Condominio

È competente il giudice civile per l'occupazione senza titolo da parte del Comune

Questo perchè la domanda non è relativa all'accertamento di un abuso edilizio sotto il profilo amministrativo-urbanistico

di Eugenia Parisi

Un condominio conveniva in giudizio il Comune per sentirlo condannare alla rimozione, a propria cura e spese, di tre unità box insistenti sul terreno di sua proprietà, nonché al pagamento, ai sensi dell'articolo 614bis Codice di procedura civile, di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il Comune eccepiva, anzitutto, il difetto di giurisdizione del giudice adito in quanto, trattandosi di una controversia avente per oggetto atti e provvedimenti della Pubblica amministrazione in materia urbanistica ed edilizia, l'azione sarebbe rientrata nella giurisdizione del giudice amministrativo.

In realtà, per l'estensore della sentenza del Tribunale di Milano 8702/2020, la domanda non era volta all'accertamento di un abuso edilizio sotto il profilo amministrativo-urbanistico, bensì all'accertamento dell'illecita edificazione dei tre box sul suolo di proprietà del condominio, avvenuta senza titolo in relazione a profili meramente civilistici, a nulla rilevando la regolarità amministrativo-urbanistica dell'edificazione di questi ultimi (sul tema: Cassazione a sezioni Unite, ordinanza 18272/2019).

Il vantato diritto di usucapione
Il Comune eccepiva, inoltre, il proprio diritto di usucapione dell'utilizzo dei boxes: per il Tribunale, però, non solo la parte non aveva provato alcuno degli elementi costitutivi di tale diritto ma, in sede di mediazione non aveva neanche resistito alle pretese del condominio, ritenendo quindi verosimilmente fondata la pretesa dello stesso. Pertanto, non risultava provato – e neppure allegato – il possesso continuato per vent'anni, posto in essere con attività corrispondenti all'esercizio della proprietà, requisito necessario per l'accertamento dell'usucapione ai sensi degli articoli 1140 e 1158 Codice civile.

L'inquadramento della fattispecie
Nel merito, quindi, la fattispecie è stata interpretata quale domanda di cui all'articolo 936 Codice civile, ai sensi del quale, anzitutto, «quando le piantagioni, costruzioni od opere sono state fatte da un terzo con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle» e, inoltre, «se il proprietario del fondo domanda che siano tolte, esse devono togliersi a spese di colui che le ha fatte». Presupposto per l'accoglimento della domanda era quindi l'accertamento, da un lato, della proprietà del fondo e, dall'altro, dell'inesistenza di titoli abilitativi all'edificazione da parte del Comune ed entrambe le condizioni sono risultate sussistenti in quanto il diritto di proprietà del condominio risultava provato in via documentale ed il convenuto, non solo non aveva eccepito il diritto di proprietà dell'attore ma, avendo eccepito il proprio diritto di usucapione, aveva implicitamente riconosciuto la sussistenza del diritto di controparte, senza dedurre l'esistenza di alcun atto o negozio da cui risultasse l'autorizzazione ad edificare sul terreno del condominio.

L'esito della vertenza
Per tali ragioni, il Comune è stato condannato – entro un termine perentorio - alla rimozione a propria cura e spese delle tre unità box insistenti sul fondo del condominio nonché condannato al pagamento di una somma giornaliera quantificata in via equitativa per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento di rimozione. Non è stata accolta, invece, la domanda di risarcimento del danno in quanto svolta tardivamente ed inoltre perché il condominio non aveva dedotto né provato alcuno degli elementi costitutivi dell'illecito che avrebbe dato diritto al preteso risarcimento di cui all'articolo 2043 Codice civile, se non quello della condotta di controparte, restando comunque non provati il danno ed il nesso di causa.

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