Condominio

Condominialità di un bene: la valutazione spetta solo ai giudici di merito

Nel caso in esame ringhiere e balconi erano stati ritenuti in primo e secondo grado beni comuni perchè parte della facciata dell’edificio

di Edoardo Valentino

La valutazione in merito alla condominialità o meno di ringhiere e balconi, ossia la decisione se questi manufatti siano parti comuni o parti private e come vadano ripartite le relative spese di manutenzione e gestione, spetta solo ai giudici di merito ed è questione non demandabile in sede di legittimità. Questo il principio pronunciato dalla sesta sezione della Cassazione, con la sentenza numero 10848 dell'8 giugno 2020.

I fatti
Il caso approdava in Cassazione a seguito di una duplice soccombenza nei gradi di merito.
Un condomino, infatti, agiva presso il giudice di pace impugnando una deliberazione assembleare del proprio stabile nella parte in cui aveva ripartito tra i tutti i condomini le spese di sostituzione delle ringhiere dei balconi della facciata condominiale.

Il giudice di pace, tuttavia, aveva valutato come il condominio avesse agito correttamente e aveva rigettato l'impugnazione della delibera assembleare. Il condomino, quindi, aveva appellato la decisione presso il Tribunale, ma questo giudice, in modo identico al primo, aveva rigettato la domanda sulla base del seguente ragionamento: le ringhiere e i parapetti fungono da divisori dei balconi e costituiscono parte della facciata, la quale è indiscutibilmente parte del decoro architettonico del condominio. Conseguentemente ogni parte della stessa risulta parte comune e le conseguenti spese di gestione devono essere sostenute dalla generalità dei proprietari.

Il ricorso alla Suprema corte
Alla luce di tale soccombenza, il condomino agiva in sede di legittimità con ricorso in Cassazione fondato su un unico motivo di diritto. Sosteneva, infatti, il ricorrente come il Tribunale avesse errato nel considerare le ringhier e oggetto di causa come parti condominiali e non private, disponendo come il pagamento delle spese dovesse essere addebitato esclusivamente ai condomini che le possedevano e non anche a tutti gli altri indistintamente.

I motivi della decisione
Con la sentenza Cassazione sezione sesta, 8 giugno 2020, numero 10848, la Suprema corte rigettava il ricorso. A detta della Cassazione, infatti, le questioni inerenti alla condominialità di manufatti all'interno dello stabile, lungi dal costituire questioni di diritto, sono da considerarsi argomenti di fatto la cui decisione è demandabile ai soli giudici di merito e non anche al giudice di legittimità.

Le parti comuni
L'articolo 1117 Codice civile, difatti, annovera le parti comuni del condominio affermando che «sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate […]».

Tale norma, però, non costituisce un elenco chiuso, in quanto ogni parte assoggettata all'utilizzo comune da parte della generalità dei condomini può essere considerata alla stregua di un bene comune.La sentenza in analisi, però, pone un importante limite alla possibilità di discernimento tra parte privata e comune, stabilendo il limite del giudizio di merito. Nonostante, quindi, la decisione dei giudici di merito non abbia (a parere della parte) colto nel segno nel determinare la condominialità o meno di un bene in condominio, questa questione risulta di merito e non può essere oggetto di valutazione da parte della Cassazione. All'esito del giudizio, conseguentemente, la Suprema corte rigettava il ricorso del condomino e lo condannava alla refusione delle spese di lite della controparte.

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