Condominio

Stalker ai danni di condòmini condannato senza vincolo di «continuazione»

Gli episodi contestati erano numerosi ma ognuno costituiva una fattispecie autonoma di reato

di Rosario Dolce

La corte di Cassazione, in tema di “recidiva” dello stalker, ha precisato che gli atti successivi a quelli per i quali è stato giudicato non possono essere più collegati a quelli precedenti, ma devono dare vita ad una nuova serie di atti che sia causa di uno degli eventi contemplatati dall'articolo 612 bis Codice penale (sentenza 11925 del 10 aprile 2020).

La pronuncia era relativa ad un caso di stalker condominiale, ovvero un soggetto che aveva compiuto atti persecutori ai danni di più residenti nello stabile dove abitava.

Reato perseguibile a querela, a date condizioni
Il reato di atto persecutori è un reato abituale in cui la condotta è caratterizzata da una pluralità di atti che, nel loro complesso, realizzano l'offesa al bene giuridico protetto dalla norma. Il bene giuridico oggetto di tutela, in particolare, è la libertà personale e morale della persona (nel nostro caso dei condòmini o dei vicini). Le condotte devono necessariamente causare almeno uno dei seguenti eventi alternativi: 1) il perdurante e grave stato di ansia o paura della vittima; 2) il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente; 3) la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Quindi, ai fini della proposizione della querela, il termine inizia a decorrere con la consumazione del reato, coincidente con il verificarsi di uno degli eventi contemplati dallo stesso articolo.

La struttura unitaria del reato
Una volta intervenuta la condizione di procedibilità essa si estende anche alle condotte poste in essere dall'imputato successivamente, poiché queste, unitariamente considerate con le precedenti, integrano l'elemento oggettivo del delitto (tra le tante, corte di Cassazione, sezione V, numero 41431 dell’11 luglio 2016).

Condotte anteriori: nuova querela
Quando, tuttavia, l'imputato è stato già condannato per lo stesso reato con sentenza passata in giudicato, a fronte di condotte anteriori, per la sussistenza di un nuovo e diverso reato di atti persecutori occorre considerare nuovi eventi posteriori a quelli oggetto del precedente accertamento.

Il delitto di atti persecutori, infatti, in quanto reato necessariamente abituale, non è configurabile in presenza di un'unica, per quanto grave, condotta di molestie e minaccia, neppure unificando o ricollegando la stessa ad episodi pregressi oggetto di altro procedimento penale attivato nella stessa sede giudiziaria (Cassazione, sezione 5, penale, del 24 settembre 2014 numero 48391).

Continuazione di reato
Una serie di condotte capaci di integrare il reato abituale può ritenersi cessata per effetto di sentenza di condanna e, se ripresa successivamente a questa, può dar luogo ad una situazione di continuazione ai sensi e per gli effetti dell'articolo 81 Codice penale, purché la nuova serie di condotte sia tale da delineare una nuova e autonoma fattispecie di reato abituale.

Reati diversi
Se, invece, si è in presenza di due reati diversi, da unificare nel vincolo della continuazione, è necessario che ciascuno di essi sia completo di tutti i suoi elementi.Diversamente ragionando – secondo il giudice di legittimità – quando per integrare gli elementi costitutivi del secondo reato debba farsi ricorso ad elementi del primo reato già giudicato, l'agente verrebbe condannato due volte per lo stesso fatto, in violazione dell'articolo 649 Codice procedura penale (secondo il quale, «l'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per lo stesso fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345»)

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