Condominio

Appropriazione indebita, non serve invocare l’esistenza di crediti pregressi

Il reato scatta anche se le some sono state trattenute a compensazione di propri preesistenti crediti, se sono non certi, non liquidi e non esigibili

di Rosario Dolce

Il reato di appropriazione indebita non viene meno quando l'amministratore invoca di aver trattenuto le somme in contestazione a compensazione di propri preesistenti crediti, ove si tratti di crediti non certi, non liquidi e non esigibili. Lo ha detto la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con l'Ordinanza 12618/2020.

Reato istantaneo
Il delitto di appropriazione indebita, quale reato istantaneo, si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria.

Interversione
La Corte di Cassazione, già in passato, aveva ritenuto consumato il reato di appropriazione indebita delle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti, da parte di colui che ne era stato amministratore, all'atto della cessazione della carica, momento in cui, in mancanza di restituzione dell'importo delle somme ricevute nel corso della gestione, si verifica con certezza l'interversione del possesso (Cfr, Sentenza n. 40870 del 7 settembre 2017).

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni
Viceversa, non ricorre il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni nel caso in cui il soggetto che si sia appropriato di denaro o beni a preteso soddisfacimento di un credito abbia piena signoria sui predetti denaro o beni e piena coscienza e volontà di farli propri.

Compensazione crediti
In questo caso sussiste, invece, l'elemento psicologico del reato di cui all'art. 646 c.p., non potendo parlarsi di buona fede rispetto ad una azione esecutiva privatamente esercitata, e non ricorrendo conseguentemente alcuno dei casi che potrebbero giustificare l'esclusione del dolo (Corte di Cassazione, sentenza n. 10282 del 29/04/1975).

In altri termini, chi trattiene una cosa appartenente a un suo debitore e la converte in uso proprio per compensare il credito non commette appropriazione indebita solo se il credito è esistente, determinato nell'ammontare e non controverso nel titolo (Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 205 del 13 gennaio 1982)

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