Condominio

Guida alle immissioni di rumore in condominio: tollerabilità e risarcimenti

di Augusto Cirla

L'art. 884 c.c., contenuto nelle disposizioni generali in tema di proprietà fondiaria, concerne i rapporti tra i proprietari di fondi, anche non confinanti, e trova applicazione anche in materia di condominio.

La norma di cui all'art. 844 c.c. introduce per la prima volta una risposta alle problematiche complesse derivanti dallo sviluppo industriale La disciplina codicistica del 1942 evidenzia la rilevanza primaria della realtà dell'impresa industriale rispetto alle tradizionali forme di godimento fondiario.

Occorre, tuttavia, sottolineare come la norma appaia condizionata ancora da un approccio ed una logica che, inevitabilmente, risentono del consolidato modello dominicale: autorevole dottrina ha osservato che il conflitto preso in esame dalla norma riguarda solo interessi all'utilizzazione esclusiva dei fondi così che esso è risolto mediante tecniche basate, pur sempre, sulla proprietà.

Spetta al proprietario del fondo adottare tutte le cautele idonee ad evitare le immissioni dannose, anche qualora derivino da una attività lecita ed indipendente da chi siano provocate. Anche un parco giochi, condominiale o meno che sia, può essere oggetto di regolamentazione e limitazioni di accesso volte a migliorarne l'uso e ad evitare danni a terzi ( Cass. Sez.Un., 27.02. 2013 n. 4848).

Il tema delle immissioni di cui all' art. 844 c.c. ha da sempre impegnato dottrina e giurisprudenza in relazione alle indagini e valutazioni da compiere avuto riguardo al criterio della loro tollerabilità.

Nel giudizio di contemperamento ex art. 844 c.c. il diritto alla salute prevale sempre ed impone la riduzione delle immissioni entro i minimi di tollerabilità.

Si tenga peraltro presente che il rispetto dei limiti previsti dalla legge non può fare ritenere, senz'altro, lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi, piuttosto, in relazione alla situazione ambientale — variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti — e tenendo conto della rumorosità di fondo, ossia di quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi.

Le caratterisiche
Affinché le immissioni abbiano giuridica rilevanza esse devono avere carattere materiale, indiretto e continuo: il carattere materiale si concreta nelle conseguenze o ripercussioni fisicamente misurabili e valutabili sul fondo vicino; l'influenza indiretta si spiega con l'esigenza di prevenire e reprimere anche le attività dannose non compiute direttamente sul fondo altrui; infine, il requisito della continuità, o quantomeno della periodicità, deve essere tale da tradursi in una situazione attuale di intollerabilità.

Non è, invece, necessario che le immissioni provengano dal fondo confinante, dovendosi interpretare la vicinanza o contiguità dei fondi in senso funzionale, vale a dire che condizione necessaria e sufficiente per la rilevanza giuridica dell'immissione è la sussistenza del nesso tra l'influenza e l'uso di un fondo come luogo di esplicazione dell'attività che la causa.

I limiti di liceità delle immissioni
Il limite di tollerabilità non è assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona, per cui tale limite è più basso in zone destinate ad insediamenti abitativi, ma è anche vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore: non è per il sol fatto che il rumore è percepito che esso diviene intollerabile.

La normale tollerabilità va riferita alla sensibilità dell'uomo medio. Essa va valutata caso per caso dal punto di vista del fondo che la subisce, tenendo conto delle condizioni dei luoghi ovvero della loro concreta destinazione naturalistica e urbanistica, delle attività normalmente svolte nella zona, del sistema di vita e delle abitudini di chi opera.

Il limite di tollerabilità, infatti, non ha carattere assoluto, ma è relativo alla situazione ambientale variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e degli abitanti: spetta tuttavia al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità. Così si è espressa la Cassazione pronunciandosi in un caso di accumulo di masserizie sotto la finestra della ricorrente condomina giustificato dall'esecuzione di lavori edili in zona (Cass. 14.03.2018 n. 6136).

Il limite alle immissioni sonore è previsto dalla legge in tre decibel. Il rispetto però di tale limite non può far ritenere senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tolleranza formularsi, piuttosto, in relazione, come si è visto, alla situazione ambientale e tenendo conto della rumorosità di fondo, ossia a quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabili, continui e caratteristici del luogo, sul quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi.

Se da un lato quindi è senza dubbio illecito il superamento dei limiti massimi di tollerabilità stabiliti dalla legge e dai regolamenti nell'interesse della collettività, non è detto che, al contrario, il rispetto della soglia di accettazione rende senz'altro lecite le immissioni, dovendosi comunque formulare il giudizio di tollerabilità di cui all'art. 844 c.c., che presuppone un'indagine che valuti, con riguardo anche alle condizioni dei luoghi, se le immissioni, quand'anche non superino i limiti di legge, possano non essere comunque considerate tollerabili.( Cass.11.01.2011 n.939) .

