Condominio

Non è imputabile al progettista il furto dei valori presenti nella cassaforte dell'appartamento

Bisogna dimostrare sempre il nesso causale tra il furto e l’attività svolta dal direttore dei lavori

di Eugenia Parisi

Un proprietario chiamava in causa l'architetto che aveva predisposto i lavori di ristrutturazione del suo appartamento per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto di gioielli presenti nella cassaforte che lo stesso aveva installato: i ladri, infatti, avevano sottratto l'intera cassaforte dal vano creato nel muro e di tale evento l'attore aveva attribuito la responsabilità al professionista poiché non ne avrebbe controllato la corretta installazione.

La difesa del professionista
L'attore aveva inoltre lamentato difetti nella ristrutturazione del bagno, dell'anticamera e della cucina ed il mancato rilascio di documentazione imposta dalla legge e di tutti questi danni aveva chiesto il risarcimento al convenuto. Dal professionista, invece, oltre al rigetto delle domande, era stato invocato il concorso di colpa dell'attore: con riferimento al furto, per non avere adottato cautele ulteriori al fine di scongiurarlo (quali porta blindata o sistema antifurto) e con riferimento agli altri danni, per avere sempre fatto ricadere la scelta di materiali e imprese su soluzioni orientate al prezzo più economico.

La responsabilità contrattuale
Merita premettere che è stata dedotta, nel giudizio concluso con la sentenza 1780/2020 del Tribunale di Milano, la conclusione di un contratto d'opera intellettuale tra l'attore ed il professionista, avente ad oggetto la progettazione e la direzione dei lavori di ristrutturazione di un appartamento: da qui l'applicazione delle norme di cui all'articolo 1218 Codice civile, al fine di valutare la sussistenza di responsabilità in capo al convenuto.

Alla fattispecie in esame, inoltre, deve trovare applicazione il costante orientamento della Cassazione, in base al quale il creditore che agisca in giudizio per l'inadempimento del debitore deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto potendosi limitare ad allegare l'inadempimento ed il nesso di causa tra inadempimento e danno; incombe, invece, sul debitore convenuto l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento dell'obbligazione (Cassazione a sezioni unite 13533/2001).

L’incarico professionale
Non era contestato che l'attore avesse conferito un incarico professionale volto alla predisposizione di un progetto per la ristrutturazione dell'immobile di sua proprietà nonché alla direzione dei lavori e alla supervisione dell'esecuzione delle opere e che avesse dunque lamentato l'inadempimento della convenuta alle obbligazioni sulla stessa gravanti. Seppur la giurisprudenza abbia esteso l'applicazione dell'articolo 1669 Codice civile anche al direttore lavori, nel caso di specie è fuori di dubbio che venga in rilievo solo la responsabilità contrattuale dell'architetto.

I gravi difetti dell’opera
In primo luogo, si è sempre parlato di responsabilità per inadempimento del contratto stipulato con l'architetto ed in secondo luogo, occorre sottolineare come l'articolo 1669 Codice civile venga in rilievo solo per “gravi difetti”. Ora, la Cassazione ha avuto modo di spiegare che «sono gravi difetti dell'opera, rilevanti ai fini dell'articolo 1669 Codice civile., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo» (Cassazione a sezioni unite 7756/2017).

I danni subiti
Non pare, nel caso di specie, che i difetti allegati possano essere qualificati come gravi sulla scorta delle parole della Suprema corte, soprattutto alla luce delle allegazioni di parte: infatti, non è stato in alcun modo dimostrata la compromissione della normale utilizzazione del bene come conseguenza dei lamentati danni; anzi, non è contestato che parte attrice avesse continuato a godere del bene anche in epoca successiva alla scoperta dei difetti in questione.

Da quanto sopra esposto in merito all'applicazione dell'articolo 1669 Codice civile, emerge come debbano essere rigettate le eccezioni relative alla decadenza e prescrizione dell'azione sollevate da parte convenuta, dovendosi ritenere altro e diverso il paradigma che disciplina la fattispecie in esame.

Le figure professionali coinvolte
Con riferimento al progettista, se è vero che il progetto, sino a quando non sia materialmente realizzato, costituisce una fase preparatoria, strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, è anche vero che, sul piano tecnico e giuridico, il progettista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da assicurare la preventiva e corretta soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente (Cassazione 2257/2007).

Dal momento che il convenuto era stata designato anche come direttore dei lavori – e che è sotto tale veste in particolare che si lamenta l'inadempimento - merita sottolineare anche che costui, per conto del committente, presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultato; ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni coinvolgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare il risultato che il committente si aspetta di conseguire, per cui il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligenza nel caso concreto.

I compiti del direttore dei lavori
Rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori, l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi; sicché non si sottrae a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente (Cassazione 23350/2013).

L'asportazione totale della cassaforte
Il primo e più consistente inadempimento lamentato era rappresentato dalla non corretta installazione della cassaforte, che avrebbe reso possibile la sua sottrazione da parte di ignoti: essa era stata, infatti, “sfilata” dal vano in cui era stata collocata, pochissimi mesi dopo la fine dei lavori di ristrutturazione. A sostegno della scorrettezza dell'installazione, parte attrice aveva riportato delle indicazioni di installazione reperite su un forum presente in internet in quanto «i manuali dei produttori visionati dicono poco o nulla in merito all'ancoraggio delle cassette da incasso».

