Condominio

La richiesta di demolizione di un immobile ritenuto abusivo non può mai essere generica

Va ad esempio espressamente richiamata e mai presunta la violazione della distanza tra costruzioni

di Valeria Sibilio

L'illegittimità e la pericolosità di opere realizzate sono state il fulcro della vicenda esaminata dalla Cassazione nell'ordinanza 3683 del 2021. Nei fatti, il proprietario di un immobile vedeva rigettato, dalla Corte d'appello di Roma, il proprio ricorso presentato contro la sentenza del Tribunale capitolino, il quale aveva respinto la sua domanda volta ad ottenere la riduzione in pristino ed il risarcimento dei danni correlati alla sopraelevazione del muro di confine e della quota di terreno eseguita dai vicini, usufruttuari dello stesso immbile, sul fondo di loro proprietà, accogliendo, invece, la domanda riconvenzionale di questi ultimi, con condanna del ricorrente ad arretrare ed a ripristinare il medesimo manufatto da loro ampliato. La Corte di Roma aveva ritenuto infondato l'appello nel quale l'attore deduceva la violazione delle distanze legali e criticato la sentenza di primo grado quanto alla valutazione di legittimità delle opere.

Il ricorso alla Suprema corte
Nel primo motivo di ricorso, l'attore, precedentemente appellante, denunciava l'omissione della valutazione di pericolo di cedimento del muro come fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, avendo, la Corte d'appello, deciso sulla base di una parziale lettura della perizia ed essendosi limitata a riportare, erroneamente, le conclusioni cui era giunto il CtuU stesso. Stralci dell'elaborato peritale avrebbero dovuto non escludere il pericolo di cedimento del muro.

Per gli ermellini, la Corte di Roma aveva evidenziato le ragioni di improbabilità del pericolo di crollo del muro di confine. Il motivo di ricorso era volto a devolvere alla Cassazione le contestazioni mosse alle risultanze della consulenza d'ufficio, nonostante la Corte d'appello di Roma non si fosse limitata a far proprie le conclusioni della relazione peritale, tenuto conto che nella sentenza impugnata erano spiegate le ragioni del convincimento raggiunto dai giud ici e dell'adesione alle conclusioni prospettate dall'ausiliare, il quale, a sua volta, si era fatto carico di esaminare e confutare le osservazioni mosse dal consulente di parte.

I limiti della pronuncia di legittimità
Spetta, inoltre, al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la perizi a, e dare conto dei motivi di consenso o di dissenso, in ordine alla congruità dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono.Nella censura del secondo motivo, il ricorrente esponeva che nella richiesta di accertare l'illegittimità delle opere edili realizzate dai convenuti e del cospicuo riporto di terreno posto a ridosso del muro sopraelevato e di quello già esistente lungo il confine, fosse insita la lamentela relativa alle distanze legali.

Per la Suprema Corte, i giudici di appello, avevano ritenuto, giustamente, non proposta dagli attori la domanda di violazione delle distanze tra costruzioni. Quando la richiesta di demolizione di un immobile costruito dal vicino venga fondata sulla generica «illegittimità delle opere edili realizzate», nella specie denunciandosi la sopraelevazione di un muro sul confine e la modificazione della preesistente quota naturale del suolo, non può ritenersi proposta l'azione ex articolo 873 Codice civile, la quale suppone l'esplicitazione della richiesta dell'arretramento della nuova costruz ion e e della causa della violazione delle distanze tra costruzioni volte ad evitare la formazione di intercapedini dannose.

Conclusioni
Nel terzo motivo, il ricorrente denuncia il mancato assolvimento dell'onere di provare l'effettiva ristrutturazione del manufatto di proprietà dell'attore, un accertamento fondato dalla Corte d'appello sulle risultanze della perizia e sulle riproduzioni foto grafich e. Un motivo che, per gli ermellini, si doleva, in realtà, della incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie.

La Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente a rimborsare, ai controricorrenti, le spese sostenute nel giudizi o, liquidate in euro 4.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©