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Con il 110% il riaddebito del general contractor più gestibile se è «trasparente»

In una procedura così complessa agli occhi del contribuente è assai appetibile la prospettiva di potersi avvalere di un unico soggetto che coordini le varie imprese

Nel più ampio tema di quali spese possono essere considerate “accessorie” agli interventi meritevoli dl 110% e possono, di conseguenza, cumularsi nel calcolo della detrazione – o, comunque, nell’importo cedibile o scontabile dal fornitore – è di estremo interesse comprendere cosa accade quando il rapporto con il contribuente è instaurato da un general contractor.

In una procedura complessa come quella disegnata dal Dl Rilancio per ottenere la super agevolazione del 110%, agli occhi del contribuente è assai appetibile la prospettiva di potersi avvalere di un unico soggetto che coordini le varie imprese chiamate a realizzare l’intervento e i diversi professionisti coinvolti nel rilascio della documentazione. E, infatti, le offerte sul mercato non mancano.

L’intervento di questa figura, tuttavia, proprio per il superbonus non è stato ancora ben inquadrato dalla prassi. Ogni intervento, infatti, è dotato dei propri limiti di spesa o di detrazione, a cui si aggiungono anche i limiti specifici introdotti dal Dm Requisiti, che per le attestazioni e asseverazioni tecniche vanno individuati basandosi sul Dm Giustizia 17 giugno 2016 (contenente le tabelle per i corrispettivi negli appalti pubblici).

L’intervento del general contractor e dei margini applicati da quest’ultimo, “a valle” del costo applicato da imprese esecutrici e professionisti, rappresenta una spesa relativa all’intervento (e come tale potenzialmente detraibile) ma che difficilmente può essere compresa nelle attestazioni di congruità, rendendo peraltro tali asseverazioni non complete. In questo caso, inoltre, il destinatario delle fatture dei professionisti non è il contribuente, ma il general contractor, il quale le ribalta, spesso indistintamente sulla base degli accordi iniziali, sul contribuente stesso.

In attesa di chiarimenti ufficiali, appare opportuna la prudenza, che può consistere in due opzioni:

1 - creare il collegamento diretto tra prestazioni professionali e contribuente, facendo sì che sia quest’ultimo a costituire il destinatario delle fatture di tali prestazioni (il general contractor fa fatturare la prestazione direttamente al contribuente);

2 - tramite documentazione aggiuntiva, rendere trasparente la scomposizione del corrispettivo fatturato dal general contractor tra le diverse componenti, in modo da permettere la verifica (in primis al soggetto chiamato a rilasciare l’attestazione di congruità) del rispetto dei massimali di spesa e dei limiti unitari per singolo intervento, nonché del “tetto” alle prestazioni professionali di cui al citato Dm Giustizia 17 giugno 2016.

La posta in gioco, in presenza di vantaggi fiscali di questa natura, è troppo alta per rischiare che alcune procedure vengano un domani contestate dagli organi verificatori.

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