Condominio

L'appropriazione indebita aggravata non richiede la querela per il recidivo

E’ stato perciò condannato un amministratore che non aveva, a scadenza del mandato, restituito quanto dovuto

di Giulio Benedetti

L'amministratore condominiale è il mandatario del condominio e al termine del suo incarico , per l'articolo 1713 Codice civile deve rendere il conto e restituire tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. Vale a dire che il denaro ed i documenti sono di proprietà del condominio e l'amministratore non può trattenerli , magari vantando crediti verso il condominio.

Il reato
Si verifica quando l'amministratore , oltre ad omettere la restituzione , compie atti su questi beni da cui emerge la sua volontà di considerarli come propri. In pratica esercita un'indebito potere sugli stessi e ignora la richiesta di restituzione operata dai condòmini.

L’obbligo di restituzione
La giurisprudenza ha precisato che l'amministratore ha la detenzione non per conto proprio delle somme sulle quali opera effettuando prelievi e pagamenti in favore del condominio. Pertanto la sua attività è un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza con la conseguente applicabilità nei rapporti tra l’amministratore e i condomini delle norme sul mandato . Quindi l'obbligo di restituzione sorge a seguito della conclusione dell'attività gestoria. Di norma la restituzione avviene a seguito del rendiconto annuale ma , se ciò non avviene , una volta che la gestione si conclude l'amministratore è tenuto alla restituzione di tutto ciò che ha in cassa , indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono .

Il fatto che alla scadenza del mandato l'amministratore sia tenuto alla restituzione di ciò che ha in cassa si argomenta anche dalla considerazione che potrebbe avere avuto anche l'incarico di recuperare somme dovute da condomini morosi e riguardanti anche la precedente gestione .

La querela e la recidiva
Il reato di appropriazione indebita è procedibile a seguito della presentazione della querela ed il termine di novanta giorni , previsto dall'articolo 124 Codice penale, decorre dal momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore .

La Corte di Cassazione (sentenza 34196/2018) sostiene che la cessazione dalla carica di amministratore di condominio determina la consumazione del delitto di appropriazione al condominio, poiché in quel momento, in mancanza della restituzione di somme ricevute nel corso della gestione si verifica con certezza il passaggio dalla detenzione al possesso.

La pronuncia della Suprema corte
La mancata presentazione della querela entro il termine rende improcedibile il reato, tuttavia se l'appropriazione è aggravata ed il colpevole è recidivo il reato è procedibile di ufficio . E' quanto affermato dalla Cassazione (sentenza 11440/2020) che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che era stato condannato per appropriazione indebita aggravata (articolo 61 numero 11 Codice penale) .

Il ricorrente lamentava l'ingiustizia della sentenza di condanna in quanto era stata emessa senza che fosse stata presentata una querela e affermava che comunque il reato fosse prescritto. La Cassazione ha affermato che i motivi sono inammissibili ai sensi dell'articolo 649 bis Codice penale che stabilisce la procedibilità di ufficio del reato di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell'art. 61 numero 11 Codice penale, realizzato con abuso delle relazioni di ufficio qualora ricorra anche un'aggravante ad effetto speciale.

Il ricorrente era infatti recidivo specifico ed infraquinquennale . In verità non veniva riconosciuta la prescrizione del reato in quanto la Corte effettuava un diverso conteggio dei tempi processuali a seguito del calcolo dei periodi di sospensione dei due precedenti gradi di giudizio.

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