Condominio

Servizi immobiliari in crescita del 4,5% a quota 44 miliardi

Le società del settore hanno quindi strutturato piani per il rientro in sicurezza dei dipendenti, per riprogettare gli spazi e per far fronte a nuove esigenze legate allo smart working

di Adriano Lovera

C’è un segmento del real estate che ha tenuto botta più di altri al Covid, anzi, secondo le stime più accreditate chiuderà l’anno in crescita: i servizi. Secondo l’indagine Futu.Re, condotta da Scenari Immobiliari sulla filiera italiana ed europea, in Italia il settore chiuderà il 2020 con 44 miliardi di ricavi, in crescita del 4,5% rispetto ai 42,1 miliardi del 2019 (che a loro volta segnavano un +2,7% annuo).

Solo la Francia fa meglio, a 90 miliardi nel 2020, in aumento del 5,6%. Il trend positivo è in controtendenza con il fatturato dell’immobiliare a livello di compravendite, che in Italia dovrebbe chiudere l’anno intorno ai 110 miliardi, in calo del 15,1% sul 2019, in linea con l’andamento dei principali mercati europei.

Smart working e revisione degli spazi
Perché questo successo? La pandemia, sin da marzo, ha messo i grandi “tenant” di fronte alla necessità di rivedere i loro spazi, come layout, fruizione, sanificazione e digitalizzazione. Le società del settore hanno quindi strutturato piani per il rientro in sicurezza dei dipendenti, per riprogettare gli spazi e per far fronte a nuove esigenze legate allo smart working, ad esempio la sicurezza dei dati e la creazione di tool per ispezioni da remoto. «Se già la digitalizzazione e la gestione del dato erano al centro del settore, questo periodo ha funzionato da formidabile acceleratore», afferma Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari.

A livello di comparti, il 52,5% del fatturato è appannaggio del Property e Facility management, che occupano circa 22mila addetti, mentre il 19,7% è dell’Asset management (8.300 addetti), il 18,3% in quota all'Agency (7.700 addetti), il 6,9% per l’Advisory/valuation (2.900) e il 2,9% per il Project management (1.200).

I limiti
La fotografia però mette in luce anche alcuni limiti. In primo luogo, l’eccesso di frammentazione. «Il settore delle attività immobiliari, nel nostro Paese, risulta caratterizzato, più che altrove, dalla presenza di micro e piccole imprese e dalla quasi totale assenza di grandi imprese», secondo Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. Lo dimostrano i numeri.

Le quindici società che collaborano alla realizzazione del report (Abaco Team, Agire Gruppo Ipi, Bnp Paribas Real Estate, Cdp Immobiliare, Coima, Colliers Real Estate Management Services, Cushman & Wakefield, Empam RE, Generali Real Estate, Morning Capital, Prelios Integra, Revalo, Rina Prime Value Services, Sidief, Yard - Reeas), che rappresentano il mondo dei servizi più strutturati, quasi sempre realizzati per clienti istituzionali, tutte insieme fatturano circa 270 milioni di euro, dunque una frazione dei 44 miliardi totali. Il resto è appannaggio di piccole e piccolissime attività. Poi c'è un tema di “valore”. «Pensiamo al property management. In Italia c’è una vera questione culturale nel mercato, dove i clienti vedono questo servizio al pari di una commodity e non come un valore aggiunto. Sono, di conseguenza, servizi non remunerati adeguatamente»,ha commentato detto David Vichi, ad di Revalo, società che in estate è stato oggetto di un'operazione di management buyout insieme a Elaia spa e altri manager.

Gli scenari aperti
Cosa succederà nel futuro? «Dai progetti di riqualificazione urbana e da processi locali di valorizzazione immobiliare arrivano grandi opportunità», suggerisce ancora Breglia. Ma ci sono due nicchie da tenere d’occhio più di tutte. Una è la gestione dei cosiddetti “distressed asset”, cioè asset immobiliari cui è correlato un debito non coerente con il valore o con i flussi di cassa generati.

Un terreno in cui le società sono chiamate a trovare soluzioni che mettano d’accordo il “triangolo” formato dalla proprietà, dal potenziale investitore e dalla controparte finanziaria che detiene il debito (la banca originaria o un investitore specializzato in Utp/Npl). E poi c'è il residenziale. «Tutte le asset class sono state costrette a ripensarsi e a cambiare, ma questa è quella che uscirà dalla crisi con maggiore innovazione», suggerisce Micaela Musso, dg di Abaco Team, del gruppo Gabetti, per sua natura votato al mondo “casa”. «Già oggi, fornire il necessario per la corretta adesione agli incentivi fiscali legati all’efficienza energetica è un’attività core, per noi, e lo sarà ancora di più negli anni a venire. La residenza diventerà un modello di asset class sostenibile sia economicamente sia come qualità della vita. E le nostre imprese saranno chiamate finalmente a erogare servizi di valore aggiunto sia per l’immobile, sia per le persone che lo abitano».

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