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Amministratore e mediazione: l’assemblea deve dire dire sì già dall’inizio

L’amministratore deve essere autorizzato dall’assemblea per partecipare al procedimento di mediazione?

di Antonio Scarpa

La domanda

L’amministratore deve essere autorizzato dall’assemblea per partecipare al procedimento di mediazione?

A cura di Smart24 Condominio

L'art. 71 quater disp. att. c.c. (inserito dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), al comma 1 indica quali siano le “controversie in materia di condominio” che, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, sono soggette alla condizione di procedibilità dell'esperimento del procedimento di mediazione. Il comma 3 del medesimo art. 71 quater disp. att. c.c. aggiunge, quindi, che ”al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice”. Il quarto comma dell'art. 71 quater contempla poi l'ammissibilità di una proroga del termine di comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la deliberazione autorizzativa dell'assemblea, alla quale, infine, il quinto comma di tale disposizione rimette l'approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la partecipazione dell'amministratore alla procedura.

La lettera dell'art. 71 quater, comma 3, disp. att. c.c. porta a concludere che, quando il condominio intende esercitare in giudizio un'azione tra quelle specificate dall''art. 71 quater, comma 1, disp. att. c.c., la condizione di procedibilità non può dirsi adempiuta allorché all'incontro davanti al mediatore l'amministratore partecipi sprovvisto della previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., non essendo in tal caso “possibile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il primo comma dell'art. 8, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28.

Tale evenienza non corrisponde, dunque, all'ipotesi contemplata dall'art. 5, comma 2 bis, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il quale dispone che “quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, l'accordo amichevole di definizione della controversia è privo di giuridica possibilità se il rappresentante inviato in mediazione è privo della facoltà di conciliare, spettando comunque all'assemblea (e non all'amministratore) il “potere” di approvare una transazione riguardante controversie d'interesse comune, ovvero di delegare l'amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell'attività dispositiva negoziale affidatagli.

La necessità della delibera assembleare ex art. 71 quater, comma 3, disp. att. c.c. occorre, peraltro, già per la mera partecipazione al procedimento di mediazione (e, quindi, agli effetti dell'art. 8, comma 5, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28), senza che rilevi il fatto che si tratti o meno di controversia che rientra nell'ambito delle attribuzioni dell'amministratore, in forza dell'art. 1130 c.c., e con riguardo alla quale perciò sussiste la autonoma legittimazione processuale di quest'ultimo ai sensi dell'art. 1131 c.c., indipendentemente dalla necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea.

Pur in relazione alle cause inerenti all'ambito della rappresentanza istituzionale dell'amministratore, questi non può “trattare” nelle attività di mediazione privo della delibera dell'assemblea, in quanto l'amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2 c.c., è altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia (Cass. 8 giugno 2020, n. 10846).

È agevole concludere che, alla stregua dell'operatività del comma 3 dell'art. 71 quater disp. att. c.c., viene in parte erosa, nel concreto, l'autonoma legittimazione processuale attiva dell'amministratore, conferitagli dall'art. 1130 c.c. per lo svolgimento delle attribuzioni ivi previste (esecuzione delle delibere dell'assemblea, cura dell'osservanza del regolamento di condominio, amministrazione delle cose, degli impianti, dei servizi comuni, conservazione e manutenzione di essi, disciplina del loro uso e riscossione dei contributi).

Quando, infatti, l'amministratore intenda esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia derivante dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice civile e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, ed altresì rientrante nelle materie di cui all'art. 1130 c.c., egli non ha necessità, ai fini dei suoi poteri di rappresentanza, della preventiva autorizzazione assembleare (o, eventualmente, della ratifica del suo operato), ma la delibera dell'assemblea gli occorre comunque per l'esperimento del procedimento di mediazione, che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

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