Condominio

L’appropriazione indebita scatta a fine mandato se non si restituisce tutto

L’amministratore di condominio è colpevole di appropriazione indebita se non restituisce le somme relative al condominio alla scadenza del suo mandato

di Edoardo Valentino

L'amministratore di condominio è colpevole di appropriazione indebita se non restituisce allo stabile le somme relative al condominio alla scadenza del suo mandato.

L'amministratore, in quanto mandatario del condominio, è deputato a ricevere delle somme dai condomini a titolo di corresponsione delle spese condominiali ordinarie e straordinarie.

Tali somme sono nella sua disponibilità dal momento del versamento delle spese da parte dei proprietari sino all'effettivo pagamento dei debiti dello stabile con erario, dipendenti, fornitori e ogni altro valido creditore.

Ove l'amministratore distragga tali fondi, in tutto o in parte, egli si renderà responsabile del reato di appropriazione indebita.

Tale seria fattispecie delittuosa è prevista e punita dall'articolo 646 del Codice Penale, che prevede che “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro mille a euro tremila.

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata”. Ma quando si consuma effettivamente il reato?

Quando si può dire senza ombra di dubbio che l'amministratore aveva la volontà di non restituire le somme e tenerle per sé?

Per rispondere a questo non facile quesito ci viene in aiuto la Corte di Cassazione Penale, la cui II Sezione risolve questo quesito giuridico con la sentenza numero 4130 del 31 gennaio 2020.

In tale decisione un amministratore di condominio, già condannato in primo grado e appello per appropriazione indebita, ricorreva al fine di ottenere l'annullamento della decisione d'appello per presunti vizi procedurali.

Tra le questioni presentate vi è anche la presunta prescrizione del reato essendo la fattispecie delittuosa, a suo dire, stata consumata molti anni prima e quindi prescritta.
Se, infatti, dal tempo della condotta fosse trascorso il tempo necessario, allora il giudice non potrebbe che dichiarare la prescrizione del reato, assolvendo il reo.

Nel caso in questione, tuttavia, la Cassazione rigettava l'interpretazione del ricorrente.
Al fine di valutare la prescrizione del reato, infatti, occorre valutarne il momento consumativo.

Nel caso del reato di appropriazione indebita di somme condominiali, però, la Corte specifica come questo sia un reato istantaneo “che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria”.

Nel caso dell'amministratore di condominio il reato si consuma allorquando egli, al termine del mandato, non restituisca le somme versate o le restituisca solo in parte, implicitamente affermando la titolarità dei restanti fondi.

Un precedente giurisprudenziale di tale principio si ravvede nella decisione della Cassazione che afferma come il reato di appropriazione indebita di somme del condominio si verifica quando chi era amministratore non restituisce, all'atto della cessazione del mandato, le somme che aveva ricevuto per conto dei condomini, compiendo una interversione nel possesso di esse (così Cassazione Penale Sezione II, numero 40870 del 20 giugno 2017).

Similmente, due precedenti arresti giurisprudenziali avevano affermato che “la mancata restituzione delle somme introitate di volta in volta in seguito ai vari rendiconti annuali non è dato certo di interversione del possesso da parte dell'amministratore di condominio, né è fatto di per sé incompatibile con la conservazione del danaro, del quale non si è potuto comunque accertare la dispersione fino alla consegna della cassa” (Cassazione Penale Sezione II, numero 18864/2012) e che “Il momento consumativo dell'appropriazione indebita, si può individuare in questi casi all'atto della cessazione della carica, in quanto solo allora si verifica con certezza l'interversione nel possesso” (Cassazione Penale Sezione II, numero 27363/2016).

Nel caso in questione, quindi, la Corte considerava le condotte appropriative avvenute solo al termine del mandato, con la citata mancata restituzione delle somme al condominio mandante, e rigettava il ricorso dell'amministratore, confermando la condanna ricevuta in Appello.

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