Condominio

Amministratore non essenziale?

Sarebbe comunque doveroso da parte di tutti i professionisti intellettuali e/o consulenti operare in smart working e spostarsi il meno possibile

di Daniela Zeba

Tutte le volte che c'è in ballo il confronto con altre professioni, casca l'asino.
Puntualmente ed inevitabilmente, l'amministratore di condominio non compare mai tra le professioni di rilievo, e il nuovo decreto del Presidente del Consiglio in tema emergenza Covid 19, annunciato sabato sera in diretta Facebook, lo ha nuovamente confermato.
Tra le professioni non indispensabili alla nazione in questo delicato periodo ricade quella dell'amministratore di condominio.

C'era da aspettarselo, perché nella logica dell'ulteriore restrizione annunciata da Conte, doveva chiudere in tutta Italia ogni “attività produttiva non cruciale ed indispensabile, a garantire beni e servizi essenziali”. Logico. Senonché, la lista definitiva delle attività essenziali si è dimostrata poi non così sintetica ed essenziale come ci si aspettava.
La lista infatti ha compreso diverse attività professionali e di consulenza e di conseguenza viene naturale porsi qualche domanda sul significato di “rilevanza ed essenzialità” delle professioni, nell'ottica del Governo.

E qui si conferma la natura nobile delle professioni intellettuali ordinistiche a cui si contrappone la “Cenerentola” delle professioni: quella dell'amministratore di condominio.

Considerato ininfluente alla vita del paese l'amministratore, mentre indispensabili e strategici sono i dipendenti ed i portieri dei condomini da lui amministrati. Qualcosa non torna.

Il responsabile della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei condòmini, colui che rappresenta, attraverso il rapporto di mandato, il condominio, non viene nemmeno preso in considerazione, con una logica decisamente bizzarra.

Rassegnamoci: noi non siamo essenziali.
Noi che gestiamo il patrimonio immobiliare italiano e smuoviamo una parte considerevole di PIL, noi che abbiamo in capo responsabilità civili e penali senza eguali, non veniamo presi in considerazione, nemmeno per sbaglio. Non contiamo. Non siamo niente. Non siamo rilevanti per l'Italia. Questa ne è la riprova, grazie alla miopia di chi non si è mai battuto per il nostro riconoscimento come attività professionale legalmente riconosciuta e con dignità pari a quella delle professioni ordinistiche.

E si badi bene, quello che sto dicendo non è per amore di polemica nè perché sia contraria allo smart working, anzi. Chi fra gli amministratori è strutturato e organizzato in maniera evoluta, già si era attrezzato per lavorare da casa: digitalizzazione e dematerializzazione sono alla base di uno studio amministrativo moderno.

Nessuna difficoltà ad essere operativi al 100% in qualunque luogo ci si trovi.
D'ora in avanti chi non lo sarà, sarà destinato a uscire dal mercato o ad essere sicuramente penalizzato. Inoltre sarebbe comunque doveroso da parte di tutti i professionisti intellettuali e/o consulenti operare in smart working e spostarsi il meno possibile per contribuire in maniera più incisiva a frenare il contagio.

Mentre però all'amministratore è stato imposto di farlo, a tutte le altre categorie professionali similari (avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri e consulenti) no.
Loro sono cruciali e indispensabili. Noi eventuali (come il nostro onorario).
Loro sono e si confermano di serie A, campionato che a noi, a quanto pare, per la “lungimiranza” dei nostri rappresentanti e la scarsa considerazione che abbiamo da sempre ricevuto dalle istituzioni, sarà sempre precluso.

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