcuni documenti e l'incompletezza di altri, non c'erano riscontri sufficienti per apprezzare se vi fossero delle somme da restituire e, se si, in quale misura. Solo un'indagine a tutto tondo, infatti, avrebbe permesso al giudice di confrontare i prelievi contestati e comprendere se fossero stati utilizzati e se ciò era avvenuto per fini comuni. Si spiega così, la soluzione abbracciata dal Tribunale di Roma che – impedito a muoversi con una verifica della situazione a trecentosessanta gradi – non poteva che rigettare la richiesta formulata con condanna alle spese di lite.

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