Condominio

Al pagamento delle spese condominiali è tenuto chiunque abbia la qualifica di condomino

Anche se ha venduto gran parte del bene, conservando - come nel caso in esame - solo parte di un giardino

di Selene Pascasi

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per oneri condominiali, al condominio basta produrre il verbale dell'assemblea che li abbia approvati. La deliberazione, infatti, è titolo sufficiente del credito e legittima la concessione del decreto ingiuntivo tanto che in quel contesto l'opponente non può neanche far valere le questioni attinenti l'annullabilità della delibera di approvazione dello stato di ripartizione. Lo ricorda il Tribunale di Lecce con sentenza numero 289 del 3 febbraio 2020.

La vicenda
Motivano la lite, i circa 3.600 euro di spese non pagate da un uomo che – acquistato un appartamento con giardino retrostante, poi adibito a pertinenza dell'hotel da lui gestito e confinante con il condominio – aveva successivamente ceduto la proprietà dell'abitazione e di porzione del giardino perdendo, a suo avviso, la qualità di condomino. In sintesi, spiega opponendosi all'ingiunzione, quelle spese riguardavano servizi di cui non poteva più godere. Il decreto, quindi, andava revocato.

Il giudice di pace concorda e boccia la richiesta di pagamento del condominio: l'ente non aveva dimostrato la condominialità del bene di cui l'albergatore era titolare. Ma contro la decisione arriva l'impugnazione del condominio che propone appello al Tribunale il quale, ribaltata la situazione, condanna l'uomo a mettersi in regola con i versamenti. Era evidente ed indiscutibile, precisa, che avesse acquistato un appartamento e un giardino retrostante inseriti nell'ambito di un complesso condominiale e pertanto legati al pagamento di oneri condominiali.

Tabelle non contestate
Inoltre, era stato provato in via documentale che le tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale avevano individuato la quota a lui spettante, distinguendo l'appartamento ed il giardino retrostante. Tabelle che, marca il Tribunale di Lecce, l'uomo non aveva mai impugnato nel corso degli anni. Era scorretta, allora, la soluzione adottata in prima battuta dal Giudice di pace considerato che i carteggi depositati dall'ente avevano provato la natura comune dei beni dell'albergatore (atto di acquisto, regolamento condominiale e tabelle millesimali deponevano tutti verso un'unica ed univoca direzione). Ciò che andava verificato, dunque, era se con la vendita dell'appartamento e di una parte del giardino, fosse andata “persa” la sua qualità di condomino. Certamente no.

Essendo ancora proprietario di una restante porzione di giardino, originariamente inserita tra i beni comuni e indicata in tabella, era da ritenersi a tutti gli effetti uno dei condòmini. Semmai, per far valere un diverso regime, avrebbe potuto chiedere una deliberazione dell'assemblea o una pronuncia giudiziale tesa a far accertare che la porzione di cui era titolare non fosse più compresa nel condominio in quando bene autonomo e non più collegato all'edificio. Scorporo che, però, non aveva mai chiesto così mantenendo la veste di condomino. E se lo era, era tenuto alla contribuzione agli oneri condominiali e, di riflesso, al pagamento delle somme ingiunte dal condominio che, dal canto suo, aveva assolto il proprio onere probatorio depositando sia il verbale di approvazione dell'assemblea che i documenti a supporto, tabelle incluse.

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