Ora, in primo luogo, risulta quantomeno arduo addebitare la scorrettezza dell'installazione al direttore dei lavori, quando nemmeno i produttori di cassette di sicurezza forniscono elementi che possano guidare nel procedimento di incasso delle stesse. In secondo luogo, si osserva come il totale sradicamento della cassetta impedisca di accertare quale sia stata, effettivamente, la tecnica utilizzata per la sua installazione. Ciò è dimostrato anche dalla relazione tecnica di parte, in cui si avanzano solamente ipotesi circa le modalità di incasso della cassaforte.

La prova del nesso di causalità
Infine, nella stessa relazione tecnica si legge come «la tipologia edilizia dello stabile non favorisce la sicurezza», con ciò dimostrandosi anche una oggettiva difficoltà connaturata alla conformazione dell'immobile, che impedisce di addossare all'architetto la presunta scorretta installazione della cassaforte. Ancora, sempre a sostegno del rigetto della pretesa, si osserva l'assenza di prova in ordine al nesso di causalità tra la condotta del professionista e il danno. In tema di illecito civile, infatti, un evento è da ritenere causato da un dato comportamento quando il suo verificarsi per effetto di quel comportamento sia più probabile che non il suo contrario (Cassazione 10285/2009).

Nel caso in esame, non è possibile ravvisare elementi sufficienti a far ritenere «più probabile che non» che i danni lamentati da parte attrice fossero riconducibili alla condotta del convenuto. Non vi è alcuna prova, infatti, che, anche qualora la cassetta di sicurezza fosse stata incassata seguendo tecniche alternative a quella concretamente utilizzata (che, peraltro non si sa quale siano, visto che, come sopra specificato, è visibile solamente una voragine nel muro), il furto non si sarebbe verificato. In conclusione, non può ritenersi che anche in presenza di una diversa installazione della cassaforte, il furto non si sarebbe, con elevata probabilità, verificato: in assenza di prova del nesso di causa tra condotta e danno, la domanda non può che essere rigettata.

I difetti delle porte ed il malfunzionamento del bagno
Con riguardo alle lamentate inesattezze nell'installazione delle porte e ai loro difetti estetici, invece, si osserva come parte attrice stessa affermi che i difetti fossero emersi nei mesi a seguire la fine dei lavori. Ora, se anche il committente si fosse avveduto del «fuori piombo» delle porte scorrevoli solo dopo un consistente lasso di tempo dalla fine dei lavori, non si vede come tali imprecisioni potessero essere, invece, visibili al professionista convenuto.

Era evidente, da quanto affermato in giudizio, che il difetto non fosse di immediata percezione e, dunque, probabilmente, non derivante da un errore di montaggio a colpo d’occhio percepibile; essendosi presentati dopo l'utilizzo da parte della padrona di casa, non si può escludere che i predetti danni siano stati conseguenza proprio dell'uso e non, invece, riferibili alla fase di ristrutturazione. Anche con riferimento ai danni lamentati per anticamera e cucina, dunque, non vi è prova che essi siano da ricondurre all'opera di ristrutturazione e, di conseguenza, anche queste domande sono state rigettate.

Con riguardo al secondo bagno, i danni sarebbero consistiti in esalazioni di odori sgradevoli e nella risalita di acque nere dagli scarichi della doccia. In merito a ciò, si osserva come questi problemi non siano ritenuti imputabili al direttore lavori: dalla relazione tecnica, infatti, si evinceva come entrambi i problemi fossero dovuti a dettagli tecnici di carattere idraulico. Con riferimento alla progettazione e realizzazione del bagno, infatti, non si poteva muovere alcun rimprovero al convenuto che aveva ricavato il secondo bagno da una parte di ripostiglio; trattasi di bagno cieco, rispetto al quale si era resa necessaria la previsione di una ventola di areazione e, in assenza di canne di caduta nel ripostiglio, l'installazione di un trituratore di tipo “sanitrit”.

Entrambe le necessità sono state previste e soddisfatte; del resto, i documenti sopra richiamati riconducono il reflusso di acque nere a una scorretta disposizione e a un mal funzionamento delle valvole anti reflusso del trituratore. I cattivi odori, invece, sarebbero – in termini di possibilità - riconducibili alla assenza di sifone nel lavandino o, in alternativa, a “difetti occulti” della ventola di areazione. Ora, è pacifico che il direttore lavori debba supervisionare tutta l'oper a di ristrutturazione assicurandosi che essa sia eseguita in modo conforme al progetto e alle buone tecniche; è anche però vero che la diligenza alla luce della quale valutare la condotta del direttore lavori è quella qualificata dalla natura dell'attività svolta.

Le conclusioni
Non si può pretendere dall'architetto-direttore lavori la stessa competenza tecnica che ci si aspetta, invece, in un idraulico; non si può, del resto, pretendere che il professionista incaricato risponda anche per errori strettamente settoriali e non immediatamente riconoscibili, quali sono il posizionamento di un sifone e i “difetti occulti” della valvola di areazione. In merito, infine, al mancato rilascio della documentazione imposta dalla legge, non era stato nemmeno specificato di quali atti precisi si trattasse rimanendo, quindi, una contestazione del tutto generica con la logica conclusione che la domanda di parte attrice avente ad oggetto il risarcimento dei danni è stata interamente rigettata.

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