Condominio

Il superbonus visto dai player: «La misura sia strutturale»

Il grosso delle domande, sottolinea il Cesef, arriva dai condomìni: 59%, soprattutto quelli con più di 8 unità abitative

di Celestina Dominelli

Il superbonus è un assist importante a supporto della filiera della riqualificazione energetica e sismica degli edifici. Ma la misura, in parte migliorata dall’esecutivo con l’ultima legge di bilancio, necessita di ulteriori affinamenti per potenziarne l’efficacia, a partire dall’esigenza di renderla strutturale. La puntuale pagella sul superbonus arriva questa volta da utility e operatori energetici , sondati sulla reale efficacia dell’intervento dal Cesef (Centro studi sull’economia e il management dell’efficienza energetica), che fa capo ad Agici Finanza d’impresa, società di ricerca e consulenza specializzata nel settore dell’energia, dell’ambiente e delle infrastrutture, fondata e presieduta da Andrea Gilardoni, e che da tempo conduce sul superbonus un attento lavoro di analisi attraverso il tavolo di lavoro ecobonus e sismabonus 2020 in cui sono riuniti dodici partner (Cva, Caparol, Gruppo Dolomiti Energia, Egea, Enel X, Engie, Eni Gas e Luce, Hera, Intesa Sanpaolo, Iren, Snam e Utilitalia).

Il superbonus ai raggi X

Così, dopo due indagini per evidenziare i trend e i limiti della misura, il Cesef ha realizzato una nuova rilevazione chiedendo ai general contractor, con un fatturato aggregato annuo per l’efficienza energetica di circa 9 miliardi e con oltre 5mila occupati, di valutare in concreto l’andamento del superbonus sulla base delle quasi 34mila richieste raccolte in sei mesi (dal 1° luglio al 31 dicembre 2020). «Il superbonus rappresenta una grande opportunità per decarbonizzare le città, sostenere il settore edile, generare occupazione e accrescere il valore degli immobili che non può essere sprecata a causa di complessità burocratiche e di una limitata prospettiva temporale - spiega al Sole 24 Ore Stefano Clerici curatore del rapporto -. Sarà molto importante garantire la continuità nel tempo dei sostegni alla riqualificazione energetica e sismica degli edifici e l’armonizzazione dell’articolata normativa in materia, con aliquote più basse ma stabili».

Condomìni in prima linea

Insomma, il superbonus ha bisogno di un “tagliando”, ma i risultati fin qui sono indiscutibili, come le preferenze in termini di interventi stando ai numeri raccolti dal Cesef attraverso i dieci general contractor interpellati. Perché, sulle 33.865 richieste pervenute, circa il 60% riguarda la prima fase di contatto con l’azienda, ma il 28% è relativo a interventi di efficienza energetica e l’1% a misure antisismiche. E, tra le domande, spicca l’isolamento termico degli involucri edilizi (73%) sia in via esclusiva (43%) sia in abbinamento alla sostituzione degli impianti di climatizzazione (30%) per gli interventi trainanti, mentre emerge una netta predominanza delle richieste per l’efficientamento energetico di elementi non strutturali (per esempio, la sostituzione degli infissi) tra gli interventi trainati, con una netta preferenza per caldaie a condensazione, domotica per il risparmio energetico e pompe di calore elettriche quanto al tipo di impianti richiesti.

Il grosso delle domande, poi, sottolinea il Cesef, arriva dai condomìni (59%, soprattutto quelli con più di 8 unità abitative) e dalle persone fisiche (28%) e si riferisce prevalentemente alle prime case (83%) con prestazioni energetiche inefficienti, ubicate soprattutto nel Nord Italia (73%) rispetto al Centro e al Sud della penisola.

Gli investimenti mobilitati

Fin qui una fotografia complessiva degli interventi, ma l’indagine ha cercato anche di capire quanti progetti sono arrivati a traguardo (il 7,3% delle quasi 34mila richieste totali ha superato la fase di primo contatto e, di queste, il 69% è stato deliberato dall’assemblea, il 15% contrattualizzato, l’11% cantierato e il 4% concluso) e quale livello di investimenti si è generato (circa 766 milioni) con le aziende che, a valle dell’attivazione della misura, hanno attivato diverse strategie per garantire un’offerta adeguata finendo per considerare più efficaci l’incremento delle partnership, l’assunzione di nuovi dipendenti e la creazione di unità di business dedicate.

Quanto alla fruizione del beneficio fiscale, il 73,4% dei richiedenti ha optato per lo sconto in fattura, mentre il restante 26,5% per la cessione del credito ad altri soggetti. Le imprese, invece, si sono espresse in modo assolutamente paritario tra l’utilizzo diretto del credito d’imposta e la cessione dello stesso ad altri soggetti.

I limiti della misura

L’indagine fornisce, quindi, indicazioni molto utili a chi dovrà decidere il destino del superbonus evidenziandone anche i limiti, a cominciare dalla durata ridotta del provvedimento. Il motivo è evidente: nonostante la proroga prevista dalla manovra, l’estensione è ritenuta troppo limitata con il risultato che si privilegiano interventi più piccoli con iter burocratici meno complessi per non avere lavori incompleti allo scadere del provvedimento. A questo, si aggiungono gli eccessivi adempimenti burocratici per la realizzazione dell’intervento e per ottenere il beneficio fiscale che impattano negativamente sull’operatività del superbonus. La cui efficacia, rimarca il Cesef, è condizionata altresì dalla responsabilità penale e amministrativa in capo agli asseveratori (per il 40% degli intervistati è ancora una criticità irrisolta), dalla carenza dell’offerta, unita alla difficoltà di approvvigionamento di materiale edile, e dalla complessità della normativa, sottoposta a continue modifiche che gli operatori devono inseguire.

E come si risolvono i nodi ancora esistenti? Sono gli stessi general contractor, che dovranno scontare regole più restrittive nel caso offrano pacchetti completi (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), a suggerire quattro proposte: la proroga della misura che dovrebbe essere resa strutturale con aliquote “modulari” e crescenti in base alle dimensioni dell’immobile e delle unità abitative; la predisposizione di un testo unico che raccolga, riordini e semplifichi le misure fin qui varate; la semplificazione delle procedure per l’avvio dei lavori e la cessione del credito alle banche; infine, una maggiore chiarezza interpretativa. Che finora ha rallentato, e non poco, il pieno sviluppo del superbonus.

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