Condominio

Distanze edifici: in caso di violazione evidente, irrilevante il fatto che si tratti di ristrutturazione

Dal Consiglio di Stato nuove precisazioni sul concetto di nuova costruzione e relativa disciplina

di Giuseppe Donato Nuzzo

Qualora sia evidente la violazione delle distanze tra edifici, diventa irrilevante la qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia e, dunque, l'inapplicabilità dell'articolo 9 del Dm 1444 del 1968, che riguarda esclusivamente le nuove costruzioni. Lo ha stabilito la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza numero 1867 del 5 marzo 2021, che ha respinto definitivamente il ricorso proposto contro il provvedimento di diniego della concessione edilizia per opere da realizzare nel piano sottotetto di un edificio.

Il fatto
Il progetto prevedeva, in particolare, la sollevazione della falda sul lato nord, con la formazione di un solaio di copertura piana a terrazza, collegata da una scala interna scoperta, entrambe da ricoprire con una tettoia in plexiglas. Sul lato sud era prevista altresì la modifica della falda con la creazione di un balcone e la sostituzione dell'esistente abbaino con un fronte finestrato.Gli uffici comunali avevano negato la concessione edilizia ritenendo l'intervento non rispettoso delle distanze dagli altri edifici prescritte dall'articolo 9 del Dm 1444/1968.

Provvedimento contestato dal proprietario del sottotetto. A suo dire, il Dm 1444/1968 sarebbe inapplicabile al caso di specie, in quanto tale disciplina riguarderebbe esclusivamente le nuove costruzioni; quale non è quella in esame, trattandosi di interventi di ristrutturazione edilizia.Motivazioni, però, respinte dal Consiglio di Stato che, ribadendo la decisione già presa dal Tar, ha confermato la legittimità dei provvedimenti adottati dal Comune.

Nuova costruzione
A sostegno del proprio ragionamento, il Collegio richiama la giurisprudenza, sia amministrativa (da ultimo, Consiglio Stato 72/2018 e numero 1309/2018) che civile (Cassazione 28612/2020; Cassazione 27476/2019; Cassazione 3043/2020), la quale ha evidenziato una «tendenziale autonomia» del concetto di nuova costruzione in ambito civilistico.In particolare, ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici, «la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera» (Consiglio Stato 354/2013).

Distanze violate
Ciò detto, nel caso in esame, vengono in evidenza interventi sulla volumetria dell'immobile. A parere dei giudici amministrativi, in relazione ai singoli elementi progettuali, «la violazione delle distanze appare evidente, essendo così conseguentemente irrilevante la vantata qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia».Va altresì considerata nella fattispecie la circostanza che, nel computo complessivo della volumetria, l'intervento, compensando aumenti e diminuzioni, determina una complessiva riduzione dell'impatto; il che renderebbe l'intervento non significativo anche dal punto di vista civilistico.

Esigenza di tutela delle distanze
Tuttavia – spiegano i giudici – tale aspetto appare secondario di fronte all'esigenza di tutelare le distanze che, come recita l'articolo 9 del Dm 1444/1968, sono quelle minime e che quindi possono essere violate anche solo puntualmente, atteso che il carattere di nuova costruzione va riscontrato in rapporto ai «caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno» (Cassazione 15 dicembre 2020, numero 28612).Da qui la decisione del Consiglio di Stato. Il motivo di ricorso è infondato, perché «la censura, che si attaglia sulla dimostrazione della natura di ristrutturazione edilizia dell'opera, appare superata dall'esigenza dell'autonoma sussunzione del concetto di nuova costruzione ai fini dell'applicazione della disciplina delle distanze legali».

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