Condominio

Servitù di veduta: non sempre è necessaria l’eliminazione della sopraelevazione

In caso di contestazioni, può anche bastare l’arretramento dell’opera illecita

di Annarita D’Ambrosio

Servitù di vedute e questioni relative alle contingenti problematiche legate alle conseguenze in sede processuale dell’emergenza pandemica si intrecciano nella sentenza della Cassazione 23184 del 23 ottobre 2020.

I fatti e le pronunce di merito
Una condomina aveva chiesto la condanna di due proprietari all’eliminazione di una sopraelevazione realizzata, a suo avviso in violazione, della servitù di veduta in favore dell’appartamento di proprietà del padre, di cui la donna era tutrice. La servitù era comprovata da una convenzione in virtù della quale si autorizzava il mancato rispetto della distanza laterale tra le proprietà, dietro corrispettivo e dunque - a detta dell’attrice -costituendo invece una servitù sulla veduta. Ipotesi contestata dai convenuti per i quali l’atto risalente al 1952 era relativo solo al diritto di mantenere il fabbricato a distanza inferiore a quella legale. I giudizi di primo e secondo grado erano stati favorevoli all’attrice.

Le contestazioni processuali relative al deposito dei documenti
Prima di entrare nel merito, c’è da focalizzarsi sulla inamissibilità della memoria presentata ex articolo 380 bis Codice di procedura civile trasmessa via Pec e non depositata in cancelleria. Fino al 31 luglio 2020, la legge 27/2020, per la pandemia in atto, ha autorizzato il deposito di documenti in via telematica. L’attivazione del servizio è però preceduta da un provvedimento del direttore generale dei servizi informativi ed automatizzati del ministero della Giustizia che accerti l’idoneità dell’operazione. È prevista dunque una deroga alla regola generale della necessità di depositare esclusivamente gli atti cartacei presso le cancellerie. Nel caso specifico, la memoria era stata depositata successivamente alla data del 31 luglio e pertanto non è stata ritenuta ammissibile.

Il merito della questione
Due i motivi sollevati dinanzi alla Suprema corte dai soccombenti: l’erronea interpretazione dell’atto sulla deroga alle distanze delle vedute che era da ritenersi a vantaggio di entrambe le parti (non escludendo dunque le sopraelevazioni) e la violazione e falsa applicazione dell’articolo 907 Codice civile, dell’articolo 2697 Codice civile e dell’articolo 612 Codice procedura civile, in relazione all’articolo 360 Codice procedura civile, in quanto la Corte di merito aveva disposto la demolizione e non l’arretramento della sopralevazione.

La decisione
Respinto il primo motivo perchè avrebbe comportato un giudizio sull’interpretazione data dai giudici di primo e secondo grado, non ammissibile in sede di legittimità quando solo la rispondenza al dettato normativo deve essere vagliata, gli ermellini hanno invece accolto il secondo motivo. Il giudice, può in sostanza, anche se richiesto di ordinare la demolizione di una sopraelevazione, disporne il semplice arretramento (Cassazione 7809/2014).

La parte infatti aveva dimostrato che l’eliminazione delle vedute abusive poteva realizzarsi anche solo attraverso la «predisposizione di idonei accorgimenti come l’arretramento del parapetto o l’apposizione di pannelli» (Cassazione 9640/2006; Cassazione 11729/2012). Pertanto cassando la sentenza di appello, è stato predisposto il rinvio innanzi alla Corte d’appello in diversa composizione per una nuova pronuncia.

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