I giudici di legittimità hanno avuto modo di affermare che il contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle ricreative e sportive che, giusto il dettato dell'art. 844 c.c., deve essere compiuto anche tenendo conto delle condizioni dei luoghi, postula la concreta valutazione di ormai diffuse abitudini di vita e di comportamenti sociali nell'ambito dei quali lo svolgimento delle suddette attività, prevalentemente praticate all'aria aperta, è notoriamente più intenso durante le stagioni caratterizzate da un maggior numero di ore di luce e dal clima più favorevole.

Il che porta a ritenere che il limite di normale tolleranza delle immissioni non può essere dal giudice determinato in termini assolutamente avulsi dalla considerazione delle suesposte componenti, trattandosi di elementi intrinsecamente comportanti la liceità delle forme di godimento della proprietà, da valutarsi sullo sfondo del particolare contesto ambientale e sociale nel quale le opposte esigenze assumono rilievo ( Cass. 11.01.2006 n.2166).

Le immissioni in condominio
Il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni in ambito condominiale non può prescindere dalla peculiarità dei rapporti condominiali e dalla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari.

Gli edifici condominiali, soprattutto quelli costruiti nella prima metà del secolo scorso, sono caratterizzati dalla compresenza di unità destinate a negozi aperti al pubblico posti al piano terra direttamente aperti sulla pubblica via, e sovrastanti unità destinate ad uso abitativo.

Proprio nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 c.c. impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali.

La domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l'attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei a eliminare la situazione pregiudizievole (Cass.3.08.2018, n.21504).

A nulla rileva peraltro, ai fini del superamento della normale tollerabilità delle immissioni, la mancanza della certificazione di abitabilità del bene interessato dalle predette propagazioni, non facendo venir meno tale circostanza la tutela prevista dall'art. 844 c.c., fatta eccezione per quei casi in cui emergano circostanze concrete che incidano, negandola, sulla configurabilità dell'illegittima limitazione del godimento dello stesso o della concreta riduzione del suo valore ( Cass. 14.05.2018 n.11677).

I criteri di determinazione della normale tollerabilità vengono ormai pacificamente riportati a normative pubblicistiche, quali quelle previste dal Dpcm 1 marzo 1991 con la soglia massima di esposizione al rumore, nel mentre la giurisprudenza afferma che i parametri espressi dalla norma debbano essere interpretati in senso più restrittivo sulla scorta di un prudenziale apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica , posta prevalentemente a tutela di situazioni soggettive privatistiche, segnatamente della proprietà.

Trovano pertanto tutela, per il tramite della norma in esame, la sofferenza e l'insonnia provocati dalla musica a tutto volume (Cass. 19.12.2014, n. 26899) o la lesione del normale svolgimento della vita personale e familiare all'interno di un'abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita (Cass. 28.08.2017, n. 20445).

Il diritto al risarcimento del danno
L'azione di natura “reale”, esperita per l'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono è distinta e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto, per «responsabilità aquiliana» in base all’art. 2043 c.c., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato.

Quest'ultima domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e cioè nei confronti del soggetto individuato dal criterio di imputazione della responsabilità; quindi nei confronti dell'autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043) e nei confronti del custode della cosa allorché il criterio di imputazione è il rapporto di custodia ex art. 2051 c.c..

Allorché le immissioni intollerabili originino da un immobile condotto in locazione, dunque, la responsabilità ex art. 2043 c.c., per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (Trib. Catania 19.03.2018, n.1249).

L'accertamento dell'eventuale intollerabilità delle immissioni esonera comunque il “molestato” dall'onere di provare la specifica compromissione patologica della sua salute per cui il danno è in re ipsa (Cass. 18 maggio 2015 n. 10169).

In ogni caso, in tema di immissioni illecite, il danno non patrimoniale può essere risarcito in presenza di una lesione ad un diritto costituzionalmente garantito ovvero nei casi previsti dalla legge. Il danno biologico in senso stretto, quale lesione del diritto alla salute, rappresenta il criterio di risarcibilità di tutte le conseguenze pregiudizievoli di natura non patrimoniale (danno biologico, morale soggettivo, esistenziale), unitariamente considerate, alla stregua delle tabelle milanesi, potendo eventualmente rilevare per la personalizzazione della liquidazione.

L'art. 844 c.c. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio.

Viceversa, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso poiché, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c .

In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata per avere applicato, ai fini dell'ammontare del risarcimento, pure il criterio della “priorità dell'uso” in un caso in cui le immissioni provenienti da un'officina superavano la soglia di normale tollerabilità ( Cass. 03.09.2018, n.21554).

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