Condominio

Il difetto di legittimazione dell’amministratore si sana con una delibera assembleare

Non è richiesto il consenso unanime dei condomini

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di Rosario Dolce

La corte di Cassazione, nell’ordinanza 21533 del 7 ottobre 2020, ritorna sui poteri di rappresentanza processuale dell'amministratore, in tema di opposizione all'esecuzione di terzo (articolo 619 Codice procedura civile), ed esprime il seguente principio di diritto: «In tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condòmini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condòmini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l'amministratore è autonomamente legittimato ai sensi dell'articolo 1130, numero 4, Codice civile) possono essere esperite dall'amministratore solo previa delibera dell'assemblea, a norma dell'articolo 1131, comma primo, Codice civile, adottata con la maggioranza qualificata di cui all'articolo 1135 Codice civile […]».

La vicenda
Il caso trattato riguardava la vendita all'asta di un cosiddetto “volume tecnico”, all'interno del quale era allocata la caldaia condominiale. Nello specifico, tale locale era stato ritenuto nella disponibilità di un condòmino, quale imprenditore commerciale, dichiarato “fallito”. Per cui, l'immobile – evidentemente accatastato – era stato messo in vendita dalla curatela fallimentare, previo provvedimento del giudice delegato.Il condominio – avuto conoscenza dalla pubblicazione dell'avviso – si è opposto alla vendita, “rivendicando” la titolarità del bene (quindi, parte comune), chiedendo che la procedura esecutiva venisse posta nel nulla.

In punto, l'azione svolta dall'amministratore è stata però ritenuta dai giudici dell'opposizione inammissibile, sia sotto il profilo della legitimatio ad causam (ovvero ad agire) che della legitimatio ad processum (della capacità di stare in giudizio). La compagine dei condòmini si è, pertanto, rivolta alla Cassazione.

I presupposti
I giudici di legittimità per dirimere il caso hanno premesso sui poteri dell'amministratore, non fosse altro che per inquadrare correttamente la fattispecie in diritto. Quindi, hanno precisato che l'amministratore convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni è tenuto a dare subito notizia all'assemblea dei condòmini, se la materia del contendere esorbiti i suoi poteri. Il mandatario dei condòmini, ai sensi dell'articolo 1131 secondo e terzo comma Codice civile, può, tuttavia, costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea; ma, in tale ipotesi, deve ottenere la successiva ratifica del suo operato da parte dei condòmini riuniti, per l'appunto, in assemblea, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione (tra le tante, Cassazione, Sezioni unite, 18331/2010).

Il caso specifico
Ora, nella fattispecie trattata è stata rilevata la presenza della delibera autorizzativa in favore dell'amministratore, adottata con la necessaria maggioranza, ai fini della proporzione della domanda in questione.L'azione esercitata dall'amministratore, non avente natura meramente conservativa, ma funzione di accertare la natura condominiale di un bene, è stata ritenuta, quindi, legittima, siccome, per essere sostenuta, non deve constare della partecipazione al giudizio di tutti i condòmini, né di un atto di assenso espresso da tutti i condòmini, nessuno escluso (in punto, è stato richiamato come precedente quello della Cassazione 14797 /2014).

Azione a tutela dei diritti dei singoli condòmini
I giudici di legittimità, da ultimo, hanno diversificato la questione trattata da un altro caso, solo apparentemente simile, quale quello della “rivendica” di beni posti in comproprietà tra alcuni dei condòmini. Nel qual caso, la legittimazione dell'amministratore trova il suo fondamento soltanto nel mandato a lui conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non anche nel predetto meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale. Il potere di estendere il dominio spettante ai singoli condòmini in forza degli atti di acquisto delle singole proprietà è del tutto estraneo al meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale e può essere conferito, pertanto, solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condòmini interessati (Cassazione 5147/2003).

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