Condominio

I vincoli di destinazione degli immobili in ambito condominiale

Sono indicati nel regolamento condominiale e frutto di intesa tra i condomini stessi

di Rosario Dolce

La rilevanza dei vincoli di destinazione riservati agli immobili privati viene trattata dalla sentenza 26369 del 19 novembre 2011, appena pubblicata dalla Cassazione. Ora, prendendo spunto dal citato provvedimento, proviamo ad esaminare nel dettaglio il contenuto degli istituti enunciati e proiettiamone il rilievo in ambito condominiale.

La definizione di vincolo
Il termine vincolo, da sempre prospettato all'interno del diritto di proprietà, come limitazione, non ha avuto in dottrina una definizione unitaria, così come ha avuto diverse accezioni il termine “destinazione”.Più precisamente, il vincolo di destinazione è stato inteso dalla dottrina – così chiosa il decidente – come la somma delle limitazioni, ma anche degli obblighi imposti per garantire la destinazione di un bene o di un complesso di beni al raggiungimento di un fine reale o personale che sia.

La classificazione
I vincoli di indisponibilità sono stati anche classificati in diverse fattispecie rispetto agli aspetti funzionali: si va dal divieto di alienazione, a quello di immodificabilità materiale, fino a giungere a vincoli come quelli di carattere urbanistico o di destinazione.I vincoli sono stati, altresì, classificati con riguardo alla fonte e, in quanto tali, distinti in vincoli convenzionali, da quelli legali, intendendo per questi ultimi non soltanto quelli che trovano la loro origine nella legge, ma anche quelli che sono imposti in forza di un atto amministrativo.

La dottrina
La dottrina più recente è, comunque, concorde nel ritenere che non sussista una nozione unitaria di vincolo di destinazione e che piuttosto con tale terminologia vengano indicati dal legislatore figure tra di loro differenti, in relazione alle quali si sovrappongono diversi profili, ora riguardanti il potere di destinazione, ora il regime di circolazione dei beni.

I vincoli in ambito condominiale
Distogliendoci dal contenuto del provvedimento in esame, e, andando sul merito del diritto condominiale, i vincoli di destinazione assumono rilievo, soprattutto, siccome di fonte convenzionale. È fatto, altrettanto, noto che le limitazioni al contenuto dei diritti di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini, a pena di nullità, possono essere introdotte da convenzioni a cui tutti i condòmini hanno aderito, poiché generano dal lato passivo degli oneri reali incidendo sulle proprietà dei singoli (Cassazione 4905/90)

Quanto ai contenuti, giova precisare che i divieti ed i limiti di destinazione delle cose di proprietà individuale nel regime condominiale possono essere formulati nei regolamenti sia mediante elencazione delle attività vietate sia mediante riferimenti ai pregiudizi che si intendono evitare.Nella prima ipotesi è sufficiente, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, verificare se la destinazione sia inclusa nell'elenco; nella seconda ipotesi è necessario accertare l'effettiva capacità della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti cui, con la norma, si vuole ovviare (Cassazione 1544/74; 4554/86).

L'accertamento della violazione
Quando l'attività posta in essere da uno dei condòmini di un edificio è poi idonea a determinare il turbamento del bene della tranquillità degli altri partecipi, tutelato espressamente da disposizioni contrattuali del regolamento condominiale, non occorre accertare, al fine di ritenere l'attività stessa illegittima, se questa costituisca o meno immissione vietata a norma dell'articolo 844 Codice civile.In effetti, le norme regolamentari di natura contrattuale possono sempre imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori (se non minori) di quelle stabilite dalla indicata norma generale sulla proprietà fondiaria (Cassazione 4554/86)